Don't Forget To Smile

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«Sorridi, dai» mi sussurrò Bred.
Sorridere? Con quell'orribile senso di solitudine che andava prolungarsi assieme al mio respiro dai miei polmoni? Mai!
Vedendomi inerme accanto a lui categoricamente imbronciata, Bred mi accarezzò la fronte.
«Scusate» bisbigliò Jeff. «Sono un idiota».
Il mio migliore amico si voltò verso di lui con sguardo rassicurante.
«Siamo solo tristi» proferì. «Forse non ritorneremo mai come prima, ma, davvero, c'è mai stato un prima in cui abbiamo la certezza che Freddie sia felice più di quanto non lo è ora?»
Io e Jeff lo guardammo a lungo, prima di scuotere la testa.
«Ora c'è Jimmie» sussurrai. «E lei è disposta anche a morire pur di restare imprigionata in questa felicità».
Il bassista annuì meno convinto, mentre cercava di trattenere le lacrime.
La porta si aprì e tutti e tre scattammo in piedi come soldatini.
Freddie e Jimmie erano pietrificate sulla soglia, si tenevano per mano e respiravano appena, probabilmente avevano corso.
«Ce la fai?» chiese Jimmie. «Se vuoi rimango».
Friederike scosse la testa. «Non preoccuparti».
In un attimo la ragazza della nostra amica scomparve dietro la porta.
La corvina sorrise raggiante, ma il tono di voce con cui proferì l'ordine «Sedetevi» fu gelido, in grado di pietrificare anche l'animo più autoritario del pianeta.
Obbedimmo.
«Bene,» iniziò sedendosi sul tavolo, «di che parlavate?»
«Macchine» rispondemmo all'unisono.
Freddie ci osservò colpita, come se si sentisse in disparte, poi continuò a sorridere.
«Perché?» chiese divertita. «Il tempo non aspetta nessuno, non potete sedervi qui e parlare di... macchine».
Inarcai un sopracciglio.
«Ehm... intendo... a me sembra che non ci sia mai importato abbastanza...» mormorò.
«Delle macchine o del tempo?» domandò Bred.
«Del... delle macchine» balbettò incerta.
«Ah, sì?» chiesi.
«Comunque,» continuò scuotendo la testa, «volevo chiedervi... ehm... quali sono le vostre aspettative tra... non so... dieci anni?»
«Che?!» domandai allibita.
«Come pensi sarai tra dieci anni?»
«Viva» intervenne il mio migliore amico.
Friederike sorrise. «Certo, ovviamente... No, intendevo, oltre a quello».
«Beh, io...»
Il rumore del tamburellare impaziente del piede di Jeff contro il pavimento mi interruppe.
«Hai finito?» chiese aspro. «Che devi dirci?»
La ragazza sospirò sonoramente, prima di alzarsi, sollevare fieramente il capo e annunciare a braccia spalancate un sonoro «Ce l'ho».
Jeff la osservò interrogativo.
«Cosa?» domandò. «Un cavallo? Un altro gatto? Una poltrona? Cos'hai?»

Mio Dio, gli sarò grata per tutta la vita.

«L'AIDS» proferì senza entusiasmo abbassando le braccia.
Io e Bred rimanemmo impalati l'una accanto all'altro senza proferire parola.
Vidi gli occhi di Jeff velarsi nuovamente di lacrime, ma non lo diede a vedere finché Freddie non corse ad abbracciarlo.
«Piangi come una femminuccia» lo schernì.
Quando la ragazza indietreggiò di nuovo verso il tavolo, potei notare i suoi occhi lucidi.
Ci osservò a lungo con il solito sorriso.
«Che diamine hai da sorridere?» chiesi irritata camminando verso di lei con l'indice puntato sul suo petto. «Tu ridi sempre! Sei una spacciatrice di felicità ambulante! D-devi smetterla! T-tu potresti far affezionare davvero qualcuno a te e... e poi lo abbandoneresti e... e saresti orribile! Ti odio».
Quando arrivai in lacrime ad un centimetro dal suo naso, mi abbracciò.
«Ti voglio bene anch'io, Rob».
«Sei la mia sorellona preferita» mormorai invasa dal profumo di lavanda e alloro che sprigionava la sua spalla.
«E tu non dimenticare mai di sorridere, chiaro?»
Quando ci staccammo, osservai ancora una volta le sfumature blu oltremare nei suoi occhi azzurro elettrico e scivolai di nuovo accanto a Bred.
«Potresti morire» scherzò verso di lei.
«È proprio questo il punto, dottore» rispose abbracciando anche lui.

Ecco, ragazzi, perché odio il 1984.

Contenti della spiegazione?
Ecco, ora possiamo deprimerci meglio andando avanti con la storia!

Mi chiamavano "Regina"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora