Everything Was Fading

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Arriviamo al 22 maggio del 1980, evitiamo il fatto che diventai madre, mi trasformai in uno zombie isterico... No, Bred, non sono affatto isterica di mio, taci.

Ok, forse un po'...

Ma capita a tutti il giorno no, giusto?

Ah, e poi io avevo un'ipotesi... Va bene, io e Bred avevamo un'ipotesi... Ok, solo Bred ce l'aveva questa fottuta ipotesi, ma non è questo il punto!
Crediamo... cioé, crede che le donne continuino a voler avere figli perché dimenticano il dolore... cioé, gli esseri umani in generale dimenticano il dolore e di conseguenza anche le donne... Sentite, non ci ho capito una mazza, lo dico solo perché è stato argomento di discussione per un anno.
Un intero fottuto anno.
Cos'è che gli ha dato modo di ideare quest'ipotesi?
Modestamente, io.

Mentre io e il mio migliore amico discutevamo sul ruolo genitoriale peggiore, Freddie e Jimmie si amavano, lei corteggiava... beh, lei... Ok, è difficile non ripetere i nomi quando hanno gli stessi pronomi... Vabbé, Jimmie era una persona talmente romantica da farti morire di diabete, sopportava Delilah, Freddie l'aveva definita sua "moglie", eccetera, eccetera, insomma, cose noiose... o quasi (gossip di prima scelta. Morte e lutti. Chiedetemelo dopo).

In questo periodo facemmo i due concerti che io mai potrò dimenticare.

Ma non perché siano stati positivi, tutt'altro.

Insomma, il primo avvenne agli inizi di giugno (se dico la data inizio a ricevere insulti e, fidatevi, per come continua la storia, voglio evitare), il secondo verso la fine di luglio.

L'ultimo dei due finì come sempre molto tardi.
Talmente tardi che dormimmo tutti in quella casa che tanto amavamo.

Se scoppio a piangere, date un pugno a Bred, così mi sento meglio.

Continuando, Freddie iniziò in modo preoccupante a diventare magra come uno stuzzicadenti in pochissimo tempo.
Capitava che la mattina si svegliasse con tre chili in meno rispetto alla sera prima, ma, davvero, in questo momento non ha nessuna importanza. Giuro.

Ok, non credetemi nemmeno se vi pagano, sto dicendo una stronzata.

Ma voi credetemi, eh!

Ritornando a quel concerto di merda che finì talmente tardi che dormii solo due ore... non solo per l'orario, ma lasciamo perdere.

Non so cosa accadde a Jeff, perché iniziò ad essere sospettoso di tutto ciò che Friederike faceva o diceva.
Faceva davvero paura.
Aveva come un sesto senso e riusciva a sapere perfettamente quando la nostra amica mentiva.

Avesse saputo qual era davvero la verità e avremmo fatto una crociata contro il mondo, ma lasciamo nuovamente perdere.

L'ultima cosa che vide quella notte prima che andassimo a letto fu Freddie che nascondeva qualcosa sotto la mia batteria.

Quindi, cosa può esserci di meglio che andare a controllare alle quattro di notte?

Così Jeff allungò la mano sotto la batteria ed afferrò una copertura di plastica.
Delilah continuava imperterrita a fare le fusa al suo braccio e la paura, il gatto ed il buio della notte rendevano assai difficile la situazione.
Il mio amico tremava senza un motivo, mentre la sua mente urlava solo "Stupido, muoviti a scoprire cosa c'è lì sotto!".
Così, finalmente, si decise ad estrarre l'incarto color crema, prima di leggere la piccola scritta in stampatello che occupava la targhetta di carta.
"FASCICOLO ACCERTAMENTI"
Inghiottì il groppo di puro terrore che avanzava mutandosi in un urlo e trattenne il fiato. Chiuse gli occhi e cercò di convincersi che quello era solo un crudele incubo e che, se anche fosse stato vero, nessuno di noi quattro stava davvero male.
Però, quando riaprì gli occhi, il fascicolo era ancora lì e la paura non era scomparsa.
Sì alzò piano, poggiando la cartella a terra, e andò dritto al piano di sopra verso la camera di Bred.
«Bred» sussurrò aprendo la porta.
Bred sonnecchiava occupando tutto il letto, condiviso solo dalla sua chitarra.
«Bred» riprovò Jeff, avvicinandosi verso il ragazzo.
«Robert, se hai sognato di nuovo Delilah che uccide i tuoi genitori, mettiti per terra come al solito, ma, ti scongiuro, non mi svegliare».
«Bred, sono io, Jeff. Ti prego, svegliati».
Il chitarrista si voltò verso Jeff con la bocca ancora impastata dal sonno e lo sguardo offuscato dal buio notturno.
«T-tu hai detto che F-freddie stava diventando m-molto magra senza un apparente motivo... e... e hai s-supposto che avesse preso una brutta influenza dopo a-aver cantanto con quello strano costrume e... e... oddio, Bred...» balbettò il ragazzo con le lacrime agli occhi.
«Jeff, calmati. Che cos'è successo?»
«Sotto la batteria di Robbie... ho trovato dei fogli... credo siano di uno studio medico e... e t-tu sei quello che ne sa più di tutti in medicina... p-potresti... per piacere...»
«Calmati, Jeff, scendiamo, vieni» proferì Bred cercando di rassicurarlo.
Il ragazzo annuì furiosamente e seguì il mio migliore amico al piano di sotto.
Bred si accomodò accanto alla mia batteria, mentre Jeff gli porgerva il fascicolo.

Così i due ragazzi pensavano di poter scoprire qualcosa di enormemente superiore a noi quattro da soli.

Certo che erano parecchio scemi.

Bred prese i fogli con mani tremanti e, mentre era sul punto di conoscere la grande verità, lasciò il tutto come se fosse fuoco.
«Non ce la faccio» sentenziò. «Voglio che ci sia anche Robbie».
Jeff posò lo sguardo sui fascicoli, li raccolse, li gettò sul tavolo e insieme a Bred si diressero in camera mia.

«Rob... Rob, dai, svegliati» sussurrò con voce strozzata Bred, scuotendomi dolcemente.
«Sono... sono sveglia» borbottai sbadigliando.
«Shhhh» fece Jeff, posizionando l'indice davanti le labbra.
«Che succede?» domandai piano.

E così ci ritrovammo alle quattro e un quarto di notte seduti al tavolo.
Lo stesso tavolo dove era iniziato tutto; dove anni prima avevamo scritto Keep Yourself Alive, dove Freddie aveva dormito e si era svegliata urlando, lo stesso spazio di legno nel quale Jeff e Friederike avevano scelto il nome di Bohemian Rhapsody.
Era proprio lì che avevamo accolto la madre di Fred' e poi complottato per il suo "bene".
Anni prima nello stesso punto avevamo litigato per la prima volta.
Tempo addietro era stato su quel tavolo che avevamo organizzato il piano perfetto per cercare Jimmie e far sì che anche la vita sentimentale della nostra amica fosse compiuta.
Ed ora, proprio come tutto era iniziato, si stava spegnendo man mano.
E, come se la mia vita scorresse davanti ai miei occhi ancora una volta, intorno a noi è facile riosservare il vetro infranto e i pezzi di porcellana, vedere di nuovo le mani tremanti della signora Bulsara tendere un'altra possibilità alla figlia, avvertire la presenza di Delilah che gironzolava spaesata per la prima volta tra quelle sedie e riordinare ancora una volta i fogli spiegazzati e maltrattati.
Si notano le bottiglie di birra che, come candele di un rituale, incorniciavano le nostre giornate.
E il primo bicchiere che Freddie cercò di offire a sua "moglie", ve lo ricordate?
Tutto stava svanendo, scivolando via piano e silenzioso dalle nostre mani stanche per averlo trattenuto tanto a lungo.

Bred aprì con la massima cura e attenzione la cartella contenente i fascicoli. Friederike non doveva assolutamente sapere che avevamo frugato nelle sue cose, si sarebbe infuriata e, cosa peggiore, avrebbe avuto ragione.
Dopo aver letto il tutto, Bred restò impassibile.
Stava usando il suo trucchetto e io lo conoscevo bene.
«Bred, non fare così» sentenziai.
«Sì, non importa della notizia, vogliamo sapere» incalzò Jeff.
Il ragazzo attese un attimo, prima di posare i fogli sul tavolo.
«HIV» sospirò infine il mio migliore amico.
Ragazzi, non che sia ignorante, ma non me ne intendevo di scienze, astronomia e roba del genere. In sostanza, Bred aveva parlato arabo per me.
«Non ci credo...» proferì Jeff.
«No, fermi... Che diamine è l'HIV?»
«Robert, Freddie ha l'AIDS» spiegò Bred.
Era irritato, scocciato, esausto.
Lo capivo.
Avrebbe dovuto dircelo, almeno avremmo capito come comportarci con lei.
Insomma, sulle parole da usare, come trattarla.
E invece no.
Forse, però, era proprio ciò che Friederike desiderava e, come sempre, noi non eravamo maestri nell'arte del rispettare le scelte altrui.
Ma non le dicemmo nulla. Cercammo di comportarci come sempre, ovviamente nei limiti della nostra sfera emotiva.
Freddie non seppe mai cosa successe quella notte del 1980, quello, almeno fino ad ora, è un segreto custodito nella mente di noi tre e nel ricordo di quella che era e sarà sempre la nostra Fred'.
Perché una ragazza che trascinava tutti nella più immensa ed insensata felicità, sorprendendo con la sua empatia e con la sua gioia di vivere non meritava ciò che le è stato inflitto a vita.
Almeno, non quando aveva appena scoperto cosa significava vivere veramente.

Perché non esiste giorno che Bred non si volti dietro di sé, con il viso rivolto verso il cielo, e sussurri «Sei stata la mia miglior paziente».
Non esiste minuto che Jeff non guardi una tua foto, rivolendoti indietro, al suo fianco, lo conosco abbastanza bene per saperlo.
Non esiste attimo in cui io non ti lasci andare, perché non lo accetto, Fred', non accetto che, per risparmiarmi lacrime che comunque ci sono state, te ne sei andata senza dirmi niente, mentre correvo da te...

Eppure ci arriveremo, abbiamo ancora tanto da spiegare.

Mi chiamavano "Regina"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora