Capitolo 45: Herb - 1° parte

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[Brano: Wind of change - Scorpions]

Herb

- Herb! Herb svegliati! Devi andare a scuola o farai tardi!

Mi misi le coperte sopra la testa sperando che mia madre si dimenticasse di svegliarmi, ma la mia era solo utopia. Dopo qualche secondo aprì la porta della mia camera ed entrò.

- Herb! Forza dormiglione è ora di alzarsi!

- Ok mamma, cinque minuti e sono in piedi.

- No Herb, tu ora scendi subito da quel letto e fili dritto a scuola. Ci siamo capiti?

- Ma mamma...

- Senza se e senza ma, forza muoviti!

Mi tolsi le coperte e mi alzai in piedi sbuffando. Andando verso il bagno vidi Aaron in cucina che faceva colazione. Era già vestito e, al contrario di me, era già pronto per andare a lavorare. Si svegliava molto presto la mattina, preferiva fare tutto con calma senza dover correre. Questo era anche il motto della sua intera esistenza "chi va piano va sano e va lontano".
"Le lumache vengono schiacciate dalle auto" gli rispondevo tutte le volte.

Poco dopo andai in cucina. Mia madre mi aveva già preparato la colazione. Latte e Corn Flakes. Le avevo chiesto i cereali dei Ghostbusters ma ovviamente non mi aveva dato ascolto. A rallegrare i miei risvegli ci pensava la tv con Knight Rider. Adoravo l'auto di Michael Knight, una Pontiac Firebird Trans-Am. Avevo già deciso che me la sarei comprata non appena avessi preso la patente.

Mi sedetti a mangiare di fianco a mio fratello.

- Cavolo Herb, hai solo dieci minuti, come diavolo fai a vivere così?

- Buongiorno anche a te Aaron.

- Herb dico sul serio. Quando anche tu andrai a lavorare avrai grosse responsabilità, non puoi permetterti di fare tardi la mattina.

Con la bocca ripiena di latte e cereali risposi:

- Fatti gli affari tuoi lumaca.

Aaron stizzito si alzò in piedi andandosene.

- Herb! Non rispondere così a tuo fratello!

- Mamma voleva farmi arrivare in ritardo!

Nel parlare sputai un paio di cereali centrando la borsa in pelle di mia madre.

"Merda."

Mangiai in fretta e furia e mi vestii. Dovevo andarmene prima che mia madre mi scoprisse.

- Ciao mamma vado via!

Inaspettatamente me la ritrovai davanti.

- Herb, questa sera dobbiamo parlare di come tratti tuo fratello.

- Mamma dall'inizio dell'anno l'ho trattato male per 124 giorni 13 ore e 27 minuti, mentre l'ho trattato bene per 83 giorni 4 ore e 9 minuti. Sto migliorando no?

Le diedi un bacio andandomene di corsa.

L'autobus arrivò appena in tempo per permettermi di scappare prima che mia madre scoprisse la macchia sulla borsa.

Le porte si aprirono ed entrai di corsa.

- Ehi Herb, ti piace proprio la scuola per avere così tanta fretta.

- Taci e premi sull'acceleratore Stucky!

- Ehi che ti prende?

- Vuoi che mia madre blocchi la corsa del tram?

- No.

- E allora parti!

Era divertente ogni mattina farmi quattro risate con l'autista. Io e Stucky ci conoscevamo da molti anni ormai.

- Herb! Vieni qui ti ho tenuto il posto!

Cunningham, mio compagno di banco nonché mio migliore amico, amava mettersi in mostra urlando e con quel suo folle taglio di capelli a mullet.

Mi sedetti di fianco a lui guardando che non avesse messo qualche tarantola sul sedile.

- Cunningham, mio carissimo amico! Dove hai le cicche?

- Un dollaro.

- Cosa?! Dici sul serio?

- Quando aumenta la domanda aumenta anche il prezzo, ricordi la lezione della White?

White non era il cognome della prof, ma il soprannome che Cunningham le aveva dato per via dalla sua carnagione molto pallida.

- Va al diavolo le regole di mercato non valgono con gli amici!

- Gli affari sono affari amico mio.

Gli rubai la gomma dalla mano e iniziai a masticarla.

- Ehi! Questo è scorretto!

- Cosa?

- Non puoi rubarmi così le cicche!

- Quali cicche?

- Fottiti Herb, hai la memoria solo quando ti pare?

- Lo sai che soffro di Alzeheimer Cunningham.

Poggiai i piedi sopra al sedile davanti a me. Sapevo che Stucky si sarebbe infuriato, ma preferivo di gran lunga le sue sgridate piuttosto che quelle di mia madre.

Mentre l'autobus andava, monti e praterie scorrevano ai lati dei finestrini come le immagini di un film. Tra gli altri ragazzi, chi ascoltava la musica, chi cantava, chi attaccava le cicche sul fondo del sedile, chi si lamentava dello studio, chi giocava a carte e chi, come me, si limitava a osservare in silenzio.

Come le ombre che restano nascoste fino alle prime luci dell'alba, gli artigli del destino erano in agguato. Senza saperlo, ero io la loro prossima preda.

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