Nahual (Part 9)

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Il sibilo sordo del telegiornale riusciva ancora a fare capolino nelle orecchie di Cora, coperte dagli auricolari. Il volume della tv messicana, posta sul pullman, era davvero alto, ma non abbastanza da non permette alla Hale di ascoltare in pace la canzone più noiosa del secolo, che però a lei piaceva. Aiutava a distrarla dai problemi che si volevano annidare sempre più nel suo cuore, e da quella litania che ripeteva «Hai ucciso ieri notte, hai ucciso, e lo sai…» nel suo cervello.

Cora scosse violentemente la testa. 
«Non ho ucciso. Non posso averlo fatto...»

La sedia del pullman sulla quale sedeva, si stava scaldando sempre più, facendole quasi sembrare di essere sui carboni ardenti. 
Non riusciva a trovare una posizione comoda nemmeno a pagarla: le sue gambe in tensione ringraziarono, quando l'autobus si fermò appena di fronte alla statua d’ingresso dell' ospedale Shriners.

La ragazza si morse il labbro, alzando il volume della musica. C'erano troppe persone in lacrime, che scendevano dalla vettura.

«Ok, ok Cora, non è nulla di preoccupante o altro. È Aiden, lo conosci da un anno o forse più, comportati da amica e nessuno si farà male» . Il pensiero di Aiden, appena a pochi metri da lei, le fece battere violentemente il cuore. C'era di buono che almeno non si sentiva più in pena per i parenti di persone che non aveva mai visto. 
Adesso aveva i suoi di problemi.

Entrare in ospedale fu un trauma per le sue narici: l'ammoniaca e il forte odore di medicinali le fecero venire le lacrime agli occhi: era meglio trovare la camera di Aiden, è in fretta, soprattutto cercando di evitare infermiere petulanti.

Nemmeno il tempo di pensarlo, che:«¿Perdón, donde vas?» chiese un' infermiera dallo sguardo torvo, piombata accanto a lei dal nulla.
Era piccola e ben in carne, con i capelli raccolti a mo’ di coda di cavallo, neri e lucenti. Sembrava una persona con la quale non si potesse scherzare troppo.

«Ehm...estoy ehm facendo visita ad un amico, come si dice...ehm amigo, Aiden Carver! Piano 6 stanza 4» rispose la ragazza tentennando e mimando i numeri con le dita e insultandosi per non aver imparato lo spagnolo.

La donna, dopo averla osservata per bene, aprì il volto in un sorriso raro. «¡Ay, claro! ¡Tu eres su novia, muy guapa! Sigame...»

La donna, con molto più slancio, prese il polso di Cora, per trascinarla verso l'ascensore. Pochi secondi dopo, si rese conto che Cora mostrava un volto spaventato e insicuro, probabilmente dovuto al fatto che non avesse capito nulla del discorso e dei complimenti che l'infermiera le aveva fatto.

«Oh claro, tu no entendiste nada, no hablas español. Uhm como se dice...ay ehm.. Tu eres una bella ragazza, sei la ragazza di Aiden, el tiene suerte...fortuna, a ser tu novio…ragazzo!»

L'ascensore si fermò quasi subito, facendo uscire Cora dal cubicolo decisamente più allegra del solito. 
Non si preoccupò nemmeno di correggere l'infermiera, che la stava ancora accompagnando verso la camera dove Aiden era ricoverato da troppi giorni. 
In fondo voleva che le parole della donna diventassero realtà, il prima possibile.
La donna indicò il cartello dell' orario delle visite, per poi sorridere di nuovo. Era molto meno corrucciata, adesso, rispetto a prima. Cora la salutò con un «gracias» tentennante, prima di entrare nella stanza, dove Aiden riposava tranquillamente.

Sembrava innocuo, quando vagava nel mondo dei sogni. Il suo petto si alzava e abbassava ritmicamente, e il volto era molto più rilassato e non pallido o smunto, come credevano fosse, dopo essere stato male. 
Dormiva tranquillo, con la testa appoggiata al cuscino, come se fosse tornato ad essere un bambino.
Cora lo osservò con gli occhi lucidi, allungando una mano per accarezzargli una guancia.

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