La mattina dopo mi svegliai colma di energia. Saltai allegra giù dal letto per poi correre al piano di sotto verso la cucina per fare colazione. Afferrai "Campana di vetro" dal divano, avendo finito di leggerlo la sera prima.
Oltre a quello mi ero documentata sul come fondare il club di dibattito. Avevo deciso di andare a parlarne quella mattina stessa al preside per farmelo approvare. Avrei pensato più tardi alle reclute.
«Buongiorno a tutti!», urlai quasi, appena arrivai in cucina dove si trovava già il resto della mia famiglia.
Diedi un bacino ai miei e feci una smorfia ad Emma che stava controllando chissà cosa sul telefono. Prendeva dei piccoli morsi dal suo pompelmo. Mia madre stava osservando la vista sulla città con una tazza di caffè in mano, mentre mio padre leggeva qualcosa per lavoro sul computer. A volte volevo prendere quell'affare e buttarlo a terra per liberare mio padre da tutto quello stress.
«Tesoro, hai trovato della compagnia decente a scuola?», mi chiese mia madre, voltandosi verso di me. Si poggiò con la schiena al lavandino. Sospirai. Odiavo il modo in cui mia madre era selettiva con tutti, ma non avevo mai detto nulla al riguardo.
Annuii e afferrai una fetta biscottata dal tavolo. Finii in fretta la colazione e corsi veloce in stanza per iniziare a prepararmi. Da quanto ho raccontato avrete capito che ero una persona molto mattiniera: del tipo che si sveglia e può fare dieci giri del quartiere di corsa. Ma di conseguenza la sera se non uscivo morivo di sonno.
Passata mezz'ora ero vestita e lavata.
«EMMA!», la chiamai, in fine, alle 7:15 davanti all'uscita di casa.
Al contrario di me mia sorella pareva un morto vivente la mattina. Infatti in genere urlava in giro per la casa.
Cinque minuti dopo la vidi correre giù dalle scale con dei tacchi a spillo. Arrivò all'ultimo scalino e per poco non cadde di faccia per terra storcendosi le caviglie.
«Oh dio, stai attenta!», gridai correndole in soccorso, ma lei mi scansò bruscamente come schifata. Alzai le mani in aria e la scrutai immobile.
«Sicuramente non ho bisogno del tuo aiuto», balbettò appoggiandosi ad ogni cosa sporgente che poteva trovare.
«Ho capito... ma sei sicura di saperci camminare? Ti rendi conto di quanto dobbiamo fare a piedi?», domandai perplessa, pensando alla discesa e poi alla salita che ci aspettava. Emma sbuffò.
Salutai i miei dall'altra parte della casa, poi aprii la porta di casa e notai solo allora che aveva piovuto quella notte. Non aveva sentito un minimo di acqua cadere. Mi misi subito in marcia, mia sorella rimase sulla soglia di casa a fissare il suo telefono.
«Te vai avanti, una mia amica mi dà un passaggio», mormorò non dandomi importanza. Scrisse qualcosa in fretta per poi sorridere. Ed ecco che il mio buon umore scomparve.
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Anarchia
FanfictionJuliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura. Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...