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Molti edifici sono aperti, simulano uffici, palestre, pub, ristoranti. Io e Zoro ci siamo rifugiati e barricati dentro un pub, perché siamo entrambi affamati e abbiamo bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Entriamo e barrichiamo subito l'area dietro la porta: Zoro ci trascina davanti uno dei divani in pelle rossa e bianca disposti lungo tutto il lato sinistro del bar.

Ci guardiamo intorno. Il pavimento è quadrettato di bianco e nero. Sul lato sinistro c'è un'ampia vetrata, con file di divanetti e tavolini per consumare pasti e bibite. Sul lato destro ci sono invece altri tavolini quadrati in legno chiaro, con sedie imbottite in pelle, di colore azzurro. Poi, sul fondo, un lungo bancone lucido si dipana per almeno tre metri. Le pareti, invece, sono azzurro chiaro. 

Mi passo entrambe le mani tra i corti capelli castani e sospiro.

«Camilla?» mi richiama Zoro, preoccupato.

Mi ritrovo a guardare il suo viso, in effetti per qualche istante mi sono lasciata andare alla spossatezza che sento. Stava per prendere il sopravvento.

«Sto bene. Sono giornate infinite» ammetto.

Zoro fa un cenno.

«Ah, già. Non hai molta resistenza, vero?» mi domanda facendosi il figo e mostrando impercettibilmente il petto in fuori.

Ho la strana sensazione che Zoro si sia messo in competizione con me, o qualcosa del genere. Lo prendo come un complimento, perché allora vuol dire che mi reputa all'altezza. Mi viene spontaneo fargli un sorriso, però l'attimo dopo sento lievemente la testa girare.

«La resistenza in cui so di eccellere è quella ai veleni. Mangiamo qualcosa, ho super fame».

Nelle cucine apriamo il frigorifero e andiamo alla ricerca di qualcosa di commestibile, già pronto, o che non sia troppo complicato da cucinare. Così riscaldo un po' di carne e qualche manicaretto preparato alla bell'e meglio, e ci andiamo a sedere ad uno dei divani più lontani dalle finestre, che possano dunque mantenerci più nascosti.

Non appena assaporo il cibo mi lascio andare ad un'esclamazione estatica, beccandomi un'occhiatina curiosa da parte di Zoro. Gli sorrido a bocca piena. Osservo bene il suo viso, soffermandomi sulla cicatrice che gli chiude una palpebra. Chissà se abbia una vaga idea di quanto sia bello, chissà se ha successo con le donne. Considerando il suo atteggiamento e il suo carattere rude non credo, eppure mi sento incatenata al suo sguardo.

«Cosa ti è successo all'occhio, Zoro?» gli domando seria.

«Addestramento brutale. Non ci ho fatto poi tanto caso, comunque. Davvero credi che la leggendaria isola di Mhytus esista?» replica lui con una nuova domanda.

«Sì. Trovarla è il mio sogno. Sin da bambina desidero ingerire un frutto mitologico come quello di Marco, ma per quanto abbiamo cercato in lungo e in largo, non siamo mai riusciti a trovarne uno. Si dice che Kaido e la sua ciurma delle cento bestie li avesse trovati proprio su Mhytus. Lo trovi sciocco?»

«Nessun sogno può essere considerato sciocco, per quel che mi riguarda».

«E tu... vuoi sempre diventare lo spadaccino più forte del mondo?»

«Sì. Voglio che non ci siano eguali. Voglio dimostrare a tutti e a me stesso, che sono il più forte» spiega determinato.

Lo guardo nuovamente ammirata, quasi smarrita in quel turbine di attrazione. Zoro è come una bestia indomabile, combatte solo per se stesso. Non si riempie la bocca di nobili ideali se non li pensa, è schietto nel dire le cose come stanno, e quali sono le cose che vuole. Eppure, allo stesso tempo, come pirata e come spadaccino è un uomo d'onore.

𝘖𝘯𝘦 𝘗𝘪𝘦𝘤𝘦 𝘚𝘵𝘰𝘳𝘪𝘦𝘴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora