My Shadow, your feelings (Part 5)

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Non ho capito perché, ma questo capitolo non si è pubblicato... provo a sistemare ora.

Il custode dello Stadio Olimpico, con indosso pantaloncini di cotone color zucca, una maglia con stampa floreale, e un enorme sombrero in testa, girò con forza le chiavi nella serratura, in maniera tale da aprire il cancello che avrebbe permesso alla squadra di Beacon di entrare nella struttura.
 
Era tempo di allenamenti, per il team, che nel pomeriggio avrebbe giocato la seconda partita del torneo di Lacrosse.
 
Il coach Finstock, dopo che i ragazzi ebbero indossato le divise e coloro che non erano parte della squadra si furono accomodati sulle tribune appena sopra le panchine, riunì la squadra sulle gradinate, per poterli motivare e caricare solennemente a modo suo.
 
«Ah, che giornata! Il sole splendente bacia tutti indipendentemente dalla loro prestanza, il che è un bene per voi, piccoli mollaccioni che non siete altro, ma dico, guardatevi attorno! Siamo nel tempio della forza maschia. Osservate questo stadio e familiarizzate con esso. Dovete sentire come se fosse un po’ casa nostra, ok? E sapete perché? 
Siamo noi qua i padroni, che devono comportarsi come uomini, non come stupidi teenagers. Dovete sentire la sensazione che vi attraversa da parte a parte, quella che vi rende potenti, concentrati per gli allenamenti e la partita. La sentite? Greenberg fa si con la testa, bravo il mio ragazzo. Greenberg la sente, quindi non vedo perché voi piccoli marmocchi in preda agli ormoni non possiate non avvertirla»  si interruppe, guardando in cagnesco tutti i giocatori, che sembravano più annoiati che altro.
 
«Veramente abbiamo avvertito, e non solo, la sensazione di Greenberg, coach, e direi che non è stato un bel momento» borbottò Danny, col naso tappato, voltatosi verso il compagno per lanciargli un’occhiata disgustata.
 
Il coach lo squadrò malamente, prima di riprendere il monologo che Danny, aiutato dalla provvidenza, sottoforma di “emissioni” di Greenberg, stava tentando di interrompere, anche se inutilmente.
 
«Danny sto cercando di spronarvi, quindi non fermarmi più. Ascoltate, ragazzi, questo è un momento importante della vostra vita, i Denver Outlaws sono delle bestie, nel vero senso della parola, ok? Quindi dovete batterli, stordirli, sfinirli, distruggerli, non solo vincere. Dovete annientarli moralmente, dovete tirare fuori gli artigli e le zanne che so che esistono in voi!»
 
Aiden, seduto in panchina vicino a Cora e Stiles, fu scosso da risatine silenziose, così come tutti i lupi mannari presenti, che all’ovvia insaputa del coach, potevano prendere sul serio quell’avvertimento.
 
«Dobbiamo prenderla alla lettera, coach? Qualcuno non avrebbe troppe difficoltà in merito, credo» chiese il ragazzo, mentre Cora non smetteva di ridere, mostrando di nascosto i suoi artigli ad uno Stiles sconcertato da quanto potesse essere vera la battuta dell’allenatore.
 
«Certo Aiden, dovete essere combattivi al mille per mille, ok? Dovete essere pienamente consapevoli delle vostre capacità e sfruttarle al massimo, non importa quanto angusta sia la porta, quanto impietosa sia la sentenza, perché voi siete i padroni del vostro destino, i capitani della vostra anima!» concluse lui, con le fiamme della sfida che gli  scoppiettavano negli occhi.
 
Buona parte della classe eruppe in un applauso fragoroso, che spronò ancora di più il coach; alcuni ragazzi rimasero impassibili, e altri riconobbero la reale origine delle ultime frasi pronunciate dall’uomo.
 
«Pfft, usa frasi tratte da Invictus, e quello vuole anche spacciarle per proprie»  borbottò Aiden annoiato.
 
«E’ imbarazzante. Oltretutto è uno di quei film che adoro, e vederlo citato senza motivo mi fa male» si spiegò Cora, mentre Aiden osservava ancora l’allenatore.
 
«Patetico, guarda come si gasa per una partita di qualificazione. Non oso immaginare che storie potrebbe montare per una finale…» rispose Aiden convinto.
 
Stiles si intromise scocciato, tra i due.
 
«Quanto andrà avanti ancora a parlare, quell’uomo? Voglio allenarmi, oggi mi sento in forma, per quanto possa sembrare strano, dopo la sbronza di ieri, ho questa voglia improvvisa di tastare il campo, di giocare. Non ho nessuna intenzione di rimanere in panchina tutto il tempo e…»
 
«Stilinski! Quando parlo voglio silenzio! Fai un giro del campo! Anzi no, vieni qua. - il coach sbottò infuriato, prima di farsi venire un’idea, a suo dire “brillante” - ho deciso, oggi proveremo ad allenarci in due gruppi. Tu sei parte del primo, insieme alle riserve, a Smith, a Greenberg e Mahealani, che mi aiuterà a sopportare la mediocrità della vostra situazione in campo»
 
Dalle panchine di legno, disposte in fila lungo un lato dello stadio, Cora sbuffò vigorosamente, rendendosi conto di come quell’uomo si contraddicesse sempre.
 
«Mister, mi scusi, ma non era lei, quello che fino a due minuti fa predicava la forza e la tenacia da parte di tutti? Perché adesso classifica alcuni ragazzi come mediocri?» la giovane indicò con uno sguardo sicuro Stiles, che, dal canto suo si rifiutava di alzarsi dalla panchina, per giocare nella stessa squadra di Jeremy Smith.
 
Non dopo quello che era accaduto tra loro. 
 
«Il coach è nei guai. Mai mettersi contro una Hale» bisbigliò Allison divertita, a Lydia e Kira, sedute con lei sulle tribune. Isaac, che stava a pochi metri da loro, ridacchiò alla battuta della sua ragazza, mentre Scott accanto a lui non aprì bocca. 
 
«Signorina Hale, so come gestire le riserve, a loro servono gli insulti per dare il massimo, quindi lasciami svolgere il mio lavoro con calma, altrimenti ti faccio fare un paio di giri di campo. Stilinski, muoviti, alza quelle chiappe e vieni a giocare, su!»
 
Stiles sì alzò controvoglia, mandando un occhiata disperata in direzione di Cora, che comunque non poteva fare nulla per aiutare l’amico, se non stringergli vigorosamente la mano, in segno di comprensione.
 
Il tempo attorno a loro era caldo ma ventilato, con le ombre dei ragazzi che risaltavano scure sul tappeto di erba dello stadio. Sembrava quasi di essere al mare, e nessuno si sarebbe stupito se qualche membro della squadra avesse avuto voglia di rotolarsi nel verde.
Era la condizione perfetta per allenarsi.
 
«Stilinski è scarsissimo, non so come abbia solo pensato il coach di portarlo in squadra» borbottò Aiden, non capendo che Cora accanto a lui l’aveva sentito.
 
La ragazza si voltò per tirargli una forte sberla: «Non parlare più di Stiles in quel modo, o giuro che applico il suggerimento del coach, tirando fuori gli artigli e le zanne per romperti l’osso del collo»
 
«Sono così abituato a sentire le tue minacce infondate,  che non ti credo nemmeno capace di attuare qualcosa di simile contro un amico, e poi stavo solo scherzando»
Aiden non si lasciò coinvolgere dalla rabbia della Hale, concentrandosi sugli allenamenti, che sembravano parecchio intensi.
Stiles collaborava perfettamente con Danny, con gran sorpresa del coach e dello stesso Aiden: i due avevano svolto tutte e venticinque le flessioni, con la fronte imperlata di sudore, ma la determinazione di chi sa che ha una grossa chance da giocarsi per entrare nei titolari.
 
«Io e te non siamo amici Aiden, ti sei scordato la nostra lotta nel bagno della scuola? Quella volta mi hai quasi ucciso. Come posso essere amica di qualcuno che mi è piombato tra capo e collo, tentando di  rompermi il cranio contro un lavandino?»
 
«Si, ok. Ho afferrato il concetto» rispose lui, non ascoltandola e concentrandosi verso la zona tribune, dove Lydia sedeva, ancora silenziosa e con uno sguardo avvilito.
 
Mentre le urla del coach, sorprendentemente positive, riecheggiavano nello stadio, il ragazzo si chiese perché la Martin fosse ancora in quello stato, dato che pensava di averla rincuorata con quel “ti amo”, che apparentemente però, non era servito a nulla: appena scesi dalla navetta, lei si era separata da lui senza parlare, per dirigersi verso le tribune con Kira ed Allison.
 
Non era da lei questo strano comportamento, ed era impensabile che solo perché lui non le aveva mai detto quelle due parole magiche, lei si fosse fatta venire una crisi di nervi.
Lydia non era tipo da questi complessi.
 
«Come va con Lydia? Era sconvolta stamattina, e ancora non ho ben capito per quale motivo» chiese Cora seppellendo l’ascia di guerra che aveva alzato tra sé e il lupo, buttando lo sguardo in direzione dell’amica.
«Non lo so, e sinceramente? Oggi mi sembra troppo strana, e non credo che quello che mi ha raccontato sul pullman sia vero.
Non è solo colpa degli scombussolamenti ormonali. Scott ieri, con la storia del polline,  lei oggi, sembra di essere ripiombati in un vecchio incubo. Qualcosa sta accadendo, e non mi piace»
 
«Sai Aiden, io credo che dovresti parlarle, tentare di farti dire cosa prova effettivamente. Magari riesce a liberarsi da questa malinconia passeggera»
 
Cora rimase sovrappensiero, fissando distratta il campo davanti a sé: la partita di riscaldamento di Lacrosse era iniziata, e Stiles aveva compiuto uno splendido assist in direzione di Danny, lasciando la zona delle tribune a bocca aperta.
 
Aiden sentì di aver bisogno di sfogarsi, per questo proseguì col raccontare a Cora quello che gli passava per la testa: «Ha detto che sta male perché io non le ho mai confessato di amarla. Lo so, in fondo stiamo insieme da più di un anno, ma nessuno di noi ha mai sentito il bisogno di rivelare sentimenti che»
 
Il lupo si interruppe, guardando anche lui l’allenamento vittorioso. La verità spaventosa del seguito della sua frase si era appena affacciata alla sua mente, stordendolo.
 
Cora captò una strana tensione, mai palesatasi prima, voltandosi verso di lui, scioccata.
 
«Spero di aver intuito male, ma mi è parso di capire che stavi per concludere la frase intendendo dire che tu non la ami, esatto? E’ una delle mie migliori amiche, è un genio praticamente in tutto, non puoi nemmeno pensare una cosa del genere.
Se sta con te, è perché ti ama, fidati. A volte le ragazze, soprattutto in certi periodi, si comportano diversamente, rispetto al solito, sembrano o più fredde, o più emotive.
Non puoi giudicarla da un momento di debolezza. Anzi, devi sfruttare questi momenti per unirti a lei, proteggerla e sostenerla, avendo anche un po’ di pazienza» 
 
Aiden annuì al consiglio della Hale, non riuscendo però a staccare quella sensazione di vuoto che lo pervadeva.
Nemmeno l’ennesima rete di Stiles, festeggiata con giubilo, poteva renderlo di buonumore.
Dopo qualche secondo, l’Alpha continuò: «Il nostro è un rapporto strano. Io le voglio bene, un bene dell’anima, ma forse è vero che non sono certo di amarla davvero. Non so, sembra quasi che io mi sia semplicemente abituato alla sua presenza, e se dovesse allontanarsi, forse non mi dispererei. Non so come comportarmi»
 
Aiden tolse la maschera da duro, mostrando il suo vero volto. Lui come tutti gli adolescenti, era insicuro, dubbioso sul da farsi e sui suoi sentimenti. Stava per continuare, quando qualcosa lo fermò: «Dio, non so nemmeno perché ti sto raccontando tutto questo. Io e te non siamo amici, l’hai confermato prima»
 
«Forse stai raccontando quello che ti passa per la testa perchè avevi bisogno di sfogarti e basta» dichiarò Cora in maniera sensata, sorvolando sulla sensazione di calore che la parola “amici” le avesse regalato. Anche lei non era tipo da consigli o confidenze, eppure aveva ascoltato i tormenti amorosi dell’Alpha, così come faceva con Stiles, che senza dubbio era il suo migliore amico.
Per questo ascoltò il lupo. Nonostante il loro rapporto burrascoso, sapeva che aveva bisogno di aiuto, che lei non osava negare. 
 
«Forse. Era da un po’ che non mi confidavo così con qualcuno, sai, nemmeno con - »
 
«Lydia» entrambi pronunciarono il nome della Martin, con enormi sensi di colpa e dispiacere.
 
«Te lo ripeto: parla con lei. E’ stato un momento di debolezza, probabilmente. Sai, non è fatta di pietra, quella ragazza. Confidati, esprimile quello che provi, potresti cambiare idea su di lei, e magari innamorarti sul serio, dato che purtroppo hai ancora dubbi. Non ferirla, solo questo. Non voglio che una delle mie migliori amiche stia male per amore, capito?»
 
«Il tuo non – amico ha compreso tutto, farò come dici» Aiden la guardò per un attimo negli occhi, trovandosi quasi davanti ad uno specchio: il color nocciola delle pupille dei due ragazzi era praticamente lo stesso.
 
Il ragazzo sorrise, rendendosi conto dell’errore madornale commesso in passato: come aveva potuto odiare a morte Cora?
 
La stessa Cora pensò che aveva giudicato male Aiden, nonostante il suo contributo all’uccisione di Boyd, uno dei suoi migliori amici.
 
«Scusami» sussurrò lui, imbarazzato. Non specificò il soggetto, che entrambi avevano intuito, perché in fondo non ce n’era motivo.
 
«Potevi uccidermi, Aiden. Sono una persona così cattiva?» chiese lei, fissandosi le scarpe.
 
Aiden si guardò attorno, incrociando per un secondo gli occhi verdi di Lydia, non più umidi, ma freddi e distanti all’apparenza. Il ragazzo prese un grosso respiro.
 
«No, Cora, non sei una persona cattiva. Non lo sono nemmeno io, ma a quei tempi eravamo uno contro l’altro, era naturale volessi ucciderti»
 
«Naturale? Oddio, non ti aspettare più consigli da me, va bene? Non farlo, lasciami perdere…»
Cora ridacchiò, non intendendo vera la sua richiesta.
 
Il silenzio calò tra i due lupi mannari, e fu quello il momento nel quale Stiles segnò di nuovo una splendida rete, e il coach fischiò la fine di quel turno di allenamento.
 
Lo Stilinski si diresse entusiasta in direzione della Hale, prendendole le mani: «Cora sono titolare! Non so cosa mi sia successo, ma, oddio, oggi giocherò! Non mi è praticamente mai capitato in quattro anni di scuola!»
 
«Ma è meraviglioso!» la Hale abbracciò l’amico, seguita poi dal resto del branco, con Scott e Aiden in prima linea.
 
«Bravo Stiles, te lo meriti tutto» disse Scott, sorridendo per la prima volta quella mattina. Anche Aiden, che comunque non parlava con Scott a causa del litigio di qualche ora prima, si congratulò a suo modo con lo Stilinski.
 
«Bravo, strano che tu abbia avuto una giornata fortunata, ah, be, incrociamo le dita»
 
Stiles biascicò un veloce grazie, nonostante avesse captato il sarcasmo nel tono del lupo,  prima di sedersi di fianco a Cora.
 
«Tuo fratello non c’è?»
 
Cora lo rimbrottò all’istante: «Lo vedi? L’hai visto in queste ore? No? Nemmeno io, quindi non fare queste domande, soprattutto dopo essere diventato  titolare. Ti prego, rovineresti l’atmosfera festosa»
 
«Avrei voluto fosse qui» si lasciò sfuggire Stiles, il rossore che si espandeva sulle guance.
 
«Pfft, patetico. Questi sono i discorsi che non ho mai sopportato, detti dai ragazzi innamorati. Ognuno è libero di andare dove vuole, vivere la propria vita, non c’è bisogno di essere sempre attaccati con la colla»
 
«Dimenticavo la tua tipica acidità da Hale. Scusa se ho voluto confidare ad un’amica i miei tormenti»
 
Cora sospirò. Stavolta l’aveva combinata grossa.
 
«No, scusami tu,  non avevo intenzione di offenderti. Senti, perché non festeggi il fatto di essere titolare, e lasci perdere mio fratello? Lui salterà fuori a pranzo, o al massimo in tempo per la partita, sai com’è fatto» la ragazza tentò di consolare Stiles, che, capendo il tentativo di riconciliazione della ragazza, le sorrise di rimando.
 
«Di che chiacchieravi con Aiden?» chiese lui dopo qualche minuto, mentre osservavano il perfetto riscaldamento di Scott, Isaac e i gemelli, che stava terminando, con il coach al settimo cielo.
 
«Nulla, stavamo solo discutendo su Lydia e le sue stranezze di oggi. Non è solo quello, il problema è anche che lei e Aiden non sembrano più andare d’accordo come sempre»
 
«Ho notato che non ha smesso di piangere per tutto il viaggio. Non mi va di vederla così. Dovremmo andare da lei e provare a farci dare qualche spieg-»
 
Stiles interruppe il suo discorso a causa dell’improvviso trambusto che si scatenò attorno a lui.

Labyrinth (ITA)  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora