Capitolo 57: Mani insanguinate

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E' questo lo Xardas di cui parlava Noah? L'eleganza stile anni '50 spiccava più di ogni altra cosa. Indossava un abito grigio con pantaloni neri in velluto. Portava un borsalino sopra la testa e tra le mani teneva un'impermeabile nero che poggiò con cura sopra una sedia. Avvicinandosi a noi si tolse anche il cappello. Avrà avuto una quarantina d'anni, visibili dal capello brizzolato e la barba che non veniva rasata da almeno una settimana. I fratelli che fino a pochi attimi prima erano intenti a torturarci, ora erano quasi terrorizzati dinnanzi a questo incontro inaspettato. Cercavo di tenere gli occhi aperti e di non lamentarmi per il dolore, ma l'impresa era assai ardua. Il sangue continuava a sgorgare dalle mie gambe e più tempo passava, più mi sentivo debole.

D'un tratto Xardas iniziò a parlare rivolgendosi ai fratelli. La sua voce era grave e profonda.

- Sono davvero deluso da voi due.

- Padre, noi volevamo solo...

- Non menar parole come fosser fendenti Ezequiel. Il dolore sarebbe insopportabile.

Ezequiel smise all'istante di parlare.

Xardas squadrò me e Diane da cima a fondo. Potevo sentire il suo respiro pesante.

- Qual'alloggio è stato concesso agli ospiti?

- La... La... Stanza sotterranea.

Una collerica smorfia si dipinse sul volto di Xardas che fulminò i fratelli col suo sguardo severo.

- Portate la donna ai piani alti fornendole le maggior cure, dopodiché fuggite dal mio sguardo. Delle ferite dell'uomo, me ne occuperò personalmente.

In quel momento i miei occhi s'incrociarono con quelli di Diane. Le feci cenno con la testa in segno di fiducia. Non sapevo chi fosse questo Xardas, ma di certo ci aveva appena tolto da un'orribile situazione.

I fratelli liberarono Diane e l'accompagnarono fuori dalla stanza. Il loro atteggiamento era completamente diverso rispetto a pochi attimi prima.

Xardas sospirò, dopodiché tornò a guardarmi negli occhi avvicinandosi a me.

La mia vista ora era annebbiata. Sentivo il mio corpo privo del sangue necessario per rimanere cosciente. Forse Xardas avrebbe segnato la mia fine o forse avrebbe trovato un modo per aiutarmi.

- N... Non è una ferita s... Semplice da curare - affermai privo di speranze.

- Taci.

Il carisma di quell'uomo sembrava imponente come la sua voce. Ogni sua parola racchiudeva dentro di essa un ordine a cui tutti dovevano sottostare. La cosa peggiore è che, in quel momento, non riuscivo a comprendere se fosse una cosa positiva o meno.

Xardas poggiò le mani sui buchi nelle mie gambe sporcandosele del mio sangue. Questa volta non riuscii a trattenermi. Un verso di profondo dolore uscì dalla mia bocca.

Non appena tolse le mani, notai cicatrici al posto dei buchi e sentii il mio corpo riprendere lentamente le forze.

- Che cosa mi ha fatto?

- Abbiamo innumerevoli questioni di cui colloquiare, David Cooper.

- Come fa a sapere il mio nome?

Xardas prese il suo impermeabile dalla sedia e con la mano mi fece cenno di seguirlo. Mi sembrava tutto così assurdo. Le mie gambe che fino a pochi istanti prima sgorgavano sangue come fontane, ora erano perfettamente integre e il camminare non mi recava alcun dolore.

Seguii Xardas lungo i corridoi di quell'immensa villa finché non ci ritrovammo in una grande sala con una sorta di zona bar che si estendeva per diversi metri. Xardas mi invitò a sedermi su uno degli sgabelli dietro il bancone.

- Cosa gradisce l'ospite?

Non era il caso di bere alcolici, la situazione era già abbastanza surreale. Chiesi l'unica cosa che in quel momento avrebbe potuto aiutarmi.

- Ehm... Un caffè, se possibile.

Xardas fece un sorriso e dopo essersi lavato le mani sporche del mio sangue, iniziò a preparare il caffè. Nel frattempo poggiò sul tavolo un bicchierino versandoci del Whiskey.

- Potrei sapere come è riuscito a guarire le mie ferite?

Xardas mi passò il caffè e prese in mano il bicchierino di Whiskey.

- L'umana mente è limitata dinnanzi a singolari eventi. Non ho fatto né più né meno di ciò che è in nostra dote sin dalla nascita.

Utilizzava un linguaggio che pareva essere d'altri tempi. Tutte le volte mi ci voleva qualche secondo per rielaborare le sue frasi. Continuavo ad avvertire quella strana sensazione mista tra serenità e ansia. Cosa voleva davvero da me? Di cosa dovevamo "colloquiare"?

- Noto con piacere, detective Cooper, che l'umana curiosità trapela dal suo volto in forma assai simile a quella de l'infante. La prego, cominci a porgermi le sue domande.

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