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Ci volgammo tutti verso le scale di fronte all'ingresso

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Ci volgammo tutti verso le scale di fronte all'ingresso. Pochi secondi dopo vidi scendere le scale il presunto Aiden Houston e la serata divenne allora più orribile di quanto avessi potuto immaginare.

Il riccio si guardò annoiato intorno, alcune ciocche dei ricci disordinati gli cadevano delicatamente sulla fronte. Quando Aiden arrivò alla fine delle scale mi ritrovai il ragazzo che mi aveva fradiciata il giorno prima di fronte.

Dio, dimmi che stai scherzando. Indossava una camicia nera con dei pantaloni del medesimo colore. Gli si leggeva chiaro in faccia che non voleva essere lì. Siamo in due.

Sentii mia sorella deglutire. Rimasi con lo sguardo alla figura slanciata di Aiden. Allora avevo ragione a disprezzarlo dall'inizio. Neanche si degnò di notarmi accanto a mia sorella.

Andò subito verso i miei genitori per salutarli cordialmente e dire qualcosa di "incantevole" a mia sorella, dato che si stava quasi squagliando. Non capivo se lo facesse apposta a non guardarmi. Sentii un groppo in gola.

«Ci...ciao», balbettò Emma non appena la degnò di uno sguardo.

Aiden non si degnò di rispondere. Serrò la mascella non appena il padre gli posò una mano sulla spalla. Aiden lo superava di una testa d'altezza. Non capii il suo comportamento. Non mi era venuto giusto la sera prima a parlare e adesso neanche mi degnava di uno sguardo?

«Aiden. Ti sei dimenticato di salutare Juliet», gli ringhiò a denti stretti quasi suo padre. Il moro fulminò l'uomo con lo sguardo. Notai la rabbia nei suoi occhi.

Fu allora che si voltò e puntò i suoi occhi nei miei. Socchiusi le mie labbra, una stretta allo stomaco. Notai che l'accenno di un sorriso che aveva rivolto al resto della mia famiglia scomparve dal suo volto. Strinse i denti, mentre si avvicinò in silenzio. Mi persi nei suoi occhi chiari.

«Juliet Browne?», sussurrò quasi, «Ora so pure il tuo cognome.»

«Ma che bello», borbottai sarcastica. Sentii i pensieri affievolirsi, mentre chiusi i pugni in ansia.

Fortunatamente il resto dei presenti riprese a parlare, affievolendo un minimo la tensione. Mia sorella si era innamorata di Aiden, mentre mio padre di Fred.

Abbassai lo sguardo, sentendo le guance bruciare. Mia madre rimase sorpresa dal mio comportamento, lanciandomi degli sguardi scrupolosi. Aiden rimase di fronte a me e sbuffò piano. Gli arrivarono tre chiamate di fila, ma attaccò con sdegno a tutte.

Tentai di ignorarlo e ascoltare il discorso degli altri, ma la squillo del suo telefono mi continuava a distrarre.

«Bene. Direi di berci qualcosa. Che ne dite?», propose il signor Houston, scostandosi dal figlio. «Aperol?»

«Oh no, grazie signore. Stiamo cercando di seguire una dieta priva di alcol», gli rispose mia madre desolata.

«Davvero?»

«Purtroppo sì», rispose triste mio padre. Si vedeva che ne soffriva.

«Bè, allora dovrete perdonarmi se me ne preparo uno io», continuò il signor Houston, sorridendoci a trentadue denti. «Le ragazze? Bevono qualcosa?»

«Oh no, grazie signore. Siamo entrambe minorenni», gli spiegai.

«Capisco. Perdonatemi, me ne ero dimenticato.»

Aiden restò serio a scrutare i miei genitori. Portò il suo sguardo sul mio, tenendolo un po' troppo.

Mio padre annuì come se avesse preso una scossa: «Fred non si preoccupi. Può pure prepararsene uno, non ci offendiamo.»

«Non vedo l'ora», squittì mia madre.

Prese per il braccio mio padre, il quale però aveva occhi solo per la casa. Amavo i miei genitori, ma non avevo mai pensato si amassero davvero. Forse perché non li avevo mai visti scambiarsi un bacio o forse soltanto perché quando stavamo insieme quasi non si parlavano.

Il signor Houston ci portò, dopo essersi preparato uno Spritz, a fare il giro della casa; dal terrazzo, fino alla cantina dove teneva il suo vino più pregiato.

Infine, dopo infiniti minuti in cui si vantò della sua antica casa di famiglia vicino Parigi, affiancato dal figlio maggiore, ci fece strada verso la sala da pranzo. Con un gesto della mano ci invitò a sedersi e così lo facemmo tutti.

«Bellissima tavolata», si complimentò mia madre, «Complimenti.»

Il signor Huston sorrise lusingato: «Tante grazie. I domestici ci hanno lavorato per tutto il pomeriggio.»

Aiden fece un suono simile a uno sbuffo. Tutti si voltarono titubanti verso il moro, il quale si mise senza scrupoli a sedere a tavola. Bene, è maleducato pure a casa sua. Si poggiò coi gomiti al tavolo, mentre ci guardò irritato.

«Non mangiamo?»

Lanciai uno sguardo al signor Houston il quale sembrava bollire dalla rabbia. Gabriel invece sospirò. Evidentemente non era la prima volta che assisteva a un comportamento del genere.

Rimanemmo un attimo immobili a lanciarci occhiate tese, ma poi il capo di mio padre ci invitò nuovamente a sederci. Aiden rimase immobile. Alzò il capo per scrutarmi e farmi cenno di sedermi di fronte lui.

Aggrottai le sopracciglia, guardandolo confusa. Non avendo altra scelta, dato che i miei si erano seduti verso capotavola e Emma accanto al moro, mi misi a sedere con sguardo basso di fronte a quest'ultimo. Misi le posate d'argento il più dritto possibile pur di fare qualcosa, a disagio per la situazione. Va bene che mi aspettavo Aiden scorbutico, ma non fino a tal punto. 

Gabriel si sedette accanto a me con un sorriso e Emma prese a fissare il moro seduto accanto a lei. Quest'ultimo si gratto la mascella rasata, mentre si poggiò allo schienale della sedia e tirò su le maniche della camicia per mettere in mostra i tatuaggi.

AnarchiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora