Capitolo 1: Incontri

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Sentii il respiro affannato. Il sudore attraversava inesorabile la mia pelle. Il panico stava prendendo il sopravvento. 

- Ti prego Courtney, se davvero non c'entri nulla, fammi uscire da qui. Soffro di claustrofobia.

Potevo percepire la preoccupazione di Courtney alle mie parole interrotte dalle lacrime.

Lei non c'entrava nulla. Il mio giudizio era stato troppo affrettato.

- Cerca di fare respiri profondi, troveremo una soluzione.

La luce si riaccese all'improvviso mettendo in risalto un oggetto luccicante fuoriuscire dalla tasca dei miei pantaloni. Era una chiave, e di certo non era quella di casa mia. Senza aspettare un secondo di più, Courtney provò a infilarla nella serratura della porta. Rimasi sbalordita quando questa si aprì. Courtney, in quel momento, mi guardò con fare sospettoso.

- Che significa questo Sharmila?

- Non... Non ne ho idea. Non sapevo nemmeno di averla in tasca. Quel tizio... K, credo che dovremmo trovare lui per capirci qualcosa.

Courtney fece un sospiro. Riguardò la chiave e poi tornò a guardarmi negli occhi. La luce che proveniva dal corridoio esterno illuminava il suo volto. Era davvero una bella ragazza dovevo ammetterlo.

- Diciamo che ti credo, tuttavia non sono tanto sicura di voler trovare questo K, è meglio andarsene subito da questo posto. 

- Sono d'accordo.

Prese la mia mano e mi aiutò ad alzare.

- Lo smalto nero però è passato di moda tesoro. Sono una modella me ne intendo di queste cose - disse sorridendo.

- Questo invece non è passato di moda - risposi mostrandole il dito medio e ricambiando il sorriso.

Uscendo dalla stanza ci trovammo in un corridoio alquanto lugubre. L'illuminazione era minima e attaccati ai muri vi erano dipinti di ogni genere. Persone in posa, paesaggi di montagna, rappresentazioni gotiche. Amavo i dipinti e l'arte in generale. Quella piccola distrazione mi permise di non subire un altro attacco di panico.

- Ti senti bene Sharmila?

- Si ora sto molto meglio, grazie.

- Non soffri anche in questo corridoio? Anche questo è un ambiente chiuso.

Sorrisi dopo quella domanda. Tutti pensano che coloro che soffrono di claustrofobia abbiano le stesse identiche paranoie, senza pensare che invece è una paura che si scatena solo all'avverarsi di condizioni che variano da persona a persona.

- No Courtney non funziona così. Non basta un ambiente chiuso a terrorizzarmi. Diciamo che ci sono in ballo diversi fattori.

In quel momento notammo che nel corridoio vi erano altre tre porte uguali a quelle della nostra stanza.

- E se ci fossero altre persone intrappolate qua dentro? - Chiesi terrorizzata.

Non fece in tempo a rispondermi che una di quelle porte si aprì.

Uscirono due uomini questa volta. Uno di loro era molto alto, un metro e novanta circa, aveva dei tatuaggi sulle braccia e portava una lunga barba incolta, brizzolata come i capelli. Quello a suo fianco invece sembrava avere qualche problema. Era affetto da molti tic nervosi. Si notava soprattutto nei movimenti della testa e degli occhi. Era biondo, molto magro, quasi anoressico. Avrà avuto 30 anni al massimo. Fu il primo dei due a rivolgerci la parola:

- C... C... Ciao! M... M... Mi chiamo He... Herb. Lui invece è... è... Er... Er... Erwin.

Era anche balbuziente. Ad ogni modo nella mia vita avevo imparato a non giudicare le persone dall'aspetto esteriore. Lo sguardo inorridito di Courtney invece dimostrava che la pensava diversamente al riguardo. 

Non ebbi il tempo di rispondere a Herb, che Erwin fece una domanda:

- voi ricordate come siete finite qui?

A quanto pare eravamo tutti sulla stessa barca.

- No. Non sappiamo dove ci troviamo e prima di oggi nemmeno ci conoscevamo.

Erwin fece una smorfia poi mi guardò. Il suo sguardo era duro, di quelli che mettono soggezione.

- Provate a parlare con questo tizio, si ricorda pure quando è nato.

- Non ci trovo nulla di strano, tutti ricordano il giorno del proprio compleanno - rispose Courtney.

Erwin accennò un sorriso beffardo e ribatté:

- Forse non mi sono spiegato bene. Herb ricorda qualsiasi cosa. Si ricorda persino i dettagli del volto di una persona che ha conosciuto quindici anni fa. Dice che la sua è una malattia.

- S... S... Si chiama i... i... Ipertimesia.

- Quindi sai come sei arrivato qui? - Chiesi piena di speranza.

- S... S... Sì, ora ve lo ra... Ra... Racconto. 






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