Sacrifice (Part 12)

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Gli occhi rossi degli Alpha brillarono al buio: piccoli fari, simili a lucciole infuocate, a simboleggiare l’ultimo grammo di speranza rimasta al branco, ormai non più impressionabile dopo tutto quello che aveva passato .

Per questo le due squadre si gettarono contro gli elfi moltiplicati senza nessuna paura, consci delle loro capacità e soprattutto possibilità.
Lo scopo di Derek era soltanto quello di scovare il vero Jeremy, tra i dieci che stavano combattendo: voleva fargli pagare tutto quello che era accaduto a lui e Stiles, per colpa dell’intrusione dell’elfo.
Voleva rispedire al mittente la sofferenza immane della prigionia dello Stilinski.

L’Hale trovò finalmente di fianco uno dei tanti Jeremy, e la rabbia crebbe dentro di lui, come un fiume in piena. Non gli importava se fosse o meno quello vero: doveva distruggerlo, una volta per tutte. Poi si sarebbe dedicato alle altre copie, e infine a quello vero.
Derek strinse il pugno con forza, per poi colpire al volto l’elfo, le nocche che si scontrarono con la mascella, provocando un rumore grottesco.
Derek alzò un sopracciglio, meravigliato.
Il rumore del colpo era troppo simile a quello che veniva dato ad un ragazzo in carne ed ossa, non ad una copia.

«Sei tu…» sussurrò l’Hale, con un ghigno e gli occhi ancora più rossastri.
Aveva trovato Jeremy: era tempo che i conti tra i due si regolassero per sempre.
L’altra mano seguì a colpire, con più forza rispetto a prima: un colpo, poi un altro, il contatto con il volto sempre più intenso.

Ogni pugno era un ricordo dei momenti orrendi che aveva trascorso per colpa dell’elfo.
Ogni colpo, la sensazione che tutto quello sarebbe finito presto.
Jeremy ribatté con un calcio ben assestato, finito sullo stomaco di Derek, che si chinò per terra, senza respiro.

«Vuoi sempre fare l’eroe, Hale…» gli rise in faccia Jeremy, tirandogli un altro calcio che lo colpì dritto sul volto, causandogli un taglio profondo sulla guancia.
Derek sentì il corpo di qualcun altro accanto al suo, all’apparenza privo di coscienza.

Il panico lo investì come un tornado, la pelle scossa da brividi intensi e i polmoni che parevano pieni di cemento, per quanto non riuscisse a respirare.

Non voleva guardare, non poteva. Non aveva intenzione di distrarsi da Jeremy, perché doveva riuscire ad ucciderlo.
Non poteva nemmeno pensare di provare ad avvertire l’odore del corpo accanto, dato che sarebbe stata una distrazione mica male.

L’unica speranza era che non fosse quello di Stiles.
Derek, dopo aver riacquistato un po’ di calma, non si fece nemmeno distrarre dalle urla provenienti alle sue spalle, con Allison che continuava a lanciare frecce in direzione di un Trampa che ora le schivava con più agilità, e dall’evidente dramma che si stava svolgendo attorno a lui, con corpi per terra, Lydia che urlava e sangue, fiotti e fiotti di sangue, l’odore metallico che penetrava nelle narici.

Il ragazzo puntò al suo avversario, balzandogli sulle spalle con forza, braccando il collo con il gomito e costringendolo in quella posizione.

Il volto di Jeremy stava diventando sempre più paonazzo, le vene sulle tempie e sul collo che ormai erano ben visibili e l’ossigeno del ragazzo che andava scarseggiando.

Jeremy trovò la forza di piegarsi in avanti, spedendo Derek contro il terreno: la testa dell’Hale picchiò violentemente per terra, ma il ragazzo, nonostante una ferita evidente e il sangue che prese a scorrere a fiotti lungo la tempia, non poté fermarsi.

«Derek!» urlò Stiles, gli occhi sgranati verso il ragazzo che amava, che ora aveva il volto deformato da troppi lividi ed escoriazioni.

«No, Stiles non distrarti, combatti, sto bene!» gli urlò lui, senza nemmeno guardarlo negli occhi, beandosi solo della certezza che l’altro fosse cosciente: l’unica sua preda era Jeremy, e non poteva perderla di vista. Sarebbe stato un disastro altrimenti.

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