Sacrifice (Part 4)

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I raggi del sole non filtravano minimamente nella segreta, sotto la piramide.
Solo la torcia del cellulare di Allison, che miracolosamente aveva ancora un quarto di batteria, riusciva a sopperire alla mancanza di luce che le stava logorando la vista.
Proprio quest’ultima, da un ora a quella parte, era intenta ad allentare ancora di più la presa dalle manette, in modo tale da liberarsi e uscire da quell’inferno.

Aveva dormito a malapena cinque minuti quella notte, aveva sete ma non riusciva a prendere la bottiglietta dallo zaino e dulcis in fundo, i polsi erano avvolti da croste color carne e sangue rappreso.

Stiles non se la passava meglio: pallido e stordito, ancora soffriva di mal di testa dopo la botta di Jeremy, e se ne stava rannicchiato contro la grata, completamente apatico.
«Stiles, Stiles, santo cielo stai sveglio, ti prego. Non posso pensare di sconfiggere quei pazzi da sola… e dobbiamo fuggire in due, non posso lasciarti a marcire qua sotto…
La Argent iniziò a tirargli dei calcetti, sperando che il ragazzo si svegliasse, o perlomeno rimanesse cosciente.

«Ho sete» gracchiò lui, le labbra screpolate e una espressione sofferente in volto.

«Stiles se non ci liberiamo dalle manette io non posso usare le armi e darti la bottiglia d’acqua rimasta nello zaino, quindi per favore sforzati un po’ e prova a resistere…»

Allison continuò a muovere le braccia, incurante del sangue che le scorreva sulla pelle e dello sfregare delle manette che stava rasentando il dolore insopportabile. La ragazza si morse il labbro, per trattenere le urla, permettendo anche a quel lembo di sanguinare.

Stiles la osservò per un attimo, uno sguardo compassionevole gli attraversò il volto: Allison era una combattente, si vedeva. Non si sarebbe arresa per nulla al mondo, e nonostante tutte le sue grandi conoscenze di armi e difesa, rimaneva comunque umana.

Proprio come lui.

Stiles si riscosse dal torpore, imitando i movimenti di Allison, che però gli provocavano un dolore impossibile all’altezza dei polsi.

«Come…come fai a non urlare o piangere dal dolore? Liberarsi da qui fa malissimo» chiese Stiles con gli occhi lucidi.

«Semplice, sono una donna, Stiles. Dimentichi tutti i dolori che sopporta il nostro corpo in un certo periodo del mese, ad esempio…»

«Oh, giusto…- Stiles lasciò che poche lacrime gli cadessero dagli occhi, prima di chiederle - secondo te i ragazzi verranno a liberarci?Scommetto che saranno tutti preoccupatissimi»

«Stiles, non so…. Probabilmente ci stanno cercando, però non credo che lo facciano nella zona giusta. Vuoi che io sia onesta con te? Non credo ci troveranno mai, ma per questo dobbiamo avere la forza di uscire»

«Come mai tutto questo pessimismo?»

«Devi essere preparato sempre al peggio, Stiles…non è pessimismo, è realismo. I ragazzi non ci troveranno mai qua sotto, ci sono troppi odori che mascherano il nostro. Sarà un impresa uscirne, ma sono sicura che ce la faremo»

Allison si agitò ancora un po’, tentando di liberare i polsi, mentre Stiles rimase fermo.
Non aveva nemmeno salutato Derek. O fatto altro con lui… si sarebbero dovuti vedere, la sera precedente, per beh, ufficializzare la loro relazione.

Il volto di Derek gli fluttuò davanti agli occhi, facendogli tremare lo stomaco. Gli mancava, voleva abbracciarlo, baciarlo stringerlo a sé…voleva…

Era innamorato perso di Derek, una fiamma incandescente che gli bruciava il cuore.
Stiles chiuse gli occhi, in preda al dolore. Stava male, sentiva un dolore lancinante all’altezza del petto, che si espandeva in tutto lo stomaco.
Non poteva permettersi di morire là sotto.
Non poteva permettersi di non vedere più Derek.

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