Londra, 1970
Certo che la ragazza accanto a lui era proprio strana. Stava osservando dritto davanti a sé con tono di sfida e non si azzardava a distogliere lo sguardo.
«Ehm... Che cosa stai facendo?» domandò lui.
«Zitto, sto cercando di risolvere un problema... e smettila di guardarmi».
«Un problema... con il muro?»
La bionda sbuffò e finalmente osservò il ragazzo che le parlava.
«La gente dice che guardare un punto fisso rilassa, quindi...» e, detto questo, tornò a fissare il muro.
«Sai che esistono modi meno satanici per affrontare i problemi? Non so, tipo affrontarli...»
«È arrivato il genio» proferì lei seccata.
«No, davvero, smettila... è alquanto inquietante».
La ragazza scoppiò a ridere e si sedette accanto a lui. «Affrontare i problemi, dicevi? Anche quando sai che a breve farai l'ultimo concerto prima di finire in mezzo alla strada?»
«Robert...»
«Robbie».
«E va bene, Robbie, ricordi quello che dici sempre per farmi innervosire?»
«"Guardare le stelle è da femminucce che cercano il vero amore"? Sì, me lo ricordo».
«Non quello» rispose a denti stretti cercando di restare calmo. «"Non dimenticare di sorridere", no?»
«Bred, è una frase inutile e priva di senso».
Bred sorrise. «Eppure fa effetto».
«Lui se ne vuole andare, non pensa a noi... a me...» sussurrò infuriata stringendo i pugni. «Nessuno ci pensa mai».
I suoi occhi zaffiro lampeggiavano minacciosi e le sue labbra erano serrate in una smorfia rabbiosa.
Sarebbe dovuta essere ridicola, o semplicemente orribile... eppure lui la trovava stupenda.
Come faceva ad essere amico con una persona che avrebbe volentieri sbattuto al muro ogni volta che si presentava l'occasione?
Ma era un rapporto professionale.
Certo, professionalmente impossibile.
Lo sguardo di Robbie luccicò velandosi di lacrime.
Le succedeva sempre quando era arrabbiata con più persone... o con la stessa per diversi motivi.
«Anche tu te ne andrai, ne sono sicura» sentenziò incrociando le braccia e poggiando con un tonfo ovattato la schiena al cuscino del divano.
«Non è vero» cercò di replicare Bred.
«Oh, sì, che è vero» ribatté dura, mentre un lacrima le solcava dolcemente la guancia. «È talmente vero che ci scommetterei la mano».
«Invece no».
«Invece sì» ripeté testarda voltandosi verso il ragazzo con sguardo assassino.
Bred sospirò paziente e l'abbracciò piano.
«Rob...»
«È che non è giusto» cercò di spiegare la ragazza avvolta dalla stoffa della maglietta dell'amico. «Non è giusto nulla... nemmeno la verità».
«"La verità è che non esiste una verità", dice Pablo Neruda».
La bionda alzò il capo verso di lui con le iridi blu più lucenti di una notte stellata.
«Beh, almeno non sono l'unica sfigata a cui piace questo poeta...» sussurrò con un leggero sorriso a segnarle il volto poco prima in lacrime.
Bred aveva il respiro corto e il battito del cuore accelerato, finché non ce la fece più e poggiò le labbra contro quelle della ragazza.Bred si svegliò di soprassalto dal divano sul quale si era addormentato e vide davanti a lui Robbie fissare il muro.
Era stato tutto un sogno.
«Ti piace Pablo Neruda?» chiese il ragazzo in un sussurro.
«Ma che cosa sei? Uno stalker?» domandò scortese la ragazza senza muovere di un millimetro le pupille.
«Lo prenderò come un sì» borbottò lui.
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Mi chiamavano "Regina"
Teen FictionAvere un obiettivo è la più grande dichiarazione di guerra che fai a te stesso. Sai di dover lottare. Sai di dover resistere. Sai di dover annientare pregiudizi e vecchie tradizioni. Non mi aveva mai detto nessuno che mi sarebbe costato il mio s...