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Arrossii però

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Arrossii però. Nessuno mi aveva mia chiesto il motivo per cui fossi devota a quel club. Mi misi a sedere sul bracciolo del divano accanto al suo. «Perché è l'unica cosa in cui sono brava. Suppongo. Perché ti interessa?»

«Così. Giusto per sapere.»

Sorrise lievemente. Wow, non avevo mai visto un sorriso sincero sul suo viso. Probabilmente di nuovo le sue capacità di attore straordinarie. Si inumidì le labbra, mentre passai senza controllo lo sguardo sulle sue braccia tatuate.

«Il preside Bord ha approvato la tua richiesta di riprendere il club?», continuò a chiedere.

Perché queste domande? Non vorrà davvero illudermi che gli importa davvero di quel club?

Abbozzai un sorriso, incrociando le braccia al petto. «Perché stavi fumando su territorio scolastico?»

«Ti ho fatto una domanda prima io.»

Alzai un sopracciglio: «E io ho risposto. Ora tu rispondi a me.»

Serrò la mascella per un attimo. Era chiaro che non gli piaceva ricevere ordini. Pensai a quanto mi aveva raccontato mia sorella a proposito delle domande personali. Chiuse gli occhi in due fessure: per un attimo potei scommettere di vederlo alzarsi, ma si adagiò nuovamente sul divano.

Sbuffò, posando lo sguardo sul tappeto davanti a lui. «Rende tutti quanti in quella scuola un minimo meno insopportabili. Stai leggendo te quel libro?»

Fece cenno sul libro "il secondo sesso" poggiato sul tavolino in vetro davanti al divano. Mi ero dimenticata di averlo lasciato là. Continuai a essere confusa dalle sue domande.

«Sì», borbottai, non sapendo cosa aspettarmi in risposta.

Annuì serio. Parve perso nei suoi pensieri. «Ti piace la letteratura femminista...»

«C'è qualcosa di male?», domandai irritata. Gran parte dei ragazzi che avevo conosciuto diventavano più distaccati non appena gli parlavo della mia inclinazione al femminismo. Quei ragazzi che neanche sapevano cosa significasse la parola. Del tipo che si lamenta che "Le donne vogliono solo sottomettere noi uomini".

Aiden socchiuse le labbra in una fessura. Sbuffò, lanciando uno sguardo sul suo corpo. «Do l'impressione di essere un ragazzo intimidito da una femminista?»

«No.» Scrutai i suoi tatuaggi e negai piano col capo. Sinceramente mi sorprese con quella risposta. Lo avrei immaginato come un ragazzo propenso a disprezzare cose come il femminismo, ma evidentemente mi sbagliavo. Continuava a sorprendermi.

Fece per aggiungere qualcosa, ma serrò la bocca subito dopo. Come se si stesse rimproverando da solo di aver solo pensato a parlare. Si schiarì la voce con lo sguardo fisso sul libro: «Non ho conosciuto molte ragazze come te.»

Come me? Femministe? Aprii bocca per chiedergli cosa intendesse, ma il rumore della serratura scattare mi fece saltare in piedi. Aiden mi guardò con sguardo interrogativo. Si mise subito in piedi, rivolgendo lo sguardo verso la porta d'ingresso.

Sentii la voce di mia madre squittire: «Quell'uomo era davvero irritante. Pensa che si-»

Raggiunsi di corsa l'ingresso di casa. Il cuore in gola. Aiden mi seguì in silenzio con un'espressione seria sul viso. Trovai mia madre con sguardo sbigottito a scrutare le chiavi del ragazzo tatuato alle mie spalle.

«Mamma. Papà», li salutai a mezza voce. Non sapevo cosa avrebbe fatto mia madre quando avrebbe visto Aiden dietro di me.

Come se mi avesse letto nella mente mia madre alzò lo sguardo, scrutando prima me e poi Aiden, il quale ormai mi aveva affiancato. Notai allora il quanto fosse almeno di due teste più alto di me.

«Buonasera signori Browne», li salutò con tono cordiale. Restò però serio.

Mio padre si accorse solo allora della presenza del moro, mentre mia madre rimase con le parole bloccate in gola. Notai dal modo in cui mi fulminò che era arrivata a conclusioni affrettate.

«Buonasera anche a te, Aiden!», lo salutò entusiasta mio padre, «Cosa ci fai qui?»

Deglutii. Neanche avevo detto ai miei genitori della punizione. Sperai soltanto che Aiden non la nominasse. Il moro abbozzò un sorriso forzato: «Dovevo solo portare degli appunti a sua figlia. Stavo giusto per andarmene.»

Degli appunti? Mia madre era chiaro che non gli stava credevo. Stava stringendo i denti e sbiancando le nocche. Sapevo che nel momento in cui Aiden avrebbe messo piede fuori di casa mi avrebbe rimproverato. 

Aiden prese in mano le chiavi, prima di lanciarmi uno sguardo fuggitivo. Era chiaro che non voleva trovarsi in quel posto in quel momento. D'altronde nemmeno io. Si avvicinò all'ingresso, affiancando mio padre.

«Che peccato! Bè, salutami tuo padre non appena torni a casa», proferì quest'ultimo, prima di dargli una pacca sulla spalla.

Aiden annuì cupo, prima di voltarsi e enunciare un: «Buonanotte.»

Rimasi in silenzio a scrutare le sue iridi verdi, fino a che non scomparve dietro la porta di legno. Mi pareva tutto così insensato, ma non volevo farmi troppe domande. Mi aveva nuovamente sorpreso, il ché avrebbe peggiorato la situazione. Non aveva neanche provato a baciarmi.

Mia madre fece cadere in un tumulto le scarpe a terra, riportandomi alla realtà. Mi puntò un dito contro con un'espressione furiosa.

«Cosa ci faceva quel ragazzo qui? Ti sta importunando?», mi domandò.

«Cosa?! No! È solo venuto per darmi quegli appunti», risposi impacciata. Purtroppo mi conosceva abbastanza bene per capire che stavo mentendo.

«Non crederai davvero che ti creda?»

«Mamma è vero. Perché dovrei mentirti?»

Mio padre si rivolse nuovamente al suo telefono.

Sospirò delusa: «Non vorrai davvero finire con un ragazzo così? Sai quante difficoltà avrà a trovare lavoro con quei tatuaggi?»

«Ma cosa c'entra in questa storia?», esclamai sconvolta.

Mia madre si levò gli orecchini con forza. Non seppi perché, ma sentimi dire da mia madre che sarei dovuta stare alla larga da Aiden mi faceva imbestialire. Non succedeva mai con loro.

Mamma mi puntò un dito contro, avvicinandosi: «Starai alla larga da quel ragazzo. Punto e basta.»

Aprii bocca per rispondere, ma d'altronde cosa avrei dovuto dire? Era quello che continuavo a ripetermi da giorni, ma evidentemente non serviva a nulla la mia ambizione di stare alla larga da quel ragazzo. Finivo sempre con l'averci a che fare.

«Va bene, mamma», mormorai fin troppo cupa.

«Brava, tesoro. Fidati di me.»

«Lo so.»

Abbassai lo sguardo sui miei calzini e la sentii sospirare sollevata, prima di salire al piano di sopra. Gli sarei stata alla larga no? Solo allora mi ricordai della punizione. Sospirai per poi tornare in camera mia. Tentai di concentrarmi sul mio libro, ma se prima era difficile concentrarsi ora era impossibile.

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