Non dimenticherò mai quel particolare dicembre del 1975, quando ero particolarmente incazzata con Bred.
Non dimenticherò mai come lui stesso diede prova di conoscere le mie possibili reazioni come il palmo della sua mano.
Non dimenticherò mai come usò la nostra amicizia per un... ehm... fine personale?Sì, Bred, non ti ho ancora perdonato, idiota.
«Voglio conoscerla» pretesi.
Siamo noiosi, vero? Sempre le solite storie e lamentele.
Probabile.«Non ricominciare» sbuffò lui. «È quasi Natale».
«Fottiti».
«Smettila».
«Piantala».
«Finiscila».
«Taci».
«Sta' zitta».
«Stai zitto tu».
«Ma perché non...»
«MA PERCHÈ NON LA PIANTATE ENTRAMBI?!» urlò spazientita Freddie scendendo dalla sedia sulla quale era salita per finire di decorare l'albero di Natale. «Non permetterò a voi due di rovinare l'unica festività inglese decente».
«Il Pancake-day non ti piace proprio, eh?» soffiai ironica dando un calcio a Delilah intenta a giocherellare con le decorazioni.
Per mia fortuna, Friederike non si accorse di niente.
Sennò, del resto, non starei qui a raccontarvelo.
«A te non piace proprio farti gli affari tuoi, eh?» tornò a punzecchiarmi Bred.
«E a te non piace proprio tacere una buona volta, eh?»
«E a te...»
Ma non seppi mai cosa non mi piaceva proprio fare, perché Freddie ci prese entrambi per le orecchie e ci trascinò di sopra, prima di chiudere la porta della stanza del mio migliore amico e di urlare qualcosa in swahili.
«Non puoi segregarmi in camera mia... a casa mia, per giunta!» protestò lui.
«FRED'!» la chiamai isterica. «FRED', HO BRED IN OSTAGGIO, SE LO VUOI RIVEDERE, DEVI FARMI USCIRE DI QUI!»
Il ragazzo accanto a me alzò un sopracciglio divertito.
«Tremo dalla paura» sussurrò ironico.
«Zitto!» esclamai infuriata iniziando a camminare in giro per la stanza e a giocherellare con le sue strane costruzioni.
«Non toccarlo!» pregò a voce strozzata quando mi avvicinai ad un modellino in miniatura di una chitarra. «È di mio padre» spiegò.
«Certo, il fantastico Harold».
«Che hai contro mio padre?»
«Nulla, è un grande» sentenziai.
Si fermò un attimo ad osservarmi dai suoi occhi grigi.
Gli lanciai un'asse di legno appoggiata accanto al muro.
«La finisci?!»
«Ahi!» gridò massaggiandosi il braccio, continuando, però, ad ispezionare dalle sue iridi argentate i miei zaffiri blu.
Mi voltai dall'altro lato.
«Mi dai fastidio quando fai così» ripetei cinica.
«Oh, lo so» sorrise lui.
«Sai una cosa? Fred' ha assolutamente ragione: non riusciremmo mai a parlarci cinque minuti senza urlarci contro».
«Quindi?»
Aprii il suo armadio perfettamente in ordine e misi addosso un suo cappotto.
«Quindi me ne vado» annunciai.
«E da dove? Dalla finestra?» domandò ridendo.
La spalancai, mentre Bred sospirava alzando gli occhi al cielo con la sua solita aria di superiorità.
In pochi minuti atterrai sulla neve morbida.Chissà cos'avrebbe fatto Freddie in una situazione come quella.
Di sicuro so che non avrebbe mai urlato.
Non si sarebbe mai mossa in quel modo sgraziato e assolutamente non coordinato.
Soprattutto, non avrebbe mai pensato di scendere dalla finestra.
Mai.
Già, probabilmente, Freddie ne sapeva più di me sul far incazzare di brutto la gente.
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Mi chiamavano "Regina"
Teen FictionAvere un obiettivo è la più grande dichiarazione di guerra che fai a te stesso. Sai di dover lottare. Sai di dover resistere. Sai di dover annientare pregiudizi e vecchie tradizioni. Non mi aveva mai detto nessuno che mi sarebbe costato il mio s...