Capitolo 109: Forza universale

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Sapevo che Sherfometh sarebbe stato capace di scuotere il mio animo, ma non avrei potuto immaginare fino a questo punto. Il mistero sulla sua natura continuava a sfuggirmi, eppure ero consapevole di sapere molte più cose sul suo conto di quante ne narrassero le leggende Wyndyl. Era come se un filo invisibile legasse il mio destino con quello di John Bayles e ora anche quello del mio avversario. Talvolta parole non dette possono valere più di un'intera conversazione e mai, come in questo caso, avrei potuto ottenere prova di questa teoria. Ero invaso da un turbinio di emozioni, ma era la paura a prevalere, quasi come fosse la madre di tutte le altre. Era come se un incessante brivido percorresse i meandri del mio cuore ogni qualvolta vi era la possibilità di conoscere meglio il mio avversario.

Mentre dubbio e paura mi assalivano, estrassi la mia spada. Sapevo che non sarebbe servita a nulla contro un simil avversario, ma il mio unico scopo era quello di guadagnare tempo. Avevo l'assoluta certezza che tutto sarebbe andato secondo i piani.

- Sherfometh, mi duole dovervi affrontare, ma troppe vite sono state strappate a causa della vostra esistenza. Dite di non provare né amore né odio, ma ciò non ha fatto altro che portare il male su questo mondo. Mia moglie e mio figlio sono solo due nella lista delle vittime.

Mi concentrai riducendo il mio peso. Non avevo idea di cosa sarebbe successo tra qualche istante, dovevo tuttavia restare calmo e concentrato.

- Sono consapevole che non esiste modo per dissuaderti cavaliere. Perciò, senza perdere altro tempo, affrontami.

La sua voce era cupa e leggiadra, come se avesse l'assoluta di certezza di potermi sconfiggere. Rimasi per un attimo paralizzato pensando a quanto vasto potesse essere il suo potere. C'era solo un modo per capire se stesse mentendo o meno.

Iniziai a correre con la punta della spada rivolta verso il suo petto. Sapevo che avrebbe evitato il colpo, di conseguenza ero già pronto a difendermi dai suoi attacchi. Non appena gli fui vicino, egli tese un mano in avanti che fermò di colpo la mia corsa. I miei piedi erano bloccati sul terreno e le braccia erano così pesanti che dovetti lasciar cadere la spada dalle mani.

- Esiste una forza, cavaliere, che attraversa l'intero universo. Niente e nessuno è in grado di contrastarla. Essa esiste, proprio come l'amata natura dei Wyndyl, ma posso garantirti che è molto più grande e potente.

Mentre tentavo invano di muovermi provai a riflettere sulle sue parole senza coglierne il significato, tuttavia non dovetti porgli alcuna domanda.

- Sto parlando della gravità. Una forza così grande e invisibile che diamo per scontato. Nella sua maestosità è così agile e silenziosa che nemmeno ci rendiamo conto della sua esistenza. Quella forza, cavaliere, è nelle mie mani. 

Impallidii dinnanzi a quelle parole. Come avrei mai potuto fronteggiare un avversario con un potere simile? Il mio scopo era quello di guadagnare tempo, ma se Sherfometh avesse voluto, in questo momento mi avrebbe già ridotto in briciole.

- Perché continui a tenermi in vita se sei tanto potente? - Chiesi nella speranza di cogliere qualche informazione sulle sue capacità e su possibili punti deboli.

- Te l'ho già spiegato cavaliere. Non provo né amore né odio. Che tu viva o muoia, per me non fa alcuna differenza. Non hai alcuna possibilità di sconfiggermi. Io sono il "non essere". Questo scontro è frutto esclusivamente della tua volontà, non della mia. Ad ogni modo, se ora brami la morte...

Sussultai cercando di liberarmi da quella invisibile morsa, ma ancora una volta il mio tentativo fu vano. Sentii Diane urlare il mio nome alle mie spalle e Edith prepararsi a incoccare un'altra freccia. Ero consapevole che a nulla sarebbe servito il suo intervento, ma la speranza nel mio cuore non era ancora del tutto morta.

Chiusi gli occhi concentrando tutte le mie forze per contrastare la gravità, Edith nel frattempo scagliò un'altra freccia dal suo arco che, ahimè, si polverizzò come la prima volta. Guadagnai qualche secondo ma fu tutto inutile. Ogni muscolo del mio corpo era bloccato e a stento riuscivo a rimanere in piedi.

Sherfometh iniziò a chiudere le dita della mano. Man mano che queste si chiudevano formando un pugno, avvertivo la pressione dell'aria giungere possente in ogni angolo del mio corpo facendomi urlare dal dolore. Era come se un'enorme mano mi stesse stringendo.

Sempre di più.

Sempre di più.

Sentii alcune ossa iniziare a sgretolarsi e il cui suono era coperto dalle mie urla di dolore.

La vista si annebbiava sempre di più.

Quando tutto sembrava volgere verso una scontata fine, qualcosa attirò l'attenzione di Sherfometh che mollò la presa non badando più a me.

Caddi sul terreno in preda al dolore. Con un piccolo sforzo mi voltai verso la direzione dello sguardo del mio avversario.

Non riuscivo ancora a mettere a fuoco, ma riuscii a distinguere brillanti occhi di diversi colori.

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