Capitolo 92: La storia di K - 1° parte

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L'incessante pioggia ticchettava da giorni sul terreno e sulle rocce mentre la luce dei lampi illuminava le sanguinose notti. La guerra durava ormai da decenni, ma ora, grazie al Re, mio padre, tutto poteva finalmente cambiare. I soldati del regno di Alvalon continuavano a darci la caccia, giorno e notte, come fossimo bestie. Erano noti per la loro destrezza nell'affrontare il gelo e le intemperie. Noi invece, cavalieri di Celatreum, eravamo ineguagliabili nell'uso della spada, nostro unico strumento di difesa dalla notte dei tempi. Mancavano pochi giorni alla fine di questa lunga guerra, il necessario per far sì che mio padre, Lord Oddvar, terminasse le trattative con il nemico. Un matrimonio combinato, era l'unico modo per porre fine agli spargimenti di sangue. Nel momento in cui avrei raggiunto l'età di matrimonio, avrei dovuto prendere la mano di Lady Isabelle, figlia del sovrano di Alvalon. Mio padre, da nobiluomo, m'informò di questa condizione prima di partire per i negoziati, senza tuttavia chiedermi il consenso. Per mia fortuna, non ebbi nulla in contrario in merito alla decisione del Re. L'unica cosa che bramavo ardentemente, era l'eterna pace tra i regni. Pace la quale ero certo sarebbe arrivata considerate le capacità negoziali di Lord Oddvar e gli svantaggi che la guerra portò da decenni a entrambi i popoli. Sarebbe arrivata... Ma non prima di questa notte.

I cavalieri di Celatreum mi portarono con loro in ricognizione nei vicini confini. Era più sicuro stare sotto la loro protezione piuttosto che al castello senza la presenza del Re, ma quella notte fummo alquanto sventurati. Lungo il girovagare nelle foreste, avvertimmo d'un tratto un flebile rumore di passi nelle vicinanze. Mentre il comandante e il capitano del I Battaglione discutevano sul da farsi, i rumori dei passi divennero sempre più frequenti e incessanti. I cavalieri sguainarono le loro spade ormai certi che si trattasse di un'imboscata. I secondi passavano lunghi e incessanti mentre la tensione divorava le nostre anime. Nessuno era mai riuscito a tenderci un'imboscata, ma quella notte non fummo abbastanza attenti da evitarla.

Dopo alcuni istanti, al rumore dei passi si unì il violento ringhiare dei lupi. Capimmo solo in quel momento che non si trattava di un'imboscata dei soldati nemici, ma bensì di diversi branchi di lupi. Quando lo capimmo fu troppo tardi. Questi si scagliarono su di noi con tutta la loro furia, pronti a saziare i loro appetiti.

Urla, grida di dolore, lamenti, sangue, ferocia. I lupi erano innumerevoli e, avvantaggiati dalla notte e dalle intemperie, riuscirono ad avere la meglio sulla maggior parte di noi.

Cosa avrei potuto fare, io, Lord Urien, bambino di 13 anni che perse la sua spada nella notte a causa del logorio del fodero, circondato da un branco di lupi e dal sangue dei nostri cavalieri?

Con gli occhi in lacrime e l'anima colma di vergogna, iniziai a correre alla ricerca di un riparo. Lupi e cavalieri erano così distratti che nessuno fece caso a me. Il ticchettio della pioggia e i rombi dei tuoni coprirono il rumore dei miei passi permettendomi di fuggire dal terreno di scontro.

Dopo diversi minuti riuscii a trovare riparo sotto una grande roccia nelle cui vicinanze, i numerosi cespugli, mi avrebbero permesso di rimanere nascosto almeno per un po'. La paura più grande al momento, era che se i lupi avessero avuto la meglio e la loro fame non si fosse placata, con l'olfatto sarebbero riusciti a individuarmi in pochi istanti. Un altro problema, tuttavia, destava ancora più preoccupazione al momento: i miei abiti erano pregni d'acqua e la temperatura dell'ambiente diminuiva sempre di più al sopraggiungere del cuore della notte. Il mio corpo tremava, un po' per la paura, un po' per il freddo e ahimè non ero capace di controllare questi fattori. Provai a stendermi sul terreno infangato mettendomi in posizione fetale per provare a scaldarmi.

I minuti passavano, ma era tutto inutile. Il freddo aumentava e la paura assieme ad esso. D'un tratto, come se non bastasse, sentii dei passi avvicinarsi lenti alla roccia. Non erano quelli di un cavaliere, erano troppo docili per rappresentare le nostre pesanti armature. Cercai di fare silenzio rimanendo immobile ma questi non accennavano ad arrestarsi. Appartenevano a una persona e non a un lupo. Chi poteva essere in quel luogo? Forse un guerriero di Alvalon? Continuai a starmene in silenzio mentre le lacrime scendevano inesorabili dai miei occhi la cui ormai unica immagine impressa era quella della morte.

Dopo pochi istanti, sentii una voce:

- Chi sei? Cosa ci fai qui?

Mi voltai lentamente verso la persona. Con sorpresa scoprii che si trattava di una bambina. Avrà avuto qualche anno in meno rispetto a me. Provai a farmi forza per risponderle, anche se il freddo non mi permetteva di parlare in maniera fluida.

- Io sono...

"No un momento, non devo rivelarle la mia identità, potrebbe essere una trappola" dopo questa riflessione decisi di sviare il discorso dicendo:

- Potrei farvi la stessa domanda.

- Mi chiamo Deneb e vivo in queste foreste.

Non sapevo se essere più curioso per il nome o per il fatto che vivesse da queste parti.

- Ma tu hai freddo! Aspetta.

Avvicinò le sue mani alla mia testa. Mi scansai, non ero ancora sicuro sulla veridicità delle sue parole. Deneb notò il mio rifiuto mostrando la sua desolazione.

- Volevo solo aiutarti.

- Forse non lo sapete, ma siamo in tempi di guerra. Le uniche persone di cui mi fido sono...

In quell'istante un lupo affamato comparve alle spalle della bambina.

- Attenta Deneb!

Raccolsi tutte le mie forze per proteggerla. Non avevo idea del perché lo stessi facendo. Fu una reazione istintiva. Non mi fidavo ancora di lei, eppure una parte di me vedeva del buono nei suoi occhi.

Mi misi in mezzo tra lei e il lupo provando in qualche modo a spaventarlo. Conoscevo i lupi. Sapevo che non sarei mai riuscito a farlo allontanare, tuttavia dovevo almeno provarci. Il mio cuore era ancora permeato dalla vergogna per aver abbandonato i cavalieri. Non potevo lasciare anche una bambina indifesa in mano al suo destino.

Come prevedibile, il lupo non si allontanò di un passo e il mio gesto lo fece incattivire ancora di più. Mostrò i denti lunghi e affilati. Avevo paura, dannatamente paura. Non riuscivo a controllare il tremore delle mie gambe. Ero certo che nel giro di qualche secondo si sarebbe scaraventato su di me, ma forse sarei riuscito a far scappare Deneb.

D'un tratto, per un motivo che in quel momento non riuscivo a spiegarmi, il lupo abbassò lo sguardo andandosene come se nulla fosse davanti ai miei occhi increduli. Mi voltai verso Deneb per assicurarmi che stesse bene e vidi un sorriso stampato sulle sue labbra mentre teneva le mani conserte in una posizione che mai ebbi visto in nessuna cultura.

- Hai ancora molto da imparare sulla natura, mio signore Lord Urien.

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