Per le undici e mezza entrammo in macchina per andare a casa mia. Ero nervosa e la gambe non smetteva di tremarmi. Sapevo che era troppo tardi e che mia madre probabilmente si sarebbe arrabbiata per quell'ora. Non ero mai tornata a casa così tardi durante la settimana.
«Juliet. Non devi farlo se non te la senti», mi ricordò Aiden riferendosi alla nostra "fuga".
Mi scrutò con preoccupazione prima di mettere in moto. Gli sorrisi. «Non sono mai stata così sicura in tutta la mia vita.»
«Partiamo venerdì quindi. Verso sera, così non perdi molte lezioni, va bene?», domandò mentre tenne lo sguardo fisso sulla strada. Gli feci dei lievi grattini sulla frase tatuata sul suo avambraccio e lo vidi rispondere con delle pelle d'oca.
«Va bene. E dove andiamo però? Non me lo hai mica detto.»
Era dolce quando si preoccupava per me. Non lo avevo mai visto farlo per qualcuno e sinceramente non pensavo ne fosse davvero capace non appena lo avevo conosciuto. Era assurdo pensare che fino a quasi due mesi fa non lo conoscevo quasi. Che quando lo guardavo vedevo solo ciò che disprezzavo.
«Diciamo che è una sorpresa. Posso sapere per quale motivo tua madre mi odia così tanto?», domandò.
Abbassai lo sguardo per pensare. Sinceramente non lo sapevo neanche io per quale motivo lo odiasse. Aveva sempre odiato i ragazzi... diversi come Aiden. Già quando ero piccola mi aveva messa in guardia da loro.
«Non lo so sinceramente. Ha sempre provato dell'avversione verso ragazzi... bè, come te», borbottai. Non sapevo come poter definirlo davanti a lui.
«Ragazzi come me? Che tipo di ragazzo sono?», rise. Fui tranquillizzata da quel suono. Mi voltai verso di lui per vedere i suoi denti bianchi e le fossette che si erano formate sulle sua guance. A volte sembrava un bambino quando sorrideva.
Gli accarezzai la guancia. «Cattivi ragazzi, Aiden. Non so come spiegartelo.»
«Perché? Solo perché ho dei tatuaggi e non rido a battute che non trovo divertenti?», chiese lanciandomi uno sguardo leggermente arrabbiato. Che déjà vu. Sapevo che non ce l'aveva con me.
«No, bè, forse. Pensa che i ragazzi come te mi spezzeranno il cuore o mi prenderanno in giro», ridacchiai, ma il suo volto si fece serio.
Sentii una morsa nello stomaco a quella vista. Non riuscivo mai a capire per quale motivo si incupisse sempre: a volte era perché era arrabbiato, altre perché era triste. Ma non mi sembrava nessuno dei due.
«Ei. Tutto bene?», domandai in uno squittio. Facevo sempre così quando avevo ansia di una risposta.
Strinse la presa intorno il volante ma si voltò comunque velocemente per abbozzare un sorriso forzato. «Sì, tranquilla. Stavo solo pensando a... a Ken.»
«Ken?» Mi sembrava una risposta improvvisata. Cosa aveva da nascondermi? «Aiden, c'è qualcosa che vuoi dirmi?»
Si voltò di scatto, quasi spaventato. Slittò leggermente con la macchina il ché mi fece scappare uno strillo. Mi portai le mani alla bocca, ma Aiden si rimise diritto subito dopo. Sentii il respiro corto: non sapevo se per la manovra o il comportamento del ragazzo.
«Sì, mi sono solo ricordato che gli devi dei soldi. E se i tuoi genitori ci scoprissero?», domandò per cambiare idea.
Lo scrutai confusa. «Non lo so, si arrabbierebbero. Ma sarei disposta a andargli contro per... noi-»
«Perché? Non vorrai davvero rischiare tutto per uno come me?», sbottò a denti stretti.
Spalancai le labbra per rispondere qualcosa ma non mi venne nulla in mente. Lui non avrebbe fatto lo stesso per me? Certo che no.
Purtroppo arrivammo sulla strada di casa mia prima che potesse aggiungere niente. Rimase con la mascella serrata e lo sguardo puntato sulla strada. Vedevo che era agitato.
Aprii bocca per chiedere cosa gli stesse succedendo quando vidi una luce azzurra provenire da casa mia.
«Ma che cazzo?», sbottò Aiden perplesso. Rallentò per scrutare meglio le luci. Erano luci della polizia.
Sentii subito il panico. «Oh dio, è successo qualcosa? Aiden sbrigati!»
Diede gas e arrivammo in cima alla collina per entrare felicemente dal cancello. Il mio cuore mi si fermò in gola non appena vidi mia madre e mio padre a parlare con due agenti. Mia madre era furiosa, glielo si leggeva in faccia.
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Anarchia
FanfictionJuliet Browne. Una studentessa modello e con una passione per il dibattito e la letteratura. Quando si trasferisce insieme alla sua famiglia a Los Angeles è convinta che la sua vita sia sempre stata perfetta; un futuro brillante e degli amici tranq...