Capitolo 100: Origini

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K

L'attesa, maestra di vita, talvolta è come un sottile strato di nubi che divide il cielo dalla Terra. Occorre essere pazienti, controllare i propri istinti, dominare le emozioni. Tutti possono volare, ma pochi indossano le ali giuste per farlo. Il cielo oltre le nubi, nonostante la bellezza, è ostile, letale, maligno. Basta anche la più insignificante distrazione e costui è in grado di toglierti il respiro rubandoti in un attimo sogni, speranze e passioni. 

Oltre mille anni mi ci vollero per prepararmi a tutto questo. Dopo la mia morte per mano di Xardas, un'inaspettata metamorfosi avvenne dentro di me. Non ricordo l'esatto momento in cui il destino da Anomalia mi allontanò dalle fauci della morte, tuttavia rimembro ancora l'odio che provai in quel momento, pari solo all'amore che mi legava a Deneb e a nostro figlio. Fu questo il motivo per cui il mio destino da Anomalia fu diverso da tutti gli altri. Due anime, una l'opposto dell'altra, erano nate dai rimasugli della vita. Lord Urien, il più abile guerriero dei Regni, rimase confinato nello Spakter avvolto dall'aura dell'odio. K, marito di Deneb e futuro padre, rimase nel mondo con sembianze paragonabili a quelle di un'ombra. Solo la fine di una delle anime avrebbe segnato il ricongiungimento in un unico essere.

La fine di K mi avrebbe confinato nello Spakter per l'eternità. Dovevo trovare qualcuno che fosse più potente di Lord Urien e solo un Wyndyl poteva avere tali capacità, ma dov'erano costoro se non negli angoli più reconditi del pianeta? Come se non bastasse, il Wyndyl doveva essere abbastanza potente e tenace da sconfiggermi.

"Perché? Perché dovrei tornare indietro? A quale scopo? Non mi è rimasto più nulla ormai."

Quella domanda tormentava ogni notte i meandri della mia mente. Era come una ferita di quelle che non potevano essere rimarginate. Una lama conficcata nel cuore che continuava inesorabile a roteare facendomi urlare dal dolore e dalla disperazione. 

Una notte, mentre vagavo tra le mulattiere dei piccoli villaggi in mezzo agli ignari mercanti incapaci di vedermi, un'idea, un barlume di luce, bussò alla porta della mia mente. Tra le leggende dei Wyndyl era nota quella di Sherfometh, il primo uomo sul pianeta con l'unico intento di logorare la Terra. Negli anni il suo culto fu seguito da innumerevoli discepoli che crearono sette sparse in tutto il mondo, tra cui quella di Xardas. Mentre rimembravo ogni dettaglio di quei racconti, un unico grande obiettivo si faceva largo tra i miei pensieri come una possente onda in mezzo all'oceano.

"Devo distruggere Sherfometh e porre fine al suo culto."

In quel momento la mia vita ricominciò ad avere un senso. Ora avevo un compito da portare a termine, ma per riuscirci era necessario ricongiungere le mie anime ma, essendo solamente un'ombra, non avrei potuto in alcun modo entrare in contatto con il mondo. Mi ritrovai così a girovagare invano nella Terra con la speranza che qualcuno potesse vedermi o udirmi.

Gli anni trascorrevano inesorabili, sino a diventare decenni prima e secoli in seguito. Osservavo la vita delle persone, delle famiglie, sognavo di ricongiungermi a Deneb in qualche modo, ma non vi era materia più utopica del mio desiderio. Vidi la vita nascere, crescere, maturare e morire per poi rinascere più solida di prima: le mulattiere vennero sostituite da strade in cemento, le botteghe divennero fabbriche e le fabbriche iniziarono a funzionare grazie alle macchine. Il buio della notte venne accompagnato da piccoli strumenti chiamati lampade che funzionavano attraverso quella che tutti definivano "energia elettrica". I cavalli vennero sostituiti da bizzarri strumenti in metallo detti prima "biciclette" per poi diventare "automobili". Nelle case iniziarono ad affiorare sofisticate apparecchiature con la quale si poteva comunicare anche a enormi distanze con altre persone. Il mondo cambiava ai miei piedi, ma io restavo sempre lo stesso: nient'altro che un'ombra.

Un giorno, mentre la pioggia scrosciante impattava sull'asfalto e sugli scudi delle persone, che in quell'epoca presero il nome di "ombrelli", un uomo si avvicinò a me fissandomi con sguardo dubbioso.

"No, non sta osservando me, non può vedermi" pensai. Tante altre volte mi era capitato d'imbattermi in questa situazione e ogni volta la scintilla della speranza veniva spenta dalla crudele realtà.

- Buon uomo, sarebbe così gentile da indicarmi la strada per Northfolk?

Northfolk era il villaggio nella quale andai a vivere con Deneb.

Il nome dell'unica persona che fu in grado di vedermi dopo tutti quei secoli era: William Palmer.

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