My Shadows, your feelings (Part 17)

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«Calle Madrid 15 por favor», disse Cora, appena salita sul taxi rosso che l’avrebbe riportata in hotel.
Maledetto coach e quella voglia di raccontare le sue vicissitudini. Perché poi lei? C’erano altre decine di ragazzi con cui parlare, perché perdere tempo a raccontare di amori vecchi di decenni proprio a quella che aveva meno voglia di starlo ad ascoltare?

L’autista mise in moto la vettura, senza parlare, solo muovendo di poco la testa per far capire alla ragazza che l’aveva sentita.
Perfetto, quella giornata assurda si sarebbe conclusa con lei che tornava in hotel. imbufalita e non poco con i suoi cosiddetti “amici”, che l’avevano lasciata da sola: bella gente che frequentava, dato che nessuno l’aveva aspettata.

“Vabbè, non è un grosso problema, in fondo. Mi vendicherò, questo è certo, ma non è la prima volta che giro per una grande città da sola… ” Pensò tra sé e sé.
No, in fondo poteva essere anche divertente osservare con calma le miriadi di luci che permettevano alla città di brillare, di essere notata anche dallo spazio, di esistere.
Poteva fare invidia alle stelle del cielo, la distesa infinita di luci che poteva notarsi dall’alto. Cora non poteva ammirarla, ma immaginava quanto potesse essere magica.
Avevano percorso solo pochi metri, quando il Taxi si fermò di nuovo, permettendo all’ultima persona che Cora avrebbe voluto avere di fianco in un taxi, di salire indisturbata.

«Calle Madrid 15 por favor», pronunciò quella voce che quasi sembrava provenire dagli inferi.

Cora decise che la soluzione migliore era solo guardare fuori dal finestrino, ignorando il più possibile la ragazza a fianco, che sembrava perseguitarla.
Cosa era venuta a fare su quel taxi? La stava forse seguendo?
Per un attimo la giovane Hale si sentì davvero indifesa, da sola contro quella ragazza inquietante, prima di ricordarsi che lei era una Hale, una ragazza forte e non poteva farsi mettere i piedi in testa da nessuno.

«Oh, non mi sfuggirai Cora. Non pensarci nemmeno» sussurrò lei piano, guardandola con un ghigno. «Solo perché un vecchio alla reception mi ha cacciato dall’hotel, mai visti di poncho così arancioni tra parentesi, non vuol dire che io non possa attendere te e Derek fuori tutta la notte. Soprattutto Derek»

«Tu sei pazza» ribattè Cora, che decise di mantenere più distacco possibile da Yvita, trovandosi praticamente tutt’uno con il finestrino che continuava, imperterrito a mostrarle le luci della notte.

L’odore di fiori che Cora continuava ad avvertire, attorno a Yvita, si stava intensificando sempre di più, tanto che la ragazza dovette abbassare il finestrino per permettere alla fresca arietta notturna di darle un po’ di tregua.

«Si, lo ammetto, sono pazza di tuo fratello. L’ho conosciuto per caso, ma non importa, io e lui vivremo una vita felice! Io e lui, e nessun altro»

Cora si chiese se il fratello avesse acquistato da qualche parte un magnete fatto apposta per le persone squilibrate, dato che tendeva ad attirarsele tutte lui.
Forse ci era nato, con questa calamita, e vista così, la cosa poteva essere decisamente inquietante.

«Non metterti contro di me Cora. Io ho capito, riesco ad ascoltare i tuoi pensieri e quelli dei tuoi amici. So che mi odiate, ma questo non mi fermerà dal mio scopo, ricordatelo. Io voglio Derek per me, solo per me e lui lo sa. L’ha capito e mi sta aspettando»

Il silenzio che Cora decise di imporre non fermò la voglia di parlare dell’altra.
Perché era così fissata con Derek?
Mancavano ancora dieci minuti all’arrivo: mai il tempo aveva rallentato così tanto la sua corsa. Dieci minuti in compagnia di quella ragazza, sembravano ore.

«Sai, credo che la città ultimamente sia più fiorita del solito, non credi anche tu? E’ tutto così rosa e perfetto…»

«No. Non sono mai venuta qui, non ho idea di come possa essere di solito. Tutte le città fioriscono ad Aprile. Sai, credo sia colpa della primavera» ribattè la Hale, molto a malincuore.

«Oh, si, d’inverno è priva di tutti questi splendidi fiori. Non che ti importi, in fondo. Lo capisco. A me piacciono molto, sai? Credo possano piacere anche a Derek»

Cora prese un bel respiro, contò mentalmente fino a cinquanta, prima di sbottare.

«Derek odia i fiori, odia te e non ha voglia di vederti. Non capisco perché tu sia così ossessionata da lui»

«Perché lui ha un enorme potere, che non deve essere sfruttato»

«Potere?»

Yvita fissò Cora con uno sguardo malefico, prima di voltarsi verso il finestrino e rimanere in silenzio fino alla fine del tragitto.

Cora rimase a lungo soprappensiero. Potere? Che potere poteva mai avere suo fratello, che non fosse il muso perenne?
La ragazza fu tentata di provare a intavolare una discussione, quando la macchina si fermò esattamente davanti all’hotel.

Cora uscì dal taxi, pagò il tragitto e si voltò senza guardarsi indietro, entrando di corsa nella hall dell’Hotel, vuota e completamente silenziosa.
Sembrava quasi il teatro di una scena del crimine.

La ragazza entrò in ascensore, pronta per cliccare il pulsantino che indicava il sesto piano, quando una strana sensazione la avvertì che forse era meglio affrontare solo il primo. Giunta lì, si appostò dietro la vetrata che dava sulla strada, appena vicino alla zona pranzo.
Se Yvita avesse avuto qualche losca intenzione di seguirla, nel momento in cui Cora avesse raggiunto la propria camera, era probabile che quella donna trovasse facilmente la camera di Derek, e lì sarebbero stati guai, e anche grossi.

Quello che Cora non si sarebbe mai aspettata era un dialogo tra il taxista e Yvita, con la ragazza interessata a parlare con lui.

«Quindi non sei messicano?»

«No, vengo dal Guatemala, sono qui per lavoro»

«Interessante….uno straniero! Che bello»

Sembrava un dialogo tranquillo, un semplice scambio di opinioni, finchè Yvita non assunse un colorito paonazzo, per poi diventare pallida di colpo.
La donna si avventò sul taxista, prendendolo di peso l’uomo e scaraventandolo con violenza contro un palo della luce.

Cora aveva quasi paura di respirare, di permettere a Yvita di riconoscere la presenza della ragazza, nonostante le separasse una vetrata e circa dieci metri di altezza.

Yvita iniziò a muoversi freneticamente, piegandosi sulle ginocchia e zampettando disgustosamente sul marciapiede. Sembrava stesse ballando una danza tribale, angosciante e sinuosa allo stesso tempo.

Yvita stava radunando il proprio branco.
Cora se ne accorse quando notò decine e decine di donne, che si avvicinavano a lei, lentamente, senza quasi fare rumore.

Il sangue iniziò a bagnare paurosamente il marciapiede, lo stesso che vedeva quella riunione sconvolgente, alla quale Cora era risultata spettatrice senza volerlo.

Yvita pareva più anziana, quasi avesse guadagnato mille anni, solo danzando.

Cora osservò con gli occhi sgranati e il cuore che le pompava nel petto, l’orrore che quelle donne stavano compiendo sul taxista, rimasto inerme per terra.

Così come erano apparse, le donne si volatilizzarono: l’uomo riposava per terra privo di vita, mentre accanto a lui si era posata una distesa di fiori.

Labyrinth (ITA)  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora