London, 1970

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Londra, 1970

«Un giorno ti amerà,» cantilenò il castano, mentre il corvino annuiva ironico, «vi fidanzerete,» il ragazzo accanto a lui alzò gli occhi grigi al cielo, «vi sposerete,» ancora numerose smorfie retoriche da parte dell'amico, «avrete dei figli...»
«Sto prendendo la pensione col pensiero, smettila, Jeff» scherzò.
Erano poggiati al muro mantenendo uno il basso e l'altro la chitarra e aspettando che l'ultima esibizione in quel minuscolo bar segnasse la loro storia di lì in poi.
A pochi metri di distanza, con la schiena contro un furgoncino rosso, due ragazzi attendevano con loro.
Una ragazza dai capelli biondi e grandi occhi color zaffiro ascoltava con aria annoiata ciò che l'altro aveva da dirle.
«Vedi, o no, Bred?» continuò Jeff a bassa voce.
«Cosa dovrei vedere?» chiese lui incrociando le braccia. «Guarda come la guarda... e pensare che tra poco ci lascerà da soli...»
«Non lui!» ribatté il castano. «Sennò dovresti vedere anche come la guarda quello...» e indicò un ragazzo dai capelli scuri che esitava ad entrare nel bar, intento ad osservare lei, «o quello...» spostò lo sguardo verso un altro, «o quello...» ancora un altro, «o perfino te, Bred».
«Allora cosa dovrei vedere?» domandò Bred irritato.
«Che Jim le sta parlando tentando di farle capire perché lascia la band, perché lascia lei. Per fargli capire come la pensa, guarda cosa, o, meglio, chi ha rapito gli occhi della nostra Rob».
Il ragazzo scrollò le spalle e guardò l'amica che a sua volta lo osservava.

Distolse immediatamente lo sguardo e continuò a guardare la spalla di Jeff come se fosse la cosa più interessante del mondo.
«Visto?» domandò il ragazzo. «Tutti la guardano come fessi, ma lei ha occhi solo per te».
Bred alzò le iridi grigio caldo al cielo, prima di tornare a puntare lo sguardo sulla manica dell'amico.
«Ti sei sporcato con qualcosa» notò cambiando argomento.
Jeff sorrise. «È stata colpa di Robbie, mi ha toccato la spalla con le mani sporche di motore».
Serrò la mascella. «Perché deve far parte sempre di tutto ciò su cui mettiamo bocca?»
«Non so... Forse perché vorresti che lei mettesse la bocca su di te?»
Bred sorrise e battè il cinque all'amico. «Ammetto che questa era bella... ma, davvero, smettiamo di parlare di lei».
«Stavi letteralmente per uccidere Jim quando l'hai sentita piangere!»
«Non l'ho fatto, non ho colpe» si giustificò Bred.
«Non l'hai fatto solo perché io ti ho convinto che non c'erano prove che dicevano che era colpa di Jim!»
Il chitarrista porse un'occhiata divertita all'amico, guardò l'orologio e, accompagnato dal bassista, dal batterista e, ahimè, per l'ultima volta in vita sua, da quel cantante, entrò nel bar.

«Ve lo confido, ragazzi, non mi è mai piaciuto Jim, nonostante sia la ragione che mi ha condotto da Robbie, Bred e Jeff... L'ho sempre trovato troppo esaltato, anche per i miei standard. E, credetemi, sono alti. Sono giganteschi. No, di più. Sono disumani... Ma, invece di parlare di me (anche se, devo ammetterlo, è un ottimo argomento), come promesso vi ho raccontato l'unica storia d'amore mai stata tale che ho avuto sotto gli occhi quando ero viva».
Ho una nota di rimpianto nella voce, lo so benissimo.
Mi mancano tanto.
Sento la mano di Jimmie stringere la mia e le sorrido, mentre, davanti a noi, Robert Rayford, uno dei ragazzini più vivaci che ho avuto la fortuna di incontrare qui, è seduto accanto a Rudol'f Nureev, ballerino di fama internazione che ho sempre ammirato.
«E non hanno mai parlato di te?» domanda Rayford.
Scrollo le spalle in una perfetta imitazione di Jeff. «"Freddie è sempre stata una vera professionista, voleva fare le cose in grande e in modo meticoloso. Non avrebbe potuto tollerare di correre il rischio che qualcosa di suo potesse essere considerato da quattro soldi"».
Scoppio a ridere all'occhiata severa di Jimmie.
«Era in lacrime quando lo ha detto, non mi sembra carino riderci sopra!» ribatté seria.
Le bacio delicatamente la guancia.
«E poi?» mi incita Nureev.
Incrocio le braccia con l'aria altezzosa tipica di Bred. «"Una ragazza minuta con sogni più grandi di lei. Una giovane normale che è diventata una sorella per Rob, Jeff e me"».
«Ancora, dai!» pretende Rayford.
Rimango col fiato a mezz'aria per un po'.
«Non avevi tre amici?» domandò.
«Beh, sì...»
«E allora? Cos'è che ha detto su di te quell'altra?»
«Abbiamo... un conto in sospeso...» spiego in un sussurro. «Non ha detto molto sul mio conto...»
Il sedicenne mi osserva dispiaciuto.
«Però una cosa ha detto» riprendo continuando a sorridere, prima di guardare ognuno di loro con lo sguardo corrucciato e rabbioso di Robbie. «"In una sola vita? Impossibile"».
Rayford ride divertito. «E non ti mancano?»
Sospiro.
«So che si fanno compagnia a vicenda, sono solo leggermente preoccupata per Disco Deaky, ma ce la farà, credo in lui».

A dire la verità, mi mancano da morire.
Non saprei resistere altri dieci anni senza vedere Jeff.
Eppure, non posso rivelarlo neanche a Jimmie, si preoccuperebbe troppo.
Non hanno bisogno di una Freddie Mercury malinconica, non servirei a nulla in quello stato.
Non mi resta che fingere, in fondo, sono solo una grande bugiarda.

Mi chiamavano "Regina"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora