Dreams, Blood and Tequila (Part 4)

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Scott si era svegliato stranamente carico, quella mattina. Forse era tutta colpa dell’imminente allenamento di Lacrosse, sport che adorava più di qualunque altra cosa al mondo.
 
Il ragazzo si stiracchiò, facendo in modo che i muscoli in tutto il corpo si stendessero per bene. Non voleva avere problemi di nessun genere: stiramenti, strappi, erano da evitare.
 
L’acqua del rubinetto, entrando in bagno per lavarsi e vestirsi, lo svegliò ancora di più, e ciliegina sulla torta, il ragazzo ricevette il solito messaggio di Kira, “Ciao amore buongiorno, ti amo”
 
Scott non aveva ancora smesso di sorridere. Aveva voglia di spaccare il mondo, con tutta l’adrenalina che si ritrovava in corpo.  Sapeva che quella giornata, con il torneo che si avvicinava, sarebbe stata memorabile.
 
Il cellulare squillò, nella camera da letto illuminata dal sole, con la musica di una strana canzone indie che si diffuse nella stanza.
 
Stiles si girò dall’altra parte, semi addormentato: «Schott ’spondi…» aveva bisbigliato, prima che l’amico premesse il tasto di risposta, con gli occhi a forma di cuore. Sapeva già chi aveva voglia di sentirlo, quella mattina, ancora prima di leggere il nome sul display.
 
«Ciao Kira! Piccolo muffin, dormito bene?»
 
Scott si prese mezz’ora per parlare con la ragazza, e in tutto l’arco di tempo non smise un minuto di fare le fusa. Il tono di voce del ragazzo era decisamente melenso e dolce.
 
«Bleah, disgustoso…» borbottò Stiles, ormai pienamente sveglio. Se lui avesse mai avuto una ragazza, o un ragazzo, non avrebbero mai e poi mai intrattenuto  un discorso così zuccheroso.
 
Se solo Stiles fosse stato il ragazzo di Derek, quest’ultimo gli avrebbe tagliato la gola seriamente, se si fosse azzardato a chiamarlo “Piccolo Muffin.”
Il pensiero fece sorridere lo Stilinski, che ancora aveva in mente l’abbraccio della sera prima.
 
Stiles riuscì addirittura a sentire Cora urlare, dalla cornetta, «Smettetela, mi state facendo venire il volta stomaco!»
 
«Hai ragione!» urlò lo Stilinski di rimando, mentre Scott lo fissava malamente, proseguendo con il suo lamento.
 
«Si Kira, anche tu mi manchi. Si ho pensato a te tutta la notte. Sei dolcissima! Devo andare ora, ci vediamo tra qualche minuto. No, attacca tu, vuoi che attacco io?…»
 
Stiles si alzò definitivamente, bloccando sul nascere uno dei discorsi più patetici delle coppiette  in generale .
 
«Attacco io, ciao» urlò, mentre Cora dall’altra parte sbuffava chiaramente, e Kira chiedeva «Scott, ma chi…?»  
 
La chiamata terminò, e Stiles, tirando un sospiro di sollievo, si ributtò sul letto, soddisfatto.
 
«Era davvero necessario sbatterle il telefono in faccia…?» ringhiò Mc Call in direzione dell’altro, gli occhi che lanciavano bagliori.
 
«Si Scott, mi avete fatto salire il tasso glicemico nel sangue con tutto quel “picci – picci” ugh. L’inimitabile, unico, vero e originale Alpha, si lascia soggiogare da discorsi assurdamente futili…»
 
«E’ Kira, Stiles, con lei non sono discorsi futili…»
 
«Per favore, dovreste sentirvi: ‘miao, miao, attacca tu, no attacco io’. Ugh» Stiles li imitò utilizzando una voce decisamente più acuta e meno appropriata. 
 
«Quando avrai una ragazza, amico, capirai. Le sensazioni che proverete insieme, la forza che ti darà, le telefonate assurde: e sai una cosa? Io non farò la parte dell’amico rompiballe che attacca il telefono in faccia alla tua ragazza durante una chiamata. Perché io rispetterò i tuoi discorsi, per quanto possano essere patetici»
 
Scott guardò di sottecchi l’amico, che aveva decisamente cambiato espressione. Sembrava stesse sorridendo e abbracciando il cuscino nello stesso tempo.
Le cose erano due: o Stiles si stava lasciando trascinare nel mondo dei sogni, oppure stava pensando a qualcuno. 
 
Scott andò di nuovo in bagno a pettinarsi i capelli, e spruzzarsi un po’ di deodorante, tanto per fare una buona figura con Kira. Fu in quel momento che le immagini, seppur buie della sera precedente, gli salirono al cervello. 
 
Stiles e Derek abbracciati, con il primo terrorizzato dal terremoto e il secondo che lo consolava.
 
Per quanto fosse impossibile l’idea che Scott si era fatto della situazione, il ragazzo dovette ammettere che stava parlando di Stiles, l’adolescente più assurdo del mondo.
 
Tutto era possibile con lui. Perché non provare a stuzzicarlo?
 
«Ehi senti Stiles, mi è venuta un’idea, perche non vai da Derek? Potresti chiedergli se gli va di venire a fare colazione con noi»il ragazzo ridacchiò, mentre l’amico si precipitava in bagno, munito di vestiti di ricambio, con uno sguardo colpevole.
 
«Scusa? Cosa intendi con andare da Derek? Vacci tu, siete amici.. la super coppia di Alpha che salva il mondo»
 
«Con andare da Derek intendo bussare ed entrare nella sua camera, che è proprio di fianco alla nostra. Si, io e lui siamo amici, ma ricordo che sei tu quello che ha passato dieci minuti abbracciato a lui ieri, non io»
 
Stiles sembrava essere stato colpito nel profondo. Scott capì che il ragazzo nascondeva qualcosa.
 
«Cosa significa Scott? Era il terremoto, è stato un momento di debolezza, non - non significa nulla»
 
Il ragazzo si chinò per allacciarsi la scarpa, con la tremenda verità che gli cadde addosso come un macigno: forse era vero, non aveva significato nulla quell’abbraccio. Era dettato dal panico, dall’urgenza, dalla situazione disperata, come sempre quando si parlava di Derek.
 
Scott si rese conto che con una semplice frase l’amico era andato giù di morale, e per questo i suoi sospetti, per quanto assurdi, su quella sera, si rivelarono fondati.
 
«Stiles, sei il mio migliore amico, e io sono un lupo mannaro, riesco a capire quando una persona mente. Tu non mi stai dicendo la verità. L’abbraccio di ieri ha significato qualcosa per te, lo so, l’ho sentito e credo che l’abbia sentito anche lui… non vi si poteva staccare nemmeno con la colla!»
 
Stiles arrossì di botto. In fondo non poteva nascondere una cosa del genere al suo migliore amico per tutto quel tempo.
 
Il ragazzo sospirò, alzando la testa e mordendosi un labbro. Era arrivato il momento di spiegare la situazione all’amico. Era l’ora di dire la verità. «Ok, allora, senti Scott, io e te dobbiamo parlare di una cosa»
 
Scott mise una mano sulla spalla dell’altro, con uno sguardo comprensivo che gli solcava il volto. Non c’era bisogno di spiegazioni, per una strana ragione Scott aveva già capito. «No, amico, non devi dirmi nulla. Non a me, almeno. Dovresti fare un giro nella stanza 708 e dire a qualcuno di venire a fare colazione con noi, sarebbe più utile, non credi?»
 
Stiles guardò negli occhi il suo migliore amico, stupito.
Scott riusciva  a rendere semplici anche situazioni complicate come quella. Sapeva che non l’avrebbe tradito, sapeva che avrebbe accettato il suo cambiamento. Non per niente era il Vero Alpha.
 
«Sicuro che non vuoi che ti spieghi nulla, in fondo è una situazione piuttosto assurda…»  
 
«No, Stiles, non devi. Mi sembri abbastanza innamorato. Non è un argomento che si può spiegare facilmente, l’amore…»
 
«Pfft, innamorato, Scott non saltare a conclusioni affrettate»  borbottò l’altro, arrossendo.
 
«Dopo la trasformazione in lupo di Jackson, quando lui e Lydia si sono abbracciati, ho avvertito che qualcosa stava cambiando in te Stiles. Ho visto come ti preoccupassi meno di Lydia, o forse più in maniera amichevole, e più di me e Derek. Soprattutto di Derek. Beh, in fondo ha un certo fascino, non posso negarlo. E dato che ricordo le discussioni che abbiamo avuto tempo fa sul fatto che tu attraessi i ragazzi gay, ho fatto due più due. Senza contare l’abbraccio della scorsa notte: ammettilo Stiles, sei innamorato di lui…» Scott concluse il discorso con un sorriso sincero. Non c’era repulsione nel suo sguardo.
 
Stiles sentì un peso nel cuore che lentamente scivolava via. Che idiota che era stato a tenere la sofferenza della cotta per Derek tutta per sé. Era stato male, aveva tentato di nasconderlo quando non c‘era motivo.
 
«Scott grazie, sei il migliore» Stiles abbracciò Scott, mettendo in quell’abbraccio molto più che semplici parole di ringraziamento o altro.
 
Lo Stilinski poi si alzò di fretta, dirigendosi verso la porta, l’agitazione che stava lentamente prendendo piede.
 
«Sei sicuro che sia una buona idea? Scott io sono psicologicamente sensibile, lo sai, se mi urlasse in faccia non so come potrei reagire…»  
 
«Ok, tranquillo Stiles, prendi un bel respiro. E’ mattino, siamo in Messico e il sole splende. Non può essere arrabbiato, e poi vorrei ricordarti come ti ha stretto ieri, non mi sembrava una persona furiosa, ma preoccupata» Scott fece l’occhiolino all’amico, che rimandò il gesto.
 
«Augurami buona fortuna» Stiles sembrava essere tornato il vecchio sé, agitato, sorridente e divertente. Era bastato un solo sguardo, a Scott, per capire che Stiles si stava ritrovando.
 
La strada era ancora lunga, perché le ferite psicologiche forse non guariscono mai, però Stiles, compiendo un passo alla volta, poteva farcela.  
 
«Buona fortuna amico» Scott alzò due dita nel segno di vittoria. 
 
Il ragazzo uscì dalla stanza d’albergo, prendendo un grosso respiro. Era il momento fatidico.
 
Scott, nel frattempo,  si sedette sul bordo del letto, in attesa del ritorno dell’amico.
 
Sapeva che prima o poi sarebbe successo, non era stupido. Tutti quei discorsi che Stiles aveva fatto sul fatto di essere attraente o meno per i ragazzi gay, oppure l’insistenza a parlare, o non parlare di Derek, durante quell’anno.
 
Scott sapeva che l’amico sarebbe finito nella “trappola”, e sinceramente era anche contento che il ragazzo che piaceva a Stiles fosse Derek perchè, se si scavava a fondo nell’animo dell’ Hale, e si conosceva altrettanto profondamente, il ragazzo poteva rivelarsi protettivo, amorevole. Proprio quello di cui aveva bisogno Stiles. 
 
Solo se si conosceva a fondo e lo si prendeva per il verso giusto, come sembrava aver fatto Jennifer Blake l’anno prima.
 
Non passò neanche un minuto, che Stiles tornò in camera, con uno sguardo truce e accusatorio, il lampo di felicità nei suoi occhi era scomparso, sostituito dalla ben nota amarezza.
 
Scott non fece nemmeno in tempo a chiedere cosa fosse accaduto, che Stiles gli abbaiò contro: «Tu, TU, NON FARMI MAI Più FARE UNA COSA DEL GENERE OK?» Il ragazzo prese Scott per la collottola, sbattendolo contro il muro.
 
Mc Call rimase stupito dalla violenza dell’amico. Tra i due doveva essere successo qualcosa di grosso.
 
«Scusa? Ehi, ma che ti ha detto Derek? Che è successo? Calmati Stiles!»
 
«No. Non mi calmo. Non nominare il nome di quello stronzo, ok? Non permetterti Scott!» Lo minacciò lui, puntandogli il dito contro, ansimando rabbiosamente, lasciandolo andare.
 
Il cambiamento di umore dello Stilinski preoccupò Scott, e non poco. Il ragazzo decise di assecondare i voleri dell’amico. 
 
«O-ok, non lo farò. Mi sa che l’invito non è andato a buon fine? Forse l’hai preso in un momento un po’ così, sai, Derek è un po’ lunatico..non so se mi spiego»  
 
Scott iniziò a ridacchiare da solo per la battuta involontaria, mentre Stiles lo fissava quasi come volesse squartarlo pezzo a pezzo. 
 
Era meglio, per Scott, abbandonare la questione Derek, per il momento
 
«Ok, ok, non lo nomino più, andiamo a fare colazione che ci aspetta l’allenamento prima della partita. Abbiamo bisogno di carburante» cercò di cambiare argomento Scott, mentre Stiles non aveva abbandonato il suo muso lungo.
 
Appena attraversarono il corridoio, Stiles si fermò davanti alla porta della camera 708, tirando un violento pugno contro di essa.
 
«Stiles, vieni via di qui!» Scott lo trascinò verso l’ascensore, prima che il ragazzo distruggesse l’intero palazzo. Due erano le opzioni: o Derek aveva insultato pesantemente Stiles, oppure gli aveva semplicemente risposto male.
 
I ragazzi entrarono nell’ascensore, con Scott che premette il pulsante del piano terra. Le pance di entrambi borbottavano, segno la fame aveva decisamente preso il sopravvento. 
 
Stiles si mise nell’angolo, con le braccia incrociate e lo sguardo torvo, senza proferire parola. Scott lo osservò: Derek, per quanto poteva essere protettivo, era comunque Derek, quindi abbastanza violento verbalmente, quando era arrabbiato.
 
Scott provò a sentire l’umore del lupo, e quello che gli veniva rimandato era frustrazione, la stessa che stava provando Stiles.
 
Mc Call provò a chiedere a Stiles, avvicinandosi al suo angolino, cosa gli avesse effettivamente risposto Derek, sperando di avere maggior fortuna.
 
«Allora, posso sapere che ti ha detto di tanto sconvolgente Der- »
 
«No!» sbottò Stiles, mentre il campanello dell’ascensore suonò e il lupo mannaro si lasciò distrarre dalla sua ragazza, che entrava festante, con Cora al seguito: quest’ ultima  decisamente meno entusiasta e più imbronciata. Tipico, per gli Hale.
 
Kira si buttò letteralmente tra le braccia del fidanzato, baciandolo sulla bocca teneramente, mentre Cora, tentando di sorridere, si avvicinò a Stiles.
 
«Ehi amico, come…»
 
La ragazza indietreggiò di parecchi passi: Stiles aveva sul volto un’espressione che poteva essere riassunta a parole con “Non parlare con me o ti spezzo le gambe”.
 
«Cos’ha?» Cora si voltò stufa, verso Scott che, non poté far altro che alzare le braccia. Non poteva confessare cosa tormentasse in realtà Stiles, anche se la stessa Cora l’avrebbe capito presto.
 
«Grazie al cielo non soffre per il ciclo» borbottò ancora la minore degli Hale, che odiava l’atteggiamento di Stiles, anche lei portando le braccia al petto e incrociandole.
 
«Ehi, aspetta, profuma di petunia!» Kira si avvicinò al ragazzo per annusarlo, e lui non la fermò solo perché Scott era li con lui. Nulla vietò il ragazzo di lanciare anche alla Yukimura un’occhiata glaciale. 
 
«Che significa ‘profuma di petunia’?» chiese Cora spazientita, rendendosi conto che quella conversazione acquistava meno senso col passare del tempo.
 
«Nello studio dei profumi dei fiori, se qualcuno profuma di petunia significa che–»
 
«Discorso chiuso, ok?» Stiles interruppe bruscamente la conversazione, dato che l’ascensore aveva raggiunto il piano terra.

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