Capitolo 96: La storia di K - 5° parte

703 84 33
                                    

Urien

Iniziai a correre con Deneb lungo i corridoi del palazzo delle cortigiane. Molte di loro intuirono le nostre intenzioni restando a bocca aperta, altre erano riuscite ad assistere alla scena gridando allo scandalo e spettegolando in tutto il palazzo. Non m'importava nulla di loro, delle opinioni altrui, delle conseguenze del mio gesto. Non m'importava più nemmeno della pace dei regni. Molti avrebbero potuto considerare il mio gesto come atto di profondo egoismo nei confronti del popolo e della corona, ma non m'importava nemmeno di quello mentre mi facevo largo tra le fila di cortigiane e ora anche tra le guardie nel palazzo. L'unica cosa di cui m'importava era Deneb. Era stata lei ad aver creato una breccia nel mio cuore, a far diventar uomo uno stolto ragazzino, a mostrarmi il vero significato dell'amore e della natura stessa. La pace non può nascere dalle carte di un matrimonio combinato, non può regnare l'ordine in una nazione che non rispetta i principi della natura. Quale dignità, quale orgoglio, quale merito, quale pace avrei mai potuto ottenere nel non udire ciò che il mio cuore urlava incessantemente ai pensieri da molti anni a questa parte? Deneb era come una splendida eclissi in grado di oscurare ciò che di più orrido e ripugnante era nascosto nel mio carattere. Mai avrei permesso che qualcuno me la portasse via, mai avrei permesso a qualcuno di ostacolarci. Mai.

Giunto alla soglia dell'entrata vidi padre Christopher con i cavalli pronti come gli ebbi chiesto poc'anzi. Con sorpresa notai un secondo cavallo oltre al mio. Il prete d'un tratto disse chinando il capo:

- Sempre se non vi rechi fastidio, mio signore, la mia anima desidererebbe ardentemente seguirvi nel vostro viaggio.

Feci un sorriso domandando:

- Posso chiedervi il motivo di questa vostra decisione padre?

- Il Signore in cui credo ha insegnato a noi chierici il principio dell'amore. Voi state sfidando l'uomo, state rischiando la vita per l'amore stesso. Non esiste nulla di più nobile e divino delle vostre azioni.

Anche Deneb sorrise in quel momento e acconsentì alla richiesta di padre Christopher.

Montammo tutti e tre a cavallo scappando dal grigiore di quella che non era altro che la sbiadita immagine di ciò che era la vera essenza della vita.

Tra non molto i cavalieri di Celatreum ci avrebbero inseguito. Il mio gesto, in contrasto con gli accordi di guerra e la futura pace, era considerato alto tradimento e l'unica punizione possibile per questa mancanza, era la morte.

- Vedo che sapete destreggiarvi bene a cavallo padre. Non è tipico per i chierici.

Christopher iniziò a ridere, dopodiché rispose:

- Mio padre era cavaliere di Celatreum, m'insegnò lui mentre ero ancora bambino e prima che scegliessi la vita religiosa. Sapevo che i suoi insegnamenti mi sarebbero serviti un giorno.

D'un tratto vidi in lontananza i cavalieri di Celatreum avvicinarsi a noi a gran velocità.

- Mio signore siamo troppo lenti!

- Tenete bassa la testa padre! Deneb, reggiti forte!

Provammo a far correre più velocemente i cavalli, ma il tentativo fu inutile. I cavalieri erano ormai a pochi passi da noi.

D'un tratto il cielo divenne buio. Il sole venne coperto da oscure nubi. La notte giunse all'improvviso cogliendoci tutti di sorpresa. Tutti meno che...

Deneb.

Era stata lei. Stava utilizzando i suoi poteri. Avrei voluto aiutarla, ma non avevo ancora la piena padronanza di tali poteri come lei.

Guadagnammo qualche secondo sui cavalieri, ma non appena i loro occhi si abituarono alla notte, ci raggiunsero nuovamente.

Sentii in quel momento Deneb prendere la spada dal mio fodero e sguainarla contro di loro.

- No Deneb non farlo! Non macchiarti le mani di sangue!

- Vorrei evitarlo, ma allo stesso tempo non voglio rinunciare a tutto questo per i loro folli ideali!

D'un tratto sul fianco sinistro, vidi sopraggiungere un cavaliere solitario a cavallo. Era più distante rispetto agli altri e cavalcava molto più velocemente. In un primo momento, a causa della notte, non riuscii a riconoscerlo, ma dopo pochi istanti, dalla sua lucente e spaventosa armatura nera, riconobbi mio padre, Re Oddvar, che si avvicinò al mio cavallo.

- Padre vi prego, non ostacolatemi! Sono consapevole del mio gesto e delle conseguenze, ma è questo ciò che voglio e che ho sempre desiderato!

Mio padre rimase in silenzio.

Di nuovo quel maledetto e assordante silenzio.

D'un tratto alzò il braccio tenendo la mano aperta. Conoscevo quel gesto. Nel momento in cui avesse chiuso la mano a pugno, i suoi uomini ci avrebbero attaccato senza pietà.

- Padre ve ne supplico! Le nostre terre hanno visto troppo sangue. Evitate questo inutile scontro!

L'orgoglio e lo spirito guerriero di mio padre erano così forti che dentro di me ero consapevole che le parole non sarebbero valse nulla. Avrebbe dato il suo ordine e la natura questa volta si sarebbe macchiata del nostro sangue, tuttavia ero disposto ad accettare questa sorte. Per Deneb. Avrei affrontato mio padre e i cavalieri permettendole di scappare. Ripresi quindi la mia spada dalle sue mani, ma non ebbi il tempo di puntarla contro il re che egli diede l'ordine.

Mi accorsi in quell'istante che mio padre non ebbe stretto il pugno.

Stava semplicemente ruotando la mano. Quell'ordine indicava una ritirata generale.

I cavalieri dietro di noi si fermarono tornando sui loro passi in direzione del castello.

Rimasi sbalordito. Mai mi sarei aspettato un simile gesto da mio padre.

- Figlio mio, non commettere i miei stessi errori. Se è lei la donna che desideri, se è questa la vita che brami, allora infuoca il tuo animo e affronta le intemperie! Io non sarò più in grado di proteggerti, ma vedi questa armatura? Questa armatura non conosce sconfitta. Sarà lei a proteggerti per conto mio. Non appena sarà tutto finito io te la donerò. Addio figliolo, abbiate cura di voi e della vostra famiglia!

Re Oddvar tornò indietro mentre le mie lacrime accarezzavano i ciuffi d'erba sul terreno. Vidi la sagoma della sua nera armatura svanire all'orizzonte assieme alla mia vecchia vita. In quel momento Deneb tornò a far risplendere il sole e le nostre anime erano ora più forti e unite che mai.

***

Negli anni a seguire i due regni riuscirono tramite nuovi accordi a ottenere la tanto agognata pace. Del mio gesto non rimase che un eco nelle bocche dei villani che si dilettavano a narrar di leggende e amori impossibili.

Io e Deneb andammo a vivere in un piccolo villaggio situato presso le terre di nessuno. In quelle terra padre Christopher fece costruire una sua chiesa nella quale io e lei ci sposammo.

Continuai ad allenare i miei poteri e le mie abilità nel combattimento nonostante le promisi che mai la mia spada si sarebbe impregnata di sangue.

Mio padre nel frattempo mantenne la promessa donandomi sua nera armatura.

Dopo un paio di anni Deneb mi rivelò che nel suo grembo una nuova vita era pronta a veder la luce.

Reality Horror ShowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora