Sacrifice (Part 2)

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Il tempo sembrò scorrere più lento del solito. Era incredibile come fossero ancora alla fine del terzo quarto di una delle finali più combattute della storia: 12 -12 e tutti negli spogliatoi, quando era ancora mezzogiorno.

Scott si levò il casco, dissetandosi e ripensando agli schemi che in tutti quegli anni aveva utilizzato per giocare, e che quel giorno non riuscivano a materializzarsi nella sua testa.
Stiles era il martello che gli stava distruggendo il cervello. La preoccupazione per quel ragazzo aveva ormai raggiunto il limite.

«Scott, rilassati. Sei stato il più teso in campo, non vorrai farti espellere… è la finale, hai lavorato duramente per raggiungerla»

«Con Stiles. Ho lavorato con Stiles, ho giocato, ho migliorato la mia tecnica con STILES. Che non è qui, non è in albergo, e dio solo sa dove è finito. Non posso rilassarmi Kira…»

Mancò poco che tirasse un calcio contro la panca.

Scott era così nervoso che dovette chiudere gli occhi, perché avrebbe rischiato di mostrare di nuovo le iridi color rubino.

Ignorò la spruzzata continua del deodorante di Kira, che regalò all’ambiente un po’ di profumo.

«Sfogati in campo. Credi che noi siamo anche solo un minimo tranquilli? Siamo un branco Scott, e se ne perdi un membro è come perdere un –»

«Arto. Lo so Isaac, lo so, ma è più forte di me. Stiles è… lui è mio fratello, e io non posso perderlo! Lo stesso vale per Allison, è una sorella per me…»

Il coach apparve, segnalando la fine dell’intervallo e incitandoli a uscire usando un: «Su, forza, andiamoci a prendere la vittoria!»

Il tempo volava rapido come il suono solo durante le pause, ovviamente nel momento in cui Scott tentava di riorganizzare le idee, provando a non esplodere. 
«Ragazzi, vincete. E’ l’ultimo quarto del torneo, solo questo…» tentò il coach, senza successo. La strana sfumatura verdognola del suo volto rispecchiava quella del resto della squadra, altrettanto terrorizzata.

Era la finale di Lacrosse, non si potevano più compiere passi falsi. Non importava essere spettacolari, o veloci, o forti più dell’avversario, se alla fine non si aveva almeno un punto in più.
Scott strinse il casco tra le mani, prima di prendere un grosso respiro e mescolarsi tra la folla di gente, assiepata nel tunnel.
Kira era di fianco a lui, un sorriso incoraggiante le trasparì sul volto, tentando in qualche modo, di spronare il fidanzato.
In un battito di ciglia l’intera squadra si ritrovò in campo, contrapposta ai brasiliani, desiderosi di vincere.

Grazie al cielo, però, non erano gli unici, a dimostrare come il team di Beacon non riuscisse mai a piegarsi alle difficoltà.
Sarebbe stata una partita incandescente, che nemmeno la pioggia battente avrebbe potuto smorzare.

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«Ed eccoci all'ultimo quarto di questa manifestazione che sta ormai per terminare. Siete ancora collegati con il vostro dj Greenberg, che vi racconterà le impressioni a caldo, direttamente dalla panchina! Pronti a vivere il match a 360 gradi? Il clima è pessimo piove e lo stadio è una pozza di fango, ma bisogna giocare comunque»

«I giovani.. Riescono addirittura a trasmettere sul computer una partita, direttamente dal campo. La tecnologia è progredita, e di tanto! Io mi sono arreso, non riesco a tenerle il passo»

Lo sceriffo, Melissa e Chris, si erano radunati a casa Stilinski come ogni giorno, quella settimana, per seguire in diretta la partita dei figli, provando, in qualche modo a sostenere il team.
Avrebbero ringraziato il coach e la sua poca voglia di schierare Greenberg, dato che li aveva condotti ad una telecronaca giornaliera, precisa e coinvolgente.

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