Capitolo 97: La storia di K - 6° parte

728 85 67
                                    

Quel giorno, tornando a casa dopo aver coltivato i campi, mai mi sarei potuto aspettare ciò che vidi.

In lontananza un enorme fumo nero stava inondando l'orizzonte. L'acre odore di bruciato giunse alle mie narici. Iniziai a correre senza avere il controllo delle mie gambe. Il fumo proveniva dal mio villaggio.

Prima di arrivare vidi Padre Christopher venirmi incontro con la sua tonaca stracciata e carbonizzata.

- Mio signore, fuggite, non entrate nel villaggio! - Esclamò con il terrore negli occhi.

- Padre che sta succedendo?

- Il male mio signore. Il male è giunto da noi!

- Sono soldati nemici?

- No mio signore, è molto peggio! Datemi retta, fuggite!

- Dov'è Deneb? Come sta mio figlio?

Dopo quella domanda vidi in lui un istante di titubanza che fece ardere il fuoco nel mio cuore.

- Vi prego mio signore, ascoltatemi per un volta. Fuggite e dimenticatevi di tutto! So che è difficile, ma dovete farlo!

Mi voltai furioso verso il villaggio, dopodiché tornai a guardare il prete.

- Superate i campi padre, giungete nella foresta. Troverete diversi nascondigli grazie alle rocce.

Christopher adirato urlò:

- Urien! Ascoltami! Non farlo, dimentica tutto, ti prego!

Corsi verso il villaggio senza ascoltarlo. Non aggiunse altre parole.

Non appena arrivai, desolazione, malinconia e rancore si abbatterono sulla mia anima. Tutte le case erano state bruciate. Gli animali erano stati uccisi. Intere famiglie giacevano in una fossa comune mentre l'odore dei loro corpi carbonizzati sovrastava l'intero villaggio.

"No non può essere successo anche a Deneb. Lei è un'abile guerriera, è un Wyndyl, sarà scappata o per lo meno sarà riuscita a difendersi" pensai speranzoso.

Non appena i miei occhi si posarono sulla mia casa, quel barlume di speranza divenne sempre più fievole. Anche questa era stata interamente carbonizzata. Non appena poggiai la mano sulla porta, un pezzo di legno si sbriciolò al solo contatto depositando polvere nera sul pavimento ormai distrutto.

Appena entrato vidi il corpo di Deneb sopra il tavolo della sala principale distogliendo subito lo sguardo.

Per la prima volta nella mia vita provai puro terrore.

Chi poteva aver fatto tutto questo?

Chi era in grado di portare così tanta crudeltà in un piccolo villaggio come il nostro?

Mi voltai nuovamente verso di lei non riuscendo a trattenere le lacrime.

"Perché? Perché tutto questo?"

Nel suo corpo non vi erano più gli occhi e denti. La gabbia toracica era stata aperta e l'odore del sangue entrava dritto nella mia testa lasciandomi ferite indelebili.

Le guardai il grembo. Mio figlio era...

- Quale diavolo può aver fatto una cosa simile! - Urlai con tutto il fiato che il mio corpo possedeva.

Mi accasciai in ginocchio sul pavimento privo di speranze con un ardente desiderio di vendetta. L'unica cosa che volevo, era conoscere l'artefice di tutto questo. In questa maniera avrei potuto riservargli lo stesso trattamento.

Mio figlio, la mia Deneb, ora non c'erano più. Cancellati dalla storia con atto meschino e crudele. Avvertii la mia anima sola, smarrita, in mezzo alla più profonda oscurità.

D'un tratto avvertii una lama poggiarsi sulla mia nuca e una voce grave e profonda penetrare le mie orecchie.

- Il volere di Sherfometh è stato soddisfatto. Il sacrificio della vostra donna e del pargolo in grembo hanno ripristinato il naturale equilibrio. Dovete esserne orgoglioso giovane Wyndyl. Per completare l'equilibrio, tuttavia, mancate solo voi. Me ne duole credetemi, ma non ho altra scelta se non rispettare il volere di Sherfometh.

Rabbia e odio si scatenarono in me donandomi quella forza che era stata spazzata via dalla disperazione. Con uno scatto mi voltai rubando la spada dalle sue mani e puntandogliela dritta alla gola.

L'uomo dai capelli brizzolati rimase immobile senza ostentare alcuna difesa. Era come se fosse fortemente sicuro delle sue capacità nonostante avesse una spada puntata alla gola.

- Non è così semplice uccidermi. Anche vostra moglie ci ha provato...

Colmo di rabbia provai ad affondare la spada nella gola ma egli, con agile scatto, schivò l'affondo riuscendo persino a togliermi la spada dalle mani e a colpirmi con una violenta ginocchiata sul femore. Caddi per terra dolorante. Con un colpo ben assestato era riuscito a spezzarmi l'osso. Non ero più in grado di muovermi.

- Stavo dicendo che anche vostra moglie ha provato a fermarmi. Devo ammettere che le sue capacità erano davvero notevoli nonostante il figlio che portava in grembo. La sua paura e le sue urla sono state come ossigeno per Sherfometh.

Feci un urlo disperato preso dalla rabbia. Provai a scagliargli addosso l'energia del vento, ma a quanto pare era capace di resistere, il che mi lasciò a bocca aperta.

"Che sia un Wyndyl anche lui? No, impossibile, un Wyndyl non farebbe mai tutto questo."

Infuriato dal mio gesto affondò la sua spada sul mio occhio strappandomelo via.

Urlai nuovamente, ma questa volta a causa dell'immenso dolore.

- Credetemi, mi reca forte dispiacere farvi soffrire, ma questo è il rituale e così va eseguito. Per incoraggiarvi posso dirvi che, sovente, nell'attimo in cui la mia lama attraversa il secondo occhio le persone perdono i sensi dal dolore, ma voi... Voi siete Wyndyl. Voi sapete convivere con il dolore. Datemi ascolto, non opponete resistenza. Posso garantirvi che in questo modo la morte sarà più dolce e il cammino verso Sherfometh meno doloroso.

L'uomo affondò nuovamente la sua spada sull'altro occhio rendendomi completamente cieco.

Il dolore divenne insopportabile.

Nell'oscurità vidi le lacrime di Deneb e mio figlio mentre avvertivo l'elsa della sua spada cadere violenta sulla mia bocca spaccandomi i denti.

- Ascoltalo Wyndyl. Ascolta il potere e il volere di Sherfometh. Non esiste melodia più dolce, affascinante e naturale di questa.

Mi restavano pochi secondi di vita ormai. Percepivo le energie abbandonarmi sempre di più e la disperazione possedere il mio corpo, ma in quell'istante avvenne qualcosa d'indescrivibile. Qualcosa che non sapevo spiegare e nemmeno prevedere. Era come se la mia anima si stesse sdoppiando. Una parte di me, distrutta e disperata, era già tra le braccia di Deneb e mio figlio, mentre un'altra parte, era intenta a nutrirsi di... Odio.

Nero come il carbone generato dal fuoco, come l'oscurità di una notte senza luna, come gli abissi del più profondo oceano, come la morte stessa. Nero... Come l'armatura donatami da mio padre, il mio cuore nonostante le ferite continuava a pulsare. Nero sangue si spargeva nelle mie vene a velocità prossime a quella della luce. Il mondo intorno a me iniziava a cambiare. Tutto iniziava a sparire. Vidi un nuovo luogo, sconosciuto e degli esseri con gli occhi fissi su di me. Senza chiedere nulla, era come se già conoscessi il nome di quel luogo anche se era la prima volta che lo vedevo. Il nome Spakter compariva inesorabile nella mia mente e gli esseri di fronte a me erano le Anomalie di cui mi parlava Deneb.

Pochi secondi dopo tornai in me, ma qualcosa era cambiato. Ero consapevole che quelli erano i miei ultimi secondi sulla Terra prima di entrare nello Spakter, ma non ero più lo stesso. Non provavo più alcun dolore, ma solamente... Odio... Profondo.

Nei pochi secondi di lucidità che mi erano rimasti, feci un'unica domanda fondamentale. Con una voce che non era più la mia, la mia bocca ordinò:

- Dimmi il tuo nome.

L'assassino rimanendo in un primo momento spiazzato, iniziò a ridere, dopodiché rispose:

- Che cos'è un nome se non un incauto miscuglio di lettere? Ad ogni modo, potete rimembrarmi come... Xardas.

Reality Horror ShowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora