Nahual (Part 11)

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Cumuli di nuvole scure coprivano, piuttosto compatti, la vista della luna ancora piena, anche se in fase ormai calante, agli abitanti della Terra: la tristezza immensa di quella sera poteva facilmente vedersi se si alzavano gli occhi al cielo, dato che nemmeno una stella brillava nella volta celeste e in lontananza, immerso in un blu sporco e scuro, poteva sentirsi per caso anche qualche tuono solitario.
L’umidità assurda di quel giorno aveva formato nubi temporalesche che si sarebbero avvicinate sicuramente all’hotel. C’era di buono che sembrava che ci fossero meno fiori in giro, ma forse questo solo perchè si era al buio.

Il litigio di quel pomeriggio gli rimbombo fastidioso nel cervello per tutta la cena e anche dopo: il ragazzo decise, dopo aver tentato per venti minuti di ingoiare verdure scotte, che forse era meglio salire all’ultimo piano, quello della piscina, che aveva designato come il suo preferito, per rilassarsi e pensare.

Stiles si sedette esattamente come il giorno prima, sul bordo della piscina, i piedi nudi che giocavano con la superficie dell’acqua, creando piccole onde che scomparivano dopo un battito di ciglia.
In un folle attimo sperò che Derek lo raggiungesse, e rimanesse lì accanto a lui, anche se sapeva che nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.
Si sentiva ridicolo ad avere le guance bagnate, e gli occhi rossastri e gonfi dopo una sera intera, eppure trattenersi in questi casi non aveva senso.
Non aveva toccato cibo, a differenza dei suoi amici e soprattutto di Isaac, che di fianco a lui a tavola, si era abbuffato di pollo e tacos. Non era stato l’unico a non aver aperto bocca, dato che Lydia, stranamente, era rimasta appartata dal gruppo, seduta ad un tavolo solitario, fissando tristemente il piatto che aveva davanti.

«Non so cosa gli ho fatto, sto cercando di ricordare, ma sembra che il mio cervello si sia rifiutato di registrare quello che ci siamo detti con Jeremy, i nostri gesti e tutto il resto.. e questo Derek non lo capisce…» sbottò Stiles a sé stesso, asciugandosi il volto con la manica della maglietta. Il respiro corto e il nodo in gola erano nulla, nulla, paragonati alla situazione del suo cuore, spezzato a metà.

E ancora adesso, Stiles non riusciva a smettere di singhiozzare, vergognandosi per come il suo stomaco ruggisse a causa della fame.
Gli sembrava di essere finito dentro un tritacarne: le ossa, i muscoli, gli organi, tutto bruciava indistintamente. Era questo quello che succedeva alle persone quando venivano lasciati seriamente?

«Pfft. Quando Lydia ha baciato Jackson, ho pianto e ci sono rimasto male, ma non così. Forse perché quello era un amore non corrisposto. Questo.. questo è completamente diverso. Chissà se anche Derek è ridotto così…» si chiese lo Stilinski, consolandosi per il fatto che forse, quel dolore era diviso a metà, e per questo teoricamente più facile da gestire.
Parte di lui voleva mettere da parte l’orgoglio, scendere, bussare nella stanza 708 e perdonare Derek, mentre l’altra metà semplicemente voleva dimenticare l’accaduto, e la presenza di Derek in quell’Hotel.

Era cinico da morire, eppure non riusciva a pensare ad altre soluzioni, anche perché Stiles continuava a ricordare a sé stesso che tecnicamente non aveva fatto nulla.

«Chissà, magari se mio padre fosse stato qui…»

Stiles quasi dimenticò che aveva una confidente a portata di mano, e non era Cora, che ovviamente avrebbe preso le difese del fratello, ma la ragazza che quasi telepaticamente apparve da dietro la porta, i tacchi che facevano un rumore infernale.

Nemmeno Lydia sembrava passarsela bene: niente acconciature complicate o trucco all’ultima moda, solo un volto acqua e sapone, e capelli lisci al vento.

La Martin, levate con un gesto fermo entrambe le calzature, si sedette esattamente accanto allo Stilinski, posandogli una mano sulla spalla, tentando di trasmettergli un po’ di conforto e inzuppando i piedi nell’acqua.

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