Capitolo 94: La storia di K - 3° parte

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Erano passati due anni dagli ultimi eventi. Vidi Deneb solo una manciata di volte dopo il suo ultimo insegnamento sulle energie. Era come se da quel momento fosse cambiato qualcosa in lei. Il tono della sua voce quando mi parlava era molto più distaccato. Continuò a narrarmi leggende e imprese dei Wyndyl, ma era come se le mancasse passione nello spiegare determinati avvenimenti. Forse ricoprire il ruolo da cortigiana per tutto quel tempo l'aveva resa come le altre, ma ormai poco importava: tutto era pronto per il mio matrimonio con Lady Isabelle. Finalmente una lunga pace sarebbe giunta nei nostri regni e io, Lord Urien, quale futuro re di questa nazione, non avrei potuto desiderare niente di meglio. Il bene comune era il mio obiettivo principale e questo era l'unico modo per ottenerlo. Nell'arco di questi due anni vidi una sola volta Lady Isabelle. Rimasi folgorato dalla sua bellezza. Tutte le voci su di lei erano vere, e quale futuro re, non potevo che esserne orgoglioso.

In quel momento qualcuno bussò alla porta della mia camera. Era mio padre, Sua Maestà Oddvar.

- Vi vedo in forma figlio mio.

- Grazie padre - risposi chinando il capo.

- Siete pronto per il matrimonio?

- Non posso nascondervi la mia agitazione, ma credo di sì.

Mio padre iniziò a ridere.

- E' naturale figliolo. Sono momenti che restano impressi non solo nella vostra mente, ma anche in quella di tutta la popolazione. Quando la pace regnerà nelle nostre nazioni, questo giorno sarà ricordato in eterno dal popolo e non c'è motivo di maggior orgoglio per un Re.

- Sono d'accordo padre.

Egli fece un cenno con la testa, dopodiché tornò verso la porta per andarsene.

- Padre?

Si fermò senza voltarsi.

- Voi amate mia madre, la Regina?

Un silenzio. Un silenzio di pochi interminabili secondi. Un silenzio il cui frastuono riecheggiò tra le mura della mia camera. Un silenzio che valse miliardi di parole.

Mio padre uscì dalla camera accompagnato dal suono dei suoi passi.


***


Non riuscivo a star fermo. L'ansia e l'agitazione erano pari a quelle di una battaglia, ma almeno questa volta l'evento che avrei dovuto affrontare non avrebbe creato spargimenti di sangue, ma una pace potente e duratura.

Continuavo a entrare e uscire da ogni stanza del castello talvolta distraendo i lavoratori. Provai a fissare il paese all'esterno, ma no, le mie gambe non riuscivano a fermarsi, dovevo continuare a muovermi.

"Chissà se anche mio padre provò queste sensazioni per il suo matrimonio."

Girovagando nelle stanze entrai in quella dedicata al mio allenamento personale. Spade, archi, balestre erano appesi come trofei alle pareti. Al centro vi era poi la mia spada personale. Una Katana dall'impugnatura nera che mai usai in alcuna battaglia. Quella spada era ancora pura. L'acciaio era vivo e scintillante e non vi era alcun segno di logoramento. Per un cavaliere potrebbe rappresentare motivo di vergogna, ma non per me. Uccidere non faceva parte del mio carattere nonostante nessuno degli altri cavalieri riuscisse a tenermi testa in un combattimento.

"Nessuno ad eccezione di...Smettila Urien, smettila di pensarci."

Mi avvicinai alla spada osservandola nella sua purezza. Non appena ne toccai la lama avvenne qualcosa di inspiegabile. Sentii una dolce e violenta energia scorrere nelle mie vene. Rimasi paralizzato per un istante che durò un'eternità. In quel momento era come se la spada dal cui sangue non fu mai bagnata, avesse trafitto il mio cuore sviscerandone emozioni, paure e risposte.

"Ma che diavolo mi sta succedendo?"

In preda al panico uscii dalla stanza recandomi nel giardino del palazzo. Mai come questa volta ebbi bisogno di ossigeno. Ansia e timore risalivano strisciando fino al cervello rendendo incontrollabile ogni azione del corpo, ma qualcosa cambiò nel momento in cui misi piede all'esterno. Era come se i miei sensi all'improvviso si fossero ampliati. Riuscivo a cogliere ogni più leggiadra sfumatura del paesaggio davanti ai miei occhi. In quel momento era come se il sole, gli alberi, le montagne, i mari, stessero comunicando con me. Avvertii un insolito formicolio lungo tutto il corpo e del calore provenire dal palmo delle mie mani. D'un tratto il palazzo intorno a me svanì lasciandomi solo, immerso nella natura. La melodia della brezza primaverile giunse soave alle mie orecchie mentre i raggi del sole si poggiavano sulla mia anima.

"Che significa tutto questo? Cosa mi succede?" Quelle domande echeggiavano irrequiete, ma la risposta arrivò poco dopo attraverso un'unica grande immagine che si unì a quella del paesaggio in una sorta di perfetta simbiosi.

La visione svanì pochi attimi dopo riportandomi nella realtà. Lungo il corso di questi anni, avvertii giorno dopo giorno qualcosa cambiare in me. Mai ebbi avuto idea di cosa fosse. Mai prima di oggi.

Ora sapevo esattamente cosa fare.

Rientrai nel palazzo con l'assordante ronzio dei pensieri nella mia testa. Mi guardai intorno. Poco distante da me vidi Padre Christopher diretto verso la chiesa.

- Padre?

Lo fermai. Egli si voltò verso di me sorridendo.

- Come posso aiutarvi mio futuro Re?

- Ho bisogno di chiederle un enorme favore.


***


- Lord Urien, devo ammettere che avete notevolmente affinato le vostre abilità comunicative. Siete stato convincente lo devo riconoscere. Farò ciò che mi avete chiesto, avete la mia parola.

- Vi ringrazio padre. Il vostro aiuto sarà fondamentale. Per caso sa dove posso trovare Deneb?

Il prete fece la sua solita smorfia. Ci mise diversi secondi prima di rispondere.

- Non posso dirvelo. A maggior ragione che dovrete contrarre matrimonio.

Rimasi spiazzato da quella risposta, dopodiché egli aggiunse:

- Di conseguenza, non posso dirvi che Deneb si trova sulla terrazza al secondo piano del palazzo delle cortigiane, commetterei un grave errore mio signore.

Feci un sorriso ringraziando padre Christopher assicurandogli che le mie orecchie non ebbero udito alcuna parola.

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