"Say it again, Darling."

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«Sono una stupida» borbottai, nascondendo la faccia nella maglia di Bred.
«Rob, è normale essere tristi dopo che una persona che pensavi ti volesse bene ti urla quelle cose» proferì Jeff.
«Esatto, ci sono rimasto male anch'io, non è affatto vergognoso...» sussurrò accarezzandomi i capelli. «Robbie... tutto ok?»
«No» sentenziai, soffocata dalla stoffa color carta da zucchero.
«È successo qualcos'altro?» domandò.
Lo ignorai. Per un attimo rimasi immobile, mentre il tessuto bagnato mi inumidiva le guance e, allo stesso tempo, continuava ad assorbire le mie lacrime.
Non lo richiese, sospirò e tornò ad accarezzarmi i capelli.
Di solito non sapeva consolare, eppure non era tanto male usare la sua maglia da pochi spiccioli come fazzoletto.
Bred mi scostò di poco il viso dalla sua maglietta.
«Che ne dite se scendiamo e respiriamo un po' d'aria fresca invece che puzza di motore?» propose.
Jeff si fiondò fuori e noi lo seguimmo.

Si sparse la voce del nostro bisogno di un cantante e dopo una settimana stavamo ancora cercando di concludere qualcosa, gironzolando tra un parco e l'altro.
«Rob, dovresti fare nuovi volantini per richiedere il nuovo cantante» disse Jeff.
Annuii, mentre Bred si allontanò verso un bar, ritornando poi con tre bottiglie di birra, due delle quali porse a me e Jeff.
«E poi, chi ha bisogno di Freddie? È solo una psicopatica egoista!» esclamò sorridendo.
«Dillo di nuovo, tesoro» esordì calma e tranquilla una voce alle nostre spalle.
Cercando di non affogarmi con la birra e ingoiando a fatica il sorso che avevo bevuto, mi voltai e con me i ragazzi.
Friederike era lì davanti a noi.
Gli occhi azzurro elettrico sorridevano timidamente, i capelli nero carbone che le svolazzavano brutalmente poco sopra la spalla e le mani nelle tasche dei soliti strambi jeans.
Era senza dubbio riconoscibile, avrei potuto distinguerla da chilometri.

«Che ci fai qui?» chiesi brusca.
Scrollò le spalle. «Volevo prendere un frullato».
«Ma è dall'altra parte della strada» proferii.
«Già, infatti».
«Ciò che dici non ha senso» intervenne piano Jeff.
Freddie sbuffò, estraendo dalla tasca del giubbino un contenitore appallottolato e mostrandocelo. «Il frullato».
«Hai intenzione di scusarti?» domandò Bred con tono altezzoso.
«L'ho già fatto».
«Intendevo scusarti con me e Jeff».
«Perché dovrei? Ho detto la verità. Volete per caso negare?»
Nessuno dei miei due amici fiatò e Fred' esibì un minuscolo sorriso di vittoria, che sparì appena posò lo sguardo su di me.
«Come stai?» chiese.
«Vivo, non lo fai anche tu? È interessante, no?»
«Girano voci che dicono che avete bisogno di un cantante».
«No, guarda, ora mettiamo un microfono accanto alla batteria e facciamo cantare Robbie» sbottò Bred ironico.
Mi diede una busta incartata con la massima cura.
«E questa che diamine è?» domandai.
«Ciò che vi spetta per aver contribuito alla produzione della nostra rapsodia».
«Ma non ha ancora un nome» osservò Jeff. «E non puoi registrarla senza una chitarra, gli altri strumenti potresti anche tagliarli fuori, ma la chitarra è quasi essenziale».
«Potrei suonarla anche da sola al piano, non è la chitarra l'essenziale, ma voi tre. Vi ho chiesto un aiuto e voi lo avete fatto. Niente delle tue lamentele, Robbie. Nessuna battuta di Jeff. Non hai riscritto nulla, Bred, il pezzo è come l'ho chiesto. Il punto è che manca l'essenziale: quella musica deve essere suonata dalle stesse persone che mi hanno accompagnato in cerca di mio padre. È molto più importante del pianoforte, questo».

Se potessi tornare indietro, sentendo quelle parole fuggirei. È la scelta più saggia a volte.
Perché?
Se fossi fuggita nessuno di noi tre si sarebbe davvero affezionato a Freddie, nessuno sarebbe stato coinvolto nella vita di una ragazza sola e geniale e ora io e Jeff saremmo ancora inseparabili.
Allora, mi chiedo ancora oggi, perché non abbiamo previsto l'inevitabile?

Mi chiamavano "Regina"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora