vii.

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Come un automa Oko obbedì, restando seduta e dandogli le spalle.

"Devi parlarmi di qualcosa?"

"Fufufufufufufu sempre sulla difensiva con me, colombina. È da un po' che sei qui e ti ho lasciata perdere e ti ho trattata bene, è vero o no?"

"È vero".

"Allora stasera mi concederai di fare due chiacchiere. Ti ricordi quando stavamo insieme?"

"Sono stati solo un paio di mesi, poi sei partito e non sei mai più tornato".

"Sì, vero. Sono stato impegnato".

"... A uccidere tuo padre e tuo fratello".

Da quando aveva sentito questa notizia, aveva capito che razza di mostro fosse.

"Tra le varie cose, sì. Però te li ricordi quei giorni? Tu eri pazza di me".

"..."

"Adesso mi odi, ma dietro tutto questo odio a me sembra ancora di vedere la mia colombina, quella devota, che avrebbe fatto di tutto per me. È per questo che sei l'unica che riesce a calmarmi. Mi basta poggiare la testa sul tuo petto, mi basta che mi accarezzi i capelli e divento un angioletto".

Così dicendo costrinse Oko a stendersi sulla schiena, e con fare innocente le poggiò il capo sul petto.

Oko rimase imperturbabile a guardare il soffitto, a non soffermarsi sul peso della sua testa premere contro il seno, il respiro che gli usciva dalle narici che alcune volte era così caldo da attraversare la stoffa leggera della camicetta.

Però quella sera andò oltre: voltò il viso e le lasciò un bacio nell'incavo dei seni, e prese un gran respiro inspirando il suo profumo.
Un altro bacio, questa volta più su, vicino il collo, sulla pelle nuda. Oko non aveva il coraggio di fermarlo. Si sentiva come abituata a lui, nonostante non lo vedesse praticamente da vent'anni. Però, per quanto lo odiasse con la mente, il corpo non collaborava, non lo percepiva come un nemico.

Lo percepiva come il padre di sua figlia, il possessore del seme che le aveva dato la creatura che più amava al mondo. Per quanto fosse ingiusto non lo avvertiva come una violenza.

Ma cosa mi prende... Ho così paura di morire da non provare nemmeno ribrezzo adesso?

Doflamingo le baciò il collo e vedendo che Oko non lo fermava, le strinse un seno da sopra la stoffa della camicetta.
Quando la mano scese ad infilarsi appena sotto il bordo dei pantaloni, Oko si riebbe immediatamente.

"No!"

Ma lui aveva intravisto qualcosa e mise forza con un braccio per mantenerla giù, e con la mano le sganciò il bottoncino dei pantaloni, fermandosi appena sopra il pube.

"Questa cicatrice..."

No... No... No...

La cicatrice del parto cesareo che aveva permesso a Fumi di venire al mondo.

Doflamingo la guardò.

"È mia figlia?" chiese con urgenza.

Oko sgranò gli occhi.

"Figlia...?"

Lui sembrò riscuotersi.

"Non so perché ho pensato ad una bambina. Potrebbe essere anche un bambino. È mio figlio? "

Oko scosse il capo col cuore che le batteva forte nel petto. Voleva solo e a tutti i costi rifiutare di credere ad una qualche connessione tra padre e figlia.

"No... È... È di Lucci".

Una bugia talmente stupida...

"Se scopro che mi menti sarai punita. Guarda che se è mia figlia o mio figlio, è un drago celeste. Devo sapere. Devo sapere se ho-"

𝘖𝘯𝘦 𝘗𝘪𝘦𝘤𝘦 𝘚𝘵𝘰𝘳𝘪𝘦𝘴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora