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Volevo scappare da quella situazione e magari andarmi a nascondere in un ripostiglio e non uscire più fino alle otto della mattina dopo

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Volevo scappare da quella situazione e magari andarmi a nascondere in un ripostiglio e non uscire più fino alle otto della mattina dopo. Stavo esagerando e non capivo il motivo.

«Non avevi l'incontro con il preside alle cinque?», chiese Sophia dopo un po' che aveva parlato, non appena osservò il suo telefono. Annuii non capendo. Lei mi fece vedere l'orologio sul suo telefono dove c'era scritto che erano le cinque in punto.

Mi sentii svegliare di colpo. «Oh Dio!»

«Sbrigati!»

Le salutai velocemente prima di svoltare l'angolo e iniziare a correre verso la palestra che era praticamente dall'altra parte della scuola. Non mi potei neanche fermare per respirare dopo aver corso il più veloce possibile.

Ero comunque in ritardo, questo lo sapevo benissimo, ma conoscendo il preside avrebbe potuto peggiorare la punizione anche se fossi arrivata due minuti in ritardo. E poi arrivare dopo di Aiden Houston mi avrebbe fatto fare una figuraccia davanti ad entrambi. Sempre se si presenterà...

Alle cinque e sette in punto potei avvistare la palestra: avevo dovuto persino correre su dei campi da gioco per arrivare a quella maledetta palestra. Riconobbi Aiden e il preside conversare davanti all'entrata. Quest'ultimo non mi parve affatto arrabbiato o irritato, anzi al contrario, sembrava godere della conversazione con Aiden.

Era la prima volta in cui non lo vidi arrabbiato o irritata in presenza di qualcun altro. Tenne le braccia conserte mentre parlava con serietà. Il primo a notarmi fu ovviamente il moro che a sua volta ghignò compiaciuto per poi rivoltarsi verso l'uomo davanti a lui e continuare a parlare come se niente fosse.

Ah, siamo tornati a questo?

La sera prima era venuto a casa mia per scusarsi e si era comportato in un certo senso in modo gentile e adesso neanche mi degnava di uno sguardo. Non si era neanche degnato di dire al preside che ero arrivata. Certo non avrebbe fatto una differenza, ma comunque...

Devi smettere di cercare di capirlo.

«Signore...», salutai a mezza voce il direttore non appena li ebbi raggiunti. Tenni il capo chino. Quest'ultimo non si accorse neanche che lo avevo chiamato.

Era troppo interessato a quello che Aiden aveva da dirgli sulle conseguenze del covi-19 in un qualche paese in Europa. Rimasi sorpresa dal suo interesse in quell'argomento. Non sarà mica una persona sveglia?

Mi avrebbe nuovamente sconvolta. Insomma, sapevo benissimo che non si trattava di un ragazzo stupido, ma pensavo che gli unici suoi interessi fossero ragazze e il pericolo...

Mi schiarii la voce per farmi notare. Nessuna risposta. Aiden continuò sereno: «Infatti sono andato a controllare dei dati e si presume che-»

«Signore!» Non riuscii a controllare bene la mia voce e per questo urlai quasi alle spalle del preside, facendolo saltare dalla paura e voltarsi per guardarmi male. Addio club di dibattito.

Mi trovai tra i due giganti quando l'uomo mi rimproverò serio: «Signorina! Ma le pare il modo di presentarsi?»

Parve scocciato, mentre Aiden davanti a lui stava con le braccia incrociate e un ghigno sul volto. Si inumidì le labbra.

Sembrava tutt'altra persona della sera precedente. Il rispetto che aveva trasmesso non appena mi aveva chiesto del libro non si rilevava più sul suo volto. Mi chiesi cosa avesse inteso con "Non ho conosciuto molto ragazze come te".

«Scusi signore non volevo spaventarla.»

«Sciocchezze. È solo stato inappropriato. Non mi faccio spaventare da scolarette senza contegno», mi interruppe voltandosi verso un'uscita di scuola che portava su campi da football e quello di baseball. Rimasi spiazzata. Aiden strinse la mascella. Scrutò il preside nuovamente con rabbia.

Non mi era mai stata detta una cosa del genere, tanto meno da un preside. Ma cosa aveva quella scuola?

«Signore. Direi che è stato lei a non sentirla», ribadì Aiden a denti stretti.

Il preside si bloccò di colpo. Ci voltammo entrambi a bocca spalancata verso il riccio. Quest'ultimo mantenne lo sguardo senza riservatezza sul rettore.

L'uomo si ricompose furioso e puntò un dito sul ragazzo: «Non mi provochi, Houston.»

Si incamminò verso il campo. Sentii un lieve sorriso comparire sul mio viso. Aiden mi aveva davvero appena difeso. Probabilmente voleva solo irritare il preside.

Ci stavamo avviando in fila indiana: io per ultima e io preside per primo, verso quello che doveva essere il campo da football. Aiden si voltò verso di me con sguardo serio e irritato. Feci per balbettare qualcosa, ma non avevo idea di cosa. Il moro si voltò nuovamente con il fare provocante e sicuro di sempre.

Arrivammo in silenzio nel mezzo del campo. Aiden e io ci guardammo un po' confusi poi spostammo lo sguardo sul preside, il quale non diceva niente e guardava le reti che si usavano per pulire il campo.

«Sta scherzando spero», sbottò irritato Aiden mentre scrutò il preside con astio. Fin troppe volte glielo vedevo fare.

Certo, non era nulla in confronti agli sguardi di odio che lanciava al padre. Ed ecco che sentii nuovamente l'impulso di chiedere a quel moro un milione di domande, sopratutto su suo padre. Avrei voluto chiedere di sua madre, se si comportava in quel modo per colpa sua, ma sapevo benissimo che non sarebbe stato appropriato. E lui si sarebbe infuriato.

«Do-dobbiamo tirarle?», balbettai a voce troppo alta. E io che speravo di passare la punizione in un'aula ad annoiarmi.

«Mi sembra al quanto ovvio cosa dovrete fare oggi», iniziò a spiegarci il preside o meglio, a spiegare a Aiden, dato che non mi degnò di uno sguardo, «Houston, sai come si usano queste.»

«Sì, mal col cazzo che mi metterò a pulire questo fottuto campo.» Mi stupiva il coraggio e la sfacciataggine con cui usava quelle parole scurrili. Non avrei mai osato dire delle parole del genere davanti a un rettore.

Juliet, tu non oseresti fare niente davanti a un rettore...

Il preside serrò la mascella: «E invece sì, Houston. Perché se non lo farai chiamerò tuo padre e ci penserà lui a Lei.»

Per un attimo pensai che Aiden si sarebbe scaraventato sul preside. Strinse i pugni facendo sbiancare le nocche e sentii il suo respiro farsi più pesante.

Tentai di alleviare la situazione. Non volevo rischiare che il moro peggiorasse ancora di più quella punizione straziante. «Va bene, lo faremo.»

«Questo è lo spirito, Browne», sbottò il preside. Potei dedurre dal suo tono di voce che mi stava prendendo in giro. Per cosa? Quest'uomo non mi permetterà mai di fondare quel dannato club.

Aiden digrignò i denti, ma non alleviò la presa dei suoi pugni. «Va bene, allora mi dica. Come dovremmo fare se non ci ha neanche dato la macchina?», domandò serio, indicando le reti messe per terra.

«Non vi servirà una macchina. Dovresti ricordartele le punizioni di quando stavi nella squadra di pugilato. Dovete tirarle da soli.»

Deglutii ad occhi serrati. Aiden rimase con lo sguardo sulle reti a terra.

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