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Aiden mi raccontò di tutto quello che sapeva sulla signora George: adorava la letteratura inglese, aveva un figlio della nostra età e spesso in vacanza in Italia. Sapevo però che era pure un modo per non farmi essere più arrabbiata con lui, dati che ormai ero costretta a rivolgergli la parola, quando mi ero imposta di non farlo.

Ma Aiden non mi prese in giro al riguardo. Parcheggiò davanti casa sua dopo dieci minuti e mi aiutò a scendere dalla macchina, nonostante gli tenessi ancora un po' il broncio.

Ci avvicinammo all'ingresso di casa, le mie mani stavano stremando per il nervosismo e facevo fatica a camminare. Aiden mi prese sotto braccio per darmi un bacio sulla fronte, ma non mi scostai. Quel semplice gesto riuscì a calmarmi abbastanza per poter parlare.

«Tranquilla. Andrà tutto bene», mi rassicurò preoccupato, e io annuii in risposta. Volevo solo abbracciarlo e sentirlo stringermi più forte a sé, ma qualcosa mi bloccò.

Aiden suonò il campanello e sentii una fitta nello stomaco per il nervosismo, mentre oscillai sulle punte dei miei piedi. Lui invece tenne lo sguardo fisso davanti a sé con la mascella serrata, segno che probabilmente era nervoso pure lui.

«Ju, ti amo», mi assicurò piano poco prima che la porta d'ingresso si aprì e io non potei rispondere lo stesso. Non sapevo si potesse ricavare tanto coraggio dalle parole di una persone, ma non appena il signor Houston ci salutò riuscii a trovare il controllo per sorridere.

«Buonasera, Juliet», mi salutò Gabriel dopo il padre e mi diede un bacio sulla guancia.

«Ciao Gabriel», risposi con un sorriso un po' forzato. «Ti trovi bene.»

Per mio dispiacere sentii la presa di Aiden intorno alla mia vita sciogliersi, ma quando mi voltai verso di lui lo vidi scrutare il padre con serietà.

Col fratello si scambiarono soltanto un cenno del capo, mentre Aiden prese dei profondi respiri guardandosi intorno. Due secondi dopo vidi la signor George apparire con il suo modo solare: al contrario della sera precedente aveva indosso un vestito molto più semplice e i capelli erano racconti in uno chignon.

Mi salutò con entusiasmo (il ché mi tranquillizzò moltissimo) e subito mi chiese come stessi. Io risposi che stavo bene e le domandai lo stesso. Dopo qualche istante il signor Houston ci invitò ad accomodarci in sala da pranzo, così lo seguimmo, mentre la signora George ed io riprendemmo la conversazione della sera precedente a riguardo di "1984".

«Juliet! Che piacere vederti!», ci interruppe Cindy non appena mettemmo piede nella sala. Mi diede due baci sulla guancia mentre la signora George ci guardò con un sorriso. Ero così sollevata della gentilezza della donna.

Restammo a parlare noi tre in piedi accanto al tavolo, quando il mio sguardo cadde su Aiden e suo padre. Ero stata troppo concentrata sul rettore per accorgermi di come il padre avesse preso suo figlio per parlare in disparte.

Notai subito dal modo con cui sussurrano aggressivamente l'uno a l'altro e di come Aiden si avvicinò pericolosamente a pugni stretti al padre che stavano discutendo su qualcosa, ma non volevano farsi sentire.

Aiden stava stringendo con forza i denti mentre Fred puntò per un attimo in nostra direzione. Il figlio gli abbassò con forza la mano per poi voltarsi per controllare che nessuno se ne fosse accorto, ma notò il mio sguardo interrogativo per poi voltarsi verso il padre e sussurrare aggressivamente qualcosa.

«Aiden porcaputtana glielo devi», fu 'unica cosa che sentii Fred dire non appena il figlio si allontanò da lui col capo chino. Fortunatamente nessun altro si accorse di quella scena, ma mi voltai immediatamente verso la signora George e Cindy, come scottata.

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