"Spit the Toad."

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Freddie guardava con ossessione oltre la finestra, verso il giardino, dove la figura della fumatrice sexy era appoggiata alla staccionata.
«Sono passati chissà quanti anni e tu ancora la sogni?» chiesi rassegnata, magari qualcuno lo avesse fatto per me. «Valle a parlare, Fred', cosa aspetti?»
Scosse leggermente la testa. «Non lo so... Se è fidanzata?»
«Se diventa vedova non lo è più».
Mi porse uno sguardo alterato.
«Dai, Fred', almeno dille qualcosa... Non dico di passare al "ti amo, passa tutta la vita con me", ma un "oggi è bel tempo, eh?" non sarebbe male. So che puoi farcela».
Sospirò e uscì fuori.

La ragazza aveva due grandi occhi scuri e i capelli color talpa lisci e corti poco sotto le spalle.
Friederike avanzò tra l'erba non curata del nostro giardino e si appoggiò piano alla staccionata.
La fumatrice sexy – non mi stancherò mai di chiamarla così, tuttora faccio lo stesso – la squadrò in silenzio con aria indifferente.
Non sarebbe finita bene, era provato.
«Da quant'è che fumi qui? Nove anni?» scherzò Freddie.
La ragazza rimase impassibile. «Mi piace l'aria di campagna».
«Già, piacevole... Cioé, volevo dire che è piacevole l'aria di campagna, non ero ironica sul fatto che fumi davanti casa mia ogni mattina dalle otto e un quarto alle nove meno venti... Meglio se sto zitta, mi sa».
La dipendente dal fumo – sì, ragazzi, Jimmie ormai sa che io la chiamo così, si è rassegnata – forzò un sorriso per educazione.
«Beh, è stato un piacere» borbottò imbarazzata, prima di scostarsi da quell'imbranata della mia Fred'.
«Aspetta,» la fermò la corvina, «io sono Freddie, Freddie Mercury».
Friederike, con tutto l'amore e l'amicizia del mondo... pensavi davvero di conquistarla con il tuo nome d'arte?
Eh, no, ragazzi, lei non conosceva neanche chi fosse questa Freddie Mercury, insomma, la cretina fallì nella sua impresa.
«Jimmie, Jimmie Hutton» si presentò lei, porgendole la mano, che Friederike afferrò volentieri.
«Posso offrirti qualcosa da bere?» propose.
Jimmie scosse la testa divertita. «Alle otto e quarantacinque del mattino? Passo, grazie lo stesso».
Che sfigata.
E la ragazza si allontanò velocemente, mentre Freddie rimaneva lì impalata ad osservarla.

La porta si aprì e mi raggiunsero i due ragazzi.
«Un po' mi fa pena, però» ammise Bred guardando la scena dalla finestra con me e Jeff.
«Ora le passa» sentenziai io.
«Ora le passa?! Robbie, quella non è una ragazza facile, ho studiato tutto nel minimo dettaglio e, se ho ragione, Freddie non ha possibilità» illustrò Jeff.
Gli diedi un pugno in pancia e rimase muto a contorcersi dal dolore.
«Ho detto che ora le passa».
Bred mi guardò severo e mi sedetti piano sul divano.
Jeff si alzò dolorante.
«Ma che ti ho fatto?!» esclamò.
«Non la pensare, Robert è leggermente più... emotiva di questi tempi» lo consolò Bred.
«Emotivo sarai tu» risposi infuriata.
Friederike ritornò dentro e la discussione si concluse.

Fu dopo esattamente quattro mesi che scoppiò il caos nelle nostre vite.
Ovviamente, il bambino che cresceva nella mia povera pancia non poteva di certo passare indifferente per così a lungo.
Certo, un po' con l'aiuto dei maglioni larghi di Bred, un po' con la segregazione in camera mia, non si era notato bene o male nulla.
E, soprattutto, Freddie e Jeff non avevano notato nulla.
Come dimenticare la mattina dopo esattamente quattro mesi che Fred' aveva avuto quella discussione illuminante con Jimmie?
Apparentemente non era successo nulla, finché non dovetti alzarmi dal mio comodissimo letto per la fame.
Cazzo, ora che ci penso ho sempre fame, io.
Scesi dal letto sbadigliando e, istintivamente, mi massaggiai la pancia.
L'istinto gioca brutti scherzi.
L'istinto è carogna.
L'istinto fa altamente schifo.
Feci per uscire dalla stanza, ma, quando stavo per toccare la maniglia, posai lo sguardo sullo specchio attaccato alla porta e, sempre per colpa di quel cazzo di istinto, gridai e feci scattare le chiavi nella serratura.
Per nessun motivo al mondo Freddie e Jeff dovevano sapere che ero incinta.
Per nessun motivo al mondo dovevo perdere la calma.
Fu Freddie che, come sempre sveglia anche alle sette del mattino, aveva sentito l'urlo e aveva bussato alla porta.
«Rob, tutto ok?» chiese.
Borbottai un «Sì» di rimando.
«Sicura?»
Mentire a Fred' sarebbe stato completamente inutile.
«In ogni caso non è nulla, lascia perdere» risposi.
«Robbie, apri, dai».
Non mossi un muscolo.
«Va bene, come vuoi... Ti lascio in pace, ok?»
Sospirai quando non avvertii più la sua presenza dietro la porta.
Dovevo assolutamente inventarmi qualcosa per poter uscire di lì e chiamare Bred per chiedergli aiuto.
Poi ci ripensai.
Perché dovevo aver bisogno dell'aiuto di Bred? Potevo farcela benissimo da sola.
Così indossai il maglione più largo che mi aveva prestato per non avere quel genere di problemi... eppure non c'era verso, si notava fin troppo bene.
«Merda...» sussurrai sfilandomelo di dosso.
Non avevo intenzione di mettermi quella roba, seppur comoda, calda e quant'altro.
Non trovando una soluzione, decisi di rimettermi a dormire, ma il bastardino rendeva la cosa molto scomoda.
Nessuno sarebbe venuto a darmi fastidio fino alle otto, avevo un'ora di tempo per pensare ad un possibile rimedio.
Sentii la porta di casa aprirsi: erano arrivati.
"Cazzo" pensai.

«Avete visto Robbie?» domandò Freddie bevendo il tè.
Jeff scosse la testa e Bred restò muto.
«Strano,» continuò Friederike, «stamattina ha urlato».
«Avrà visto qualche ragno fuori dalla finestra» ipotizzò Jeff ridendo.

Dalle otto divennero le nove.

«Secondo voi dovremmo chiamarla?» chiese Jeff.
Bred scrollò le spalle.
«Vado io» annunciò Freddie.

E così la ragazza venne davanti la porta della mia camera e bussò delicatamente.
«Rob?» domandò. «Tutto ok?»
«Vattene» decretai.
«Se è successo qualcosa possiamo parlarne...»
«Vattene, Fred'».
Friederike tornò a capo basso da Jeff e Bred.
«Non mi fa entrare» spiegò.
Bred storse la bocca.
«Ci provo io» propose Jeff, dirigendosi verso la mia camera.
«Robbie, tutto ok?»
«Anche tu?! Non vendo cose dell'usato, sapete?»
«Proviamo tra un po'» proferì a Freddie e Bred.

Le due ore successive furono solo «Tutto ok?» di Jeff e «Guarda che io ci sono» di Freddie.

«Non esce» si spazientì Fred'. «Bred, ti prego, valle a parlare».
«Perché io?» chiese.
«Scommettiamo che a te apre?»
Sbuffò e si diresse davanti la mia porta.
«Robert, sono io, apri».
E, dopo qualche secondo di indecisione, la serratura scattò.
Purtroppo per Friederike e Jeff, si richiuse subito dopo che il mio migliore amico rientrò nella stanza.
«Che succe...?» iniziò, prima di posare lo sguardo su di me. «Oh...»
«Già,» dissi arrabbiata, «"oh" è perfetto per spiegare la situazione».
«Che cosa facciamo?»
«Non ne ho idea!»
Si massaggiò istericamente le tempie. «Sicura di non voler sputare il rospo? Dopotutto, sono i nostri amici... Siamo una famiglia, no?»
«È vero,» concordai, «siamo una famiglia, solo che...»
Per qualche motivo non avevo idea del perché non volessi dirglielo, era così e basta.
«È solo che sei spaventata e hai paura che questa tua paura si espanda più sono numerose le persone che ne sono a conoscenza» concluse.
Lo osservai con gli occhi lucidi.
«E tu come lo sai? Io... io non lo avevo neanche capito prima che lo dicessi tu».
«Ti conosco, è facile intuire dopo un decennio di amicizia».
Sbuffai.
Che situazione da schifo.
«Ho un'idea» disse Bred dopo un lungo tempo di silenzio assoluto.
«Spara».
«Mettiti uno dei miei maglioni, cerca di sederti composta, toccati il meno possibile la pancia e vedi di parlare il prima possibile» sentenziò, prima di uscire dalla stanza.
Piegai il capo per osservare la curva che segnava in modo evidente la mia maglia.
Per una volta, dovevo seguire il consiglio di Bred.

«Ieri hai mangiato tutti i biscotti che ha fatto Freddie».
«Veramente ho mangiato quelli che spettavano a me!»
«Hai fatto male i conti, sapientone, io non ne ho avuto nemmeno uno».
«E ho detto che mi dispiace!» ribatté Bred.
«E hai detto un bel nulla, intanto non ho i miei biscotti!»
«Non sapevo ti piacessero tanto i biscotti di Freddie» sorrise Jeff cercando di calmare la situazione.
«E INVECE SÌ!» urlai.
Friederike, uscita fuori con Delilah per pochi minuti, ritornò dentro sorridente.
«Si può sapere che succede?» domandò piano.
«Bred le ha mangiato i biscotti» spiegò Jeff cercando di rimanere serio.
«Ne faccio altri, allora» sorrise lei.
«Intanto, i miei non li ho avuti!»
«Ho detto che mi dispiace!» ripeté il mio migliore amico. «Calmatevi, tutti e due!»
«Già, quando nasce a questo gli conviene di star buono» borbottai a denti stretti.
«Tutti e due?» chiese Freddie.
«Quando nasce?» domandò Jeff.
Io e Bred ci guardammo.
In quel momento chiunque avrebbe potuto leggere le nostre espressioni e interpretarle come un "Cazzo, non dovevo dirlo".
«Sedetevi» ordinai a Friederike e Jeff.
Obbedirono disorientati.
«Allora...» iniziai, ma Bred mi precedette.
«Quando mamma e papà si vogliono bene nasce il nipotino di Freddie, ora tutti a letto» disse scoppiando a ridere.
Gli scoccai un'occhiata assassina e ammutolì.
«Che?!» esclamò Friederike.
«Allora,» ricominciai, prima di fare un lungo sospiro, allargare le braccia e, con il sorriso più falso del mondo, continuare, «state per diventare zii!»
Nessuno sembrava entusiasta.
«Ok, allora, ripeto» dissi scocciata.
«Oh, per la miseria!» esclamò Bred spazientito. «Robbie è incinta».
Jeff e Freddie sorrisero.

NO, FERMI, CHE PIEGA STA PRENDENDO QUESTA DISCUSSIONE?

«Quindi voi...?» balbettò la corvina.
«Cioé...» borbottò Jeff guardando prima me e poi Bred.
«Questi sono dementi» sbuffai.
«È di Dominic» spiegò Bred. «È di classe, lui».
«E piantala!» esclamai.
Friederike balzò in piedi contenta.
«DIVENTERÒ ZIA!!!» urlò entusiasta.
Inutile dire che io, già speventata di mio, vedendo che a loro non faceva nessun effetto, corsi via.

Mi chiamavano "Regina"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora