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«Ju, ma cos'è appena successo?», mi chiese Sophia strabiliata

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«Ju, ma cos'è appena successo?», mi chiese Sophia strabiliata. Mi prese per le spalle per farmi voltare verso di lei.

Ero ancora scossa da quello che avevo appena fatto. «Voi sapevate che partiva?», domandai distante ai miei amici.

Entrambi fecero spallucce.

«Sinceramente no», rispose Sophia.

Jacob alzò gli occhi al cielo. «Lo fa spesso. Non si tratta di questioni familiari. Se ne va dalla città senza dire niente a nessuno e torna quando gli pare. È strano che stavolta ha detto quando sarebbe tornato», ammise.

Rimasi sorpresa, ma neanche troppo. Mi sarei immaginata da un ragazzo come Aiden un comportamento talmente imprevedibile e spontaneo, ma ancora non mi spiegavo il motivo. C'entrava la morte della madre o il fatto che odiava stare nella stessa casa col padre?

Di colpo mi pentii di avergli parlato in quel modo. Sebbene fossi arrabbiata, non ero mai stata una persona crudele.

«E perché lo fa?», continuai a chiedere. Rifecero spallucce.

Sophia distolse lo sguardo. «Nessuno capisce il perché Aiden si comporta in certi modi», sostenne franca.

«Troppe droghe», borbottò Jacob e Sophia gli diede una gomitata sulla costola.

Raggiungemmo Olivia e gli altri in cucina. Fortunatamente restammo solo fino alle nove e poi Noah mi portò a casa. Sapevo che era sbagliato, ma speravo che Aiden mi scrivesse che non gli importava di nulla e che voleva stare con me. Ma non lo fece.

Prima di andare a dormire dovetti finire tutti i compiti che ci erano stati assegnati e andai subito a letto. Fissai il soffitto per un tempo interminabile, pensando alle parole di Aiden. Non sei come loro. Cretina come loro? Se ancora gli pensavo però dovevo esserli più di quanto pensassi.

Mi addormentai chiedendomi se fosse già partito.

Il giorno dopo mi svegliai sempre alle sei, per poi correre in bagno e prepararmi. Dopo essere uscita di casa esattamente mezz'ora prima dell'inizio delle lezioni, arrivai a scuola in anticipo per prepararmi al meglio per la lezione. I corridoi erano semivuoti quando entrai. Mi misi subito in cammino verso l'aula di inglese.

Arrivata nel corridoio prossimo all'aula sentii la voce del preside Bord chiamarmi. «Signorina Browne!»

Mi voltai sorpresa e lo vidi venirmi incontro irritato. Ma buongiorno. Mi stava davvero degnando del suo tempo? «Preside», lo salutai vaga.

«Arriverò subito al punto, signorina. Può avere il suo club», mi informò.

Non credetti di aver sentito bene. Potevo fondare il club? Sorrisi fino alle orecchie e saluterai entusiasta sul posto. Provavo a contenermi, ma era troppo difficile.

«Grazie, signore. Grazie mille!»

«Non ringrazi me. È stato il signor Houston a convincermi», sbottò irritato l'uomo.

Restai immobile. Il signor Houston? Cosa lo aveva spinto a chiamarlo? Per me. «Ah... allora...allora lo ringrazierò il prima possibile», balbettai confusa.

Il preside annuì serio. «Bene lo faccia. Buona giornata. Ah la punizione è annullata», mi salutò e tornò da dove era arrivato.

Ripresi a saltellare sul posto felice. Non sapevo in quale altro modo avrei dovuto esprimere la gioia che mi esplodeva nel petto. Non capivo per quale motivo Fred avesse chiamato il preside, ma decisi di non farmi troppe domande.

Che Aiden glielo avesse chiesto era improbabile. Dopo ieri e sempre.

Decisi di andare a ringraziare Fred subito dopo la scuola. Con un pizzico di speranza di vedere Aiden. Arrivai in aula e mi sedetti con un sorriso raggiante sul viso. Poco dopo vidi Kyle entrare e sedersi dietro di me. Mi chiese per qual emotivo fossi così allegra e così gli raccontai della novità.

Il resto delle lezioni passarono relativamente veloci: passai per circa cinque volte davanti all'aula assegnata per il club di dibattito. Non pensai ancora alle reclute, mi volevo godere la soddisfazione di avere ricevuto il permesso.

Non poteva essere stato Aiden. Non poteva, perché per fare una cosa del genere gli sarebbe voluto un minimo di altruismo e lui non ce l'aveva. Forse senso di colpa, al massimo.

Dopo la fine delle lezioni andai a pranzo insieme a Noah e Olivia così colsi l'occasione per chiedere al mio amico per un passaggio fino a casa di Aiden. Per ringraziare il padre, ovviamente. Mica per vedere se Aiden c'è ancora... Non l'avevo visto a scuola quindi la probabilità che se ne fosse andato era alta.

Fortunatamente i miei due amici non fecero domane e mi lasciarono davanti alla villa degli Houston.

Salii sul portico per suonare il campanello. Il cuore mi batteva in gola. Vidi la porta aprirsi pochi istanti dopo e Sabrina apparve sulla soglia. Mi sorrise sorpresa non appena mi riconobbe.

«Juliet! Che piacere vederti! Sei qui per Aiden?»

«Veramente sono qui per tuo padre. Perché? Aiden c'è?», domandai fingendomi sorpresa. In realtà volevo soltanto mi dicesse se fosse già partito. Lanciai uno sguardo alle sue spalle come se me lo potessi trovare davanti.

La riccia scosse il capo. «Non adesso, è uscito un attimo.»

«Juliet!», sentii la voce del signor Houston. Poco dopo apparve con un sorriso raggiante e mi abbracciò calorosamente.

Ricambiai lieta il sorriso. «Signore-»

«Chiamami Fred.»

«Certo! Il preside Bord mi ha detto della chiamata e sono venuta per ringraziarla. Non ha idea di quanto io le sia grata!», esclamai felice.

Sabrina fece un verso commosso mentre Fred mi abbracciò di nuovo. «Cara, non devi ringraziarmi. Sei la ragazza di mio figlio fino a prova contraria.»

Distolsi lo sguardo. Non ero più la sua ragazza e non sapevo neanche se lo fossi mai stata davvero. «Grazie ancora», ripetei.

«Aiden mi aveva detto che ti avrebbe reso felice», aggiunse Fred.

Rimasi con le parole bloccate in gola. Aiden? Gliene aveva parlato lui quindi. Per quanto strano suonasse. Significava che un minimo mi aveva ascoltata quando gli avevo parlato del mio amore per quel club.

«Ah. Aiden gliene ha parlato?»

«Certo. È stato lui a chiedermi di chiamare il vostro preside», rispose ovvio Fred. «Non te l'ha detto?»

«No...»

Mi si fermò il respiro insieme alle parole. Aiden aveva chiesto a suo padre di chiamare il preside perché sapeva che mi avrebbe reso felice. E sapevo quanto gli doveva essere costato chiedere un favore a suo padre. Mi sentii terribilmente in colpa e stupida per avere respinto Aiden.

Volevo che facesse qualcosa per mostrarmi di volermi davvero e mi aveva dato l'unica cosa di cui mi importa davvero.

«Stai bene, cara?», domandò preoccupata Sabrina non appena mi vide persa nei miei pensieri.

La scrutai desolata. «Sì... sì. Ho detto che è uscito un attimo...»

«Sì. Un'ora fa.»

«E dove posso trovarlo?»

I due si lanciarono uno sguardo. Pareva stessero optando se dirmelo o no. Poi si voltarono nuovamente verso di me sospirando.

«Ti do indirizzo, ma non posso assicurare che sarà lieto di vederti lì», mi spiegò il signor Houston.

Le sue parole mi spaventarono un po'. Che posto doveva essere perché Aiden non mi volesse lì con lui. Annuii e mi feci dare l'indirizzo.

Sabrina si offrì volontaria per portarmici con la macchina. Accettai grata e entrammo subito in macchina.

AnarchiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora