"It's my moral compass, Bred, you should know me"

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Jeff fu il primo a correre ad abbracciare Friederike.
Ok, lo ammetto, lo avrei fatto volentieri anch'io; lo farei con eguale voglia – se non di più – ancora oggi, compreso ora.
Mi taglierei le vene di un braccio se potessi avere anche solo la possibilità di rivederla e di riabbracciarla.
Eppure, la mia malinconia è nulla se paragonata a ciò che provò Jeff trovando un fascicolo medico nel cuore della notte... ma ci arriveremo, abbiamo tutto il tempo del mondo, no?
Cioè, almeno spero, non voglio mica fare la fine di Freddie... Però magari non sarebbe male...
Ok, dopo aver tappato le orecchie per l'urlo bastardo che ha appena emesso Bred, andiamo avanti.
Quando il mio amico si fiondò ad abbracciarla, rimasi leggermente impietrita, finché Bred non mi scompigliò i capelli, si allontanò lentamente da me e diede una pacca affettuosa sulla spalla della corvina.
Mi sciolsi a poco a poco anche io e corsi ad abbracciarla.
Inutile dire che dopo qualche minuto l'unico che non era in lacrime era proprio Bred, che ci consolava uno ad uno cercando di farci vedere i lati positivi del mondo.
Almeno suo padre lo aveva sempre sostenuto a lui.

Era un sabato sera quando io, Bred, Jeff e Friederike avevamo finito di registrare Bohemian Rhapsody – sì, Freddie aveva dato questo nome strano perché voleva far pensare ad una semplice rapsodia – e avevamo optato di "festaggiare" il tutto con la solita scolata di birra.
Tutto molto salutare, il dietologo direbbe lo stesso.
Finché, sfiniti, stanchi e pigri com'eravamo, verso l'una e mezza di notte ci coricammo.
O, meglio, Jeff e Freddie si addormentarono immediatamente ognuno nelle proprie stanze, Bred salì al piano di sopra dopo poco tempo e io rimasi a gironzolare errante nel buio della casa come un vecchio fantasma in cerca della propria liberazione.

Stavo per tornarmene a letto, quando sentii un rumore proveniente dalla camera di Bred. Come se fosse caduto qualcosa di molto pesante. Aprii la porta della stanza.
«Tutto ok?» domandai, trovando il mio amico che guardava il cielo oltre la finestra con un minuscolo telescopio da quattro soldi.
«Sì» sussurrò secco lui, facendomi segno di avvicinarsi.
«Che stai facendo?» chiesi, sedendomi accanto a lui.
«Mio padre da piccolo mi ha insegnato a costruire un sacco di cose, lo sapevi? La mia prima chitarra elettrica l'ho ricavata dai resti di una chitarra spagnola che mi regalarono e la prima vera chitarra elettrica decente l'ho costruita io con i resti di un caminetto... Sembro un cretino, ora che ci ragiono su».
«No, dai, è una cosa carina».
«Non trovi che le stelle siano affascinanti?»
«No, Bred, sarà la birra ma mi sembrano normali».
Sorrise e mi fece avvicinare il viso al telescopio.
Ok, erano niente male le stelle, ma, dico io, alle due di notte non hai niente di meglio da fare?
Dormire non ti piace proprio? No? Vabbé.
«Niente male, Bred, ma... Che c'è?» chiesi, notando che mi guardava divertito.
«Ti ricordi quando entrasti negli Smile? Eravamo tre ragazzi senza una meta col sogno di fare la storia... Guardaci ora! Siamo passati dal mercato della domenica a Freddie... Credo che la strada per il successo sia ancora lastricata, Rob» proferì.
«Io non penso. Credo, invece, che sia stato un viaggio doloroso, ma che siamo quasi arrivati».
Continuò a guardarmi sorridente.
«Non assomigli per niente alla ragazza che "accordava gli strumenti in modo talmente professionale da farle avere un posto assicurato nel nostro gruppo", sei diversa» spiegò.
«Oh, però accordo ancora in modo professionale».
Rise.
«Se per questo "intrattengo" ancora un ragazzo in soggiorno mentre l'altro "attende" in garage, è la mia bussola morale, Bred, dovresti conoscermi».

Mi chiamavano "Regina"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora