iv.

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Oltre la porta c'era un lungo sentiero alberato, che pareva portare nei pressi di un boschetto verdeggiante. Senza perdere tempo i tre cominciarono a correre, chiedendosi dove il sentiero li avrebbe condotti. Giunti in una piccola radura notarono una figura incappucciata, seduta per terra e con le gambe incrociate sotto di sé, intenta a meditare.

«Ma quello è Dragon-san!» esclamò Koala, stringendosi le guance con le mani. Gli corse incontro seguita dagli altri due e si fermò davanti a lui, notando che aveva un sottile filo d'erba tra le labbra.

Monkey D. Dragon si accorse della loro presenza, ma li ignorò apparentemente.

«Comandante, mi scusi se la disturbo, ma avrei bisogno del suo aiuto» disse, chinandosi un po' verso di lui. L'uomo dapprima aprì un occhio, salvo poi per richiuderlo e ignorarla. Koala arretrò di un passo, stupita.

«Dragon-san, la prego! Ne va della nostra vita!»

«Non vedi che sto meditando, figliola?»

«Sì, ma-»

«La vita è così breve ed effimera. E il Governo Mondiale dev'essere rovesciato».

«Lo faremo volentieri una volta usciti di qui» provò a rassicurarlo lei, forse addirittura convincerlo. «Per caso è passato di qui Orso Bartholomeo?»

«Orso chi?»

«Il nostro ex compagno rivoluzionario! Orso Bartholomeo, l'uomo su cui il dottor Vegapunk ha condotto esperimenti e su cui ha creato i modelli di pacifista».

Dragon, sempre seduto per terra, poggiò le mani sulle ginocchia.

«Ah, stai parlando di Biancorso».

«PERCHÉ DIAVOLO LO CHIAMA ANCHE LUI COSÌ?» esclamarono gli altri due, esasperati.

«Biancorso è andato di là. Continuava a correre e blaterare qualcosa come "Oh, no, sono in ritardo, sono in ritardo, "l'imperatore mi manderà al rogo"».

«L'imperatore?»

«L'imperatore».

«D'accordo. Grazie per il suo aiuto».

Monkey D. Dragon annuì e si rimise a meditare sospirando su quanto fosse effimera la vita e quanto ci volesse a buttare giù il Governo.

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«Correte, correte! Vedo una casa laggiù!» esclamò Koala, indicando un'abitazione che si reggeva ancora in piedi per miracolo. Era di legno vecchio e malandato, forse perfino ammuffito in qualche punto. Le finestre erano spalancate con le ante che rischiavano di cadere giù da un momento all'altro, la porta era scardinata e numerosi chiodi stavano venendo via dalle assi di legno. Il tetto spiovente, infine, era decisamente malridotto.

«Più che una casa la definirei una topaia» replicò Joe mantenendosi il cappello con una mano affinché non gli cadesse indietro. Hack affilò lo sguardo.

«Non è nemmeno disabitata, non sentite questa musica?»

Koala tese le orecchie, in ascolto. Effettivamente da dietro il retro della casa fatiscente giungeva una melodia strimpellata su un mandolino scordato, risultando quindi un po' stonata e fastidiosa. Però era un motivetto allegro, tanto da sembrare che quel posticino lugubre è spoglio fosse addirittura in festa.

𝘖𝘯𝘦 𝘗𝘪𝘦𝘤𝘦 𝘚𝘵𝘰𝘳𝘪𝘦𝘴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora