Capitolo 32: Amici

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Stavamo seguendo Sommer all'interno della zona sotterranea della villa. La maestosità che vedemmo in precedenza, qui era un lontano ricordo. Le pareti in pietra e l'umidità rendevano quel luogo simile a una grotta. Dal pavimento emergeva una terribile puzza di marcio. Più volte dovetti sforzarmi per trattenere il vomito, Sommer invece sembrava perfettamente abituato a quell'ambiente. A causa dell'umidità, si erano inoltre create diverse pozzanghere per terra.

- Ecco la vostra nuova casa! Accomodatevi.

Sommer aprì una robusta porta in metallo dove al centro era posta una fessura ricoperta da sbarre. All'interno vi erano due letti malconci, un lavandino e un water così sporchi da esser diventati il rifugio delle blatte.

Sommer ci fece entrare e chiuse a chiave la porta.

- Non preoccupatevi vi daremo da mangiare regolarmente. Nel frattempo godetevi il soggiorno!

Quel maledetto se ne andò ridendo e prendendosi gioco di noi. Diane era pallida e sconvolta. Lo stesso si poteva dire di me. Nessuno di noi due avrebbe mai potuto immaginare tutto ciò. Era così assurdo.

- Cosa proponi di fare Diane?

Ci mise diversi secondi prima di rispondermi.

- E' da troppo tempo che non dormiamo, credo sia arrivato il momento di farlo. Nel limite del possibile.

Annuii senza proferire parola. Chiudemmo gli occhi sperando si trattasse solo di un orribile incubo.



- Sveglia! Sveglia! Noah qui! Noah arrivato!

Ci svegliammo di soprassalto a causa di un ragazzino che si divertiva a sbattere una lattina nelle sbarre della porta.

Avrei voluto dirgliene quattro, ma non ero nella posizione di farlo.

Non appena io e Diane lo guardammo, egli disse:

- Ciao, io Noah!

Avrà avuto dodici anni, non di più. Era gobbo e deforme. Aveva un moncherino al posto della mano sinistra. I denti erano tanti quanto le dita di una mano e un occhio era di vetro. Era sporco e puzzava terribilmente.

- Ehi! Non sentito? Io Noah! Noah! Noah!

- C... Ciao Noah - risposi.

- Ciao!!! Voi nomi?

Non aveva alcun senso mentire.

- Io sono David e lei è Diane.

- David e Diane, amici?

- Sì, siamo tuoi amici.

- Noah ha amici! Noah ha amici! Voi amici di Noah e io vostro amico! Che bello!

Urlava come un folle, ma era quasi impossibile non riuscire a sorridere davanti al suo modo di fare. Persino in quella situazione.

- Ehi aspettate! Noah ha regalo per nuovi amici. Aspettate, non andate!

- E chi si muove? - Rispose Diane incredula.

- Diane, pensi che siano stati loro a ridurre così quel povero ragazzo?

- Temo di si, ma preferisco non pensarci.

Il ragazzo tornò poco dopo pieno di fogli di carta sporchi tra le mani.

- Noah ha regalo per amici! Noah leggere voi una storia!

Diane chiuse lentamente gli occhi in segno di resa.

Con gran sorpresa notai che Noah sapeva leggere bene. Guardai Diane per condividere il mio stupore. Non appena incrociò il mio sguardo rispose:

- Non sta leggendo. L'ha imparato a memoria. Qualcuno deve averglielo raccontato innumerevoli volte.

Mentre "recitava" ciò che c'era scritto su quel foglio, d'un tratto il titolo di un paragrafo attirò l'attenzione di Diane.

- Le origini dei Wyndyl.

Diane corse verso la porta.

- Cos'hai detto?

- Non interrompimi! Io detto: le origini dei Wyndyl.

- Noah, ti prego, dammi quelle pagine.

- Basta interrompimi!

- Noah dammi subito quelle pagine! 

Noah fece uno scatto all'indietro. Era visibilmente spaventato.

- Tu paurato amico!

- Noah, ti prego è molto importante, devi darmi quelle pagine!

Il ragazzo abbassò la testa e strinse i fogli sul suo petto.

- Noah sto perdendo la pazienza, dammi quelle pagine maledizione!

- Mai! Tu non sei amica!

In preda alle lacrime Noah scappò. Diane cadde in ginocchio disperata.

Le misi una mano sulla spalla.

- Erano pagine del diario di tuo nonno?

Diane annuì e iniziò a piangere.

La strinsi tra le braccia cercando di confortarla.

- Come diavolo fa il diario di mio nonno a essere qui David? Anche lui era coinvolto in tutto questo? Non ci sto capendo più niente.

Appoggiò il volto sulla mia spalla bagnandomi la maglia con le lacrime.

Per quanto forti possiamo essere, tutti noi abbiamo qualcosa in grado di far vacillare il nostro cuore e la nostra mente. Un segno indelebile che, nei momenti più inaspettati, riemerge ricordandoci che non siamo né ferro né pietre. Siamo esseri umani. Toccando i giusti tasti del pianoforte della vita, può riemergere in un istante tutta la nostra fragilità. In quell'istante la debolezza prende il sopravvento su quella che fino a poco prima pareva essere un'invincibile forza. Per Diane, la debolezza più grande, era sicuramente suo nonno.

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