9 Songs

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Quando Friederike riprese i sensi e riacquistò la capacità di formulare una frase di senso compiuto, avemmo finalmente la possibilità di andare da lei.

Una fila immensa precedeva l'entrata in quel fottuto ospedale.
Eravamo lì a guardarci, mentre, ogni tanto, dopo averlo concordato telepaticamente, davamo uno sguardo a Jimmie.
Era letteralmente a pezzi.
Aveva lo sguardo basso, le tremavano le mani e saltava sul posto per la paura ogni volta che qualcuno cercava solo lontanamente di catturare la sua attenzione.

Credo che Jeff le abbia detto qualcosa, perché si voltò verso di lui con gli occhi sgranati e il volto pallido.
Sembrava sul punto di una vera e propria crisi di nervi.
«No!» esclamò scuotendo velocemente la testa. «Lei non sta per niente bene!»
Io e Bred ci scambiammo un'occhiata preoccupata.
«Andrà tutto bene» la incoraggiò il bassista in un sussurro.
Oramai Jimmie era letteralmente in lacrime.
«È tutta colpa mia» singhiozzò tra sé e sé. «È sempre colpa mia».
Si fondò nelle braccia consolatorie di Jeff.
Notai che le sue iridi smeraldo erano specchiate da lacrime come un lago ghiacciato.
Poggiai la testa sulla spalla del mio migliore amico, mentre i miei pensieri, già grigi di per sé, mutavano di male in peggio.
«Andrà tutto bene» ripeteva Jeff con la voce a pezzi.
Era il sottofondo musicale di quella giornata buia: noi quattro a pezzi seduti nella sala d'attesa di un ospedale, ognuno di noi aggrappato alla scarsa positività di chi aveva accanto.
Bred incominciò ad accarezzarmi meccanicamente i capelli, mentre scrutava dalle sue iridi grige lo scenario che gli si presentava.
Potevo quasi sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi frettolosamente.
«Facciamo una cosa, vi va?» domandò ad un tratto.
Lo osservammo spiazzati.
«Ognuno di noi dice due canzoni che più gli sono piaciute in questi vent'anni di lavoro, che ne dite?» propose.
Jimmie si asciugò velocemente le lacrime e scosse le spalle. «Non credo di saperle tutte, ma va bene».
«Mi piace come idea» commentò Jeff.
«Arriviamo a nove, però» decretai. «Voglio sentire quella che piace a Fred'»
Bred mi sorrise.
«Va bene» acconsentì. «Chi va per primo?»
«You're My Best Friend e Another One Bites The Dust» iniziò il bassista.
«Good Old-Fashioned Lover Boy e, senza dubbio, Crazy Little Thing Called Love: non mi conosceva ancora, eppure...» sospirò Jimmie con una nota di rimpianto.
«The Show Must Go On e, sì, Robert, Sail Away Sweet Sister» proferì Bred.
Lo osservai meravigliata.
«Ti... ti odio anch'io, Bred...» mormorai accennando un sorriso.
«Allora?» m'incitò Jeff. «Quali sono le tue preferite?»
«Non lo so, non ne sono completamente sicura...» borbottai. «Però... sì, dai, anche io Sail Away Sweet Sister e, cosa che molto probabilmente vi sconvolgerà, I Can't Live With You».
Bred mi osservò leggermente divertito.
«A cosa dobbiamo, noi, poveri mortali, questa divina rivelazione?» chiese.
Scrollai le spalle.
«Non lo so» rivelai. «Ho solo capito quanto sia importante tenersi care le persone a cui si vuole bene, no?»
«Credo proprio che sia una delle prime volte che tu abbia ragione, Rob» concordò Jeff con lo sguardo perso nel vuoto.
La porta della stanza di Freddie si spalancò e tutti noi balzammo in piedi come soldati.
«Possiamo entrare?» chiese Jimmie impaziente.
«Potete entrare» acconsentì il medico osservandola titubante.
Ci fiondammo nella stanza.
«Un po' di contegno, tesori» mormorò Friederike sorridendo.
«Prima di sgridarti, picchiarti, piangere, ridere e compagnia cantando, devi dirci una canzone che ti ha più toccato in questi anni di lavoro» ordinai catapultandomi accanto a lei.
Ci pensò per un po', prima di osservare Jimmie. «Love Me Like There's No Tomorrow».

Mi chiamavano "Regina"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora