Come dicevo, in quell'anno era accaduto di tutto, ma proprio tutto, perfino che Fred' perdesse la testa per una che, primo, non conosceva e, secondo, non era nemmeno così bella.
Scoprimmo in seguito che il suo nome era Jimmie, ma una cosa per volta.
Il 1975 non voleva proprio finire e, davvero, Friederike più di tutti aveva bisogno di un nuovo anno.
Fu un sabato sera quando, ritornando a casa, la trovammo seduta per terra sommersa tra fogli con Delilah in testa.
«Fred',» incominciai, «che stai facendo?»
Si asciugò di sfuggita una lacrima che non avevo notato e mi porse un foglio.
"Love Of My Life", queste erano le parole che precedevano un pentagramma pieno zeppo di note improvvisato trai quadretti.
«Tutto bene, Freddie?» domandò Jeff, sedendosi accanto a lei.
Delilah miagolò forte e scese con un balzo dal capo della sua padrona per poi sgusciare tra le gambe del ragazzo.
La corvina annuì.
Le tolsi della tempera dai capelli corti.
«Certo, Fred'...» risposi ironica. «Cos'è successo?»
«Niente» ribadì.
Bred si appoggiò al muro incrociando le braccia con aria di superiorità.
«Sicura?» domandò.
Lei annuì scocciata.
«Tanto non potreste capire» commentò in un sussurro, prima di ritornare ad immergersi trai suoi fogli e la sua musica.
«Siamo meno geniali, non completamente stupidi» disse in tono gentile Jeff. «Magari ti tiriamo su il morale».
«Sapreste cambiare il passato?»
«No, ma...»
«Allora è meglio che non facciate nulla» sentenziò.
La osservai meglio.
Ora, potevo definirmi discretamente brava ad intuire le cose e ciò che vedevo non era il massimo della felicità, ovviamente.
La chioma color carbone che le arrivava sulle spalle era cosparsa di tempera rossa e azzurra, probabilmente aveva colorato con dei pastelli da disegno.
Gli occhi erano leggermente gonfi, quindi non era da molto che piangeva.
Aveva le gote arrossate e un graffio sotto la mascella... ok, potevo scommettere tutto l'oro del mondo che quella non era opera di Delilah, non avrebbe graffiato la ragazza neanche per gioco.
Le porsi la mano e la aiutai ad alzarsi: tremava.
Si risedette per terra sbuffando.
«Come te lo sei fatto?» chiesi, indicandole il taglio.
«Delilah» rispose secca.
«Non ci credo».
«Sono caduta... Mi sono tagliata col coltello... Ah, mbaya Robbie!» esclamò sull'orlo dell'isteria.
«Cosa?» domandai cercando di trattenere le risate.
«Mbaya, ukatili, wajinga Robbie!» ripeté infuriata.
Scoppiai a ridere.
«Ok,» sospirò Bred, «ha detto "cattiva", una parola che non conosco e un'altra parola che non conosco».
«Ma la fate la scuola qui in Inghilterra?» ruggì la corvina.
«Fred', non parlo africano».
«Non è "africano"!» rispose infuriata.
Porsi un'occhiata divertita a Bred.
«È swahili» la difese lui.
Sbuffai.
«Che ti sei fatta?» richiesi.
Friederike chiuse gli occhi e inspirò profondamente, prima di scattare tra le mie braccia e scoppiare a piangere.
«Alikuja... Alikuwa hapa...» singhiozzò.
Vidi un disegno sul tavolo, così mi staccai piano da Freddie e mi diressi verso il foglio di carta.
Era un ritratto.
Era stupendo.
La figura della signora Bulsara ricopriva il primo piano del foglio.
«Fred',» la chiamai, «che cos'è questo?»
Si avvicinò in silenzio. «Da piccola quando ero da mia zia e mi mancava mia madre la disegnavo, così da averla sempre con me... Ho sperato che magari mi avrebbe aiutato anche questa volta...»
Anche Bred e Jeff si avvicinarono ad ammirare l'opera di Friederike.Lo devo ammettere, anche se ho sempre cercato di negarlo, ora che ci ripenso attorno a quel tavolo riuniti a consolare Fred' continuo ad illudermi che eravamo una famiglia.
«Cos'è successo, Freddie?» chiese cauto Jeff.
Ovviamente solo lui avrebbe saputo consolarla, con i suoi modi pacati, non con la mia acidità e nemmeno con l'aura da superiore che emetteva Bred, solo con un semplice e sincero aiuto.
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Mi chiamavano "Regina"
Teen FictionAvere un obiettivo è la più grande dichiarazione di guerra che fai a te stesso. Sai di dover lottare. Sai di dover resistere. Sai di dover annientare pregiudizi e vecchie tradizioni. Non mi aveva mai detto nessuno che mi sarebbe costato il mio s...