L’Alpha originale, più comunemente conosciuto come Scott McCall, sorrise di nascosto, alla scena assurda che gli si era parata davanti agli occhi, mentre l’autobus che li conduceva all’Estadio Olimpico si fermava di nuovo, a causa del traffico bestiale e asfissiante che caratterizzava le strade, seppur larghe, di Città del Messico.
Il ragazzo aveva ripromesso a sé stesso di stare serio, soprattutto per non insospettire i compagni di squadra seduti attorno a lui, ma gli era risultato tremendamente difficile; eppure era stato lui a creare quella situazione al limite della commedia dell’assurdo.
Dopo tutto il trambusto di poche ore prima, era infatti incredibile come Derek e Stiles si fossero seduti vicini, dato che praticamente mezzo pullman era stato libero, quando loro ci erano saliti.
In realtà era stato Stiles, imbarazzato e imbufalito, a trovare il coraggio per sedersi di fianco a Derek, senza però rivolgergli la parola.
Lo Stilinski, dopo la colazione, aveva comunque minacciato Scott di infilargli la mazza del lacrosse in posti dove non batte il sole, a causa di aver proposto l’Hale come vice coach per quella giornata, con l’assenso convinto di Finstock.
«Non dirmi che non sei contento che ci sia anche lui» aveva borbottato Scott, mentre salivano in ascensore a prendere le attrezzature da gioco.
«Non volevo che ci ronzasse attorno, e tu cosa fai? Lo inviti addirittura proponendolo come vice coach? A volte mi chiedo come tu possa essere mio amico» aveva risposto Stiles, abbacchiato.
Qualche secondo dopo, però, il figlio dello sceriffo, mentre prendeva in mano la mazza da lacrosse, si era reso conto che non era stato Scott a proporre la cosa.
«Ehi, aspetta, tu parlottavi con Lydia prima. Non dirmi che lei ti ha consigliato di…»
Allo sguardo colpevole di Scott, intento a riporre l’attrezzatura nella sacca, Stiles non poté far altro che sospirare: «Voi due vi siete alleati per rovinarmi la vita, lo so. Vi siete messi d’accordo e adesso io sono fottuto. Mi vedi? Congratulazioni, hai un amico che è praticamente finito!»
«Stiles, non metterla giù così, io e Lydia cerchiamo di aiutarti!»
«Maledetto il giorno in cui ho pensato di dirvi i miei problemi, avrei potuto continuare a stare zitto, davvero!»
«E preferisci stare male, soffrire e avere un buco nero al posto del cuore? Io e Lydia ti vogliamo bene, ci siamo stufati di vederti perennemente giù di morale, ok? Noi come tanti altri,anche Derek…»
«Non nominarlo, per favore, Scott, non peggiorare le cose. Dubito che a lui importi come mi sento, dato come mi ha trattato prima» Stiles chiuse la porta della camera, pronto per sorbirsi una mattinata intera con l’insopportabile Alpha. Non avrebbe ammesso mai, il ragazzo, che una parte di lui stava ringraziando Scott e Lydia per il resto della vita.
Pochi minuti dopo, ecco comparire l’assurda scena sul pullman, con i ragazzi seduti uno accanto all’altro. I due si erano scambiati un’occhiata glaciale, quando il più giovane si era seduto di fianco all’Hale e il silenzio e la tensione che aleggiavano attorno a loro erano diventati davvero pesanti, tanto da poterli tagliare con un coltello, e non retoricamente.
Dieci minuti dopo, con il percorso intervallato dal traffico e dai semafori, e dopo aver appena percorso quattro dei venti chilometri che separavano l’Hotel dallo stadio, entrambi guardavano in direzioni opposte, entrambi stavano con le braccia incrociate, e sul volto l’espressione era decisamente imbronciata e seccata.
Eppure i due ragazzi avevano comunque accettato di stare seduti vicini. Derek non aveva aperto bocca, quando Stiles lo aveva affiancato, anche se l’Alpha non è conosciuto per essere un tipo da sermoni in piazza.
L’Hale l’aveva semplicemente squadrato in malo modo, ma non aveva comunque negato il posto al ragazzo.
Il gesto non passò inosservato, né a Scott, né a Stiles, che era sì ancora arrabbiato, ma si lasciò sfuggire un lieve sorriso. Lo Stilinski decise che non se la sarebbe presa poi così tanto con Scott, per la sua scelta, se il premio era comunque stato quello.
Gli altri membri del branco, intenti a calmare la tensione, come Ethan o Danny, o a provare a non dare di stomaco come Aiden, non si erano resi conto che Derek era lì.
Ci vollero ben dieci minuti a Isaac, seduto accanto a Scott, per capire che Derek era appena accanto.
Il ragazzo lo fissò stupito, prima di rivolgersi a Mc Call: «Ehi Scott, mi spieghi cosa ci fa esattamente Derek qui? Lui non è mai sembrato interessato al Lacrosse»
Alla parola “Derek” anche gli altri ragazzi si resero conto della presenza dell’ Hale, che poteva sentire gli occhi di parte del branco tutti puntati su di sé.
«Ehi, è vero, che ci fa lui qui?» borbottò Ethan, confuso.
«Ehm, Derek sarà il nostro vice coach per oggi, si è offerto gentilmente, e il coach è d’accordo. Sarai un vice coach esemplare, sicuramente» cercò di spiegare Scott, senza lasciar trasparire il fatto che non era stata un’idea dell’Alpha.
Il sorrisino del ragazzo scomparve, appena l’Hale, corrucciato, lo prese dalla collottola, trascinandolo verso di lui. Era la terza volta in una mattina che Scott veniva trattato in quel modo, e il ragazzo stava iniziando a stufarsi.
«Non so che cosa ti stia passando per la testa, Scott, e non mi interessa saperlo. Maledizione, io non conosco nemmeno le regole del lacrosse, perché mi hai coinvolto?» sbottò Derek all’orecchio dell’altro, mentre Stiles accanto li osservava sospettoso.
«Tecnicamente sei tu quello che ha accettato..e poi dai..sarà divertente! Preferivi startene nella tua stanza a rimuginare su quanto sia impossibile la tua esistenza? Almeno stai con me, Stiles e gli altri»
La particolare enfasi sul nome dello Stilinski fu colta da Derek, che ributtò violentemente Scott sul suo sedile, senza aggiungere altro. I ricordi del sogno di quella mattina erano ancora tutti presenti nel cervello di Derek, così come quella strana delusione per il fatto che quella situazione fosse stata soltanto generata dal suo inconscio.
Ancora non aveva capito perché aveva accettato di seguire i ragazzi e deciso di far sedere Stiles accanto a lui. Fortuna che non era ancora tempo di luna piena, altrimenti chissà quanti altri comportamenti bizzarri avrebbe dovuto spiegarsi e spiegare agli altri.
Stiles lo osservò ancora più imbronciato, ora che aveva maltrattato Scott, e Derek si maledisse per la sua impulsività.
Lo Stilinski, nello stesso momento, si voltò, ignorando i sentimenti contrastanti che lo assalivano e concentrandosi sul panorama di Città del Messico, tentando di distrarsi il più possibile dalla presenza di Derek che lo stava facendo agitare.
La strada, pur essendo come sempre trafficata, dava modo di ammirare il verde della città, che cercava di contrapporsi all’inquinamento il più possibile, con alberi e cespugli che sostavano tranquilli e in ordine a lato del marciapiede, anch’esso ampio, facendo quasi a pugni col caos cittadino.
Stiles notò come, nello stesso quartiere, fosse praticamente presente un melting pot di case tipicamente latine, con disegni curvilinei sulle facciate, baracche, e grattacieli futuristici. Città Del Messico era decisamente variegata.
In sottofondo si poteva sentire il rumore della televisione installata sul pullman, nella quale veniva trasmesso il canale delle notizie non stop, ovviamente lette in lingua spagnola.
Le immagini mostravano la polizia, che sembrava alla ricerca di persone scomparse, e precedentemente erano stati trasmessi due servizi sul terremoto della scorsa serata, che fortunatamente non aveva comunque causato danni.
Nessuno riusciva a capirci nulla, perché tra di loro lo spagnolo era una lingua sconosciuta. Forse solo Lydia, che aveva frequentato qualche corso, lo conosceva .
«Non sopporto più questo diamine di traffico. Arriveremo così in ritardo all’allenamento. Allora ragazzi, siete carichi?»
Il coach Finstock aveva raggiunto Scott e gli altri, pronto per deliziarli con una delle sue filippiche insopportabili, generalmente tutte tratte da film. Era un amante dei discorsi motivazionali, il coach, solo che i suoi ragazzi erano talmente abituati a sentirlo, che ormai non si caricavano più.
L’uomo pose, però i suoi occhi su Derek, riconoscendolo come ‘il miglior candidato come vice coach dell’intero Messico’.
«Ehi, tu sei il tizio che mi ha proposto Mc Call, sembra che sappia il fatto tuo. Dove ti ho già visto? Sei di Beacon Hills? Oh, ma certo! Non ricordo dove ti ho visto, ma non importa. Allora Bilinski! -, si voltò in direzione di Stiles, che sospirò scocciato, mentre Derek lottava con tutto sé stesso per non sorridere alla storpiatura del nome di Stiles, - sei carico? Voglio vederti giocare al massimo delle tue forze, così puoi rendere felice il tuo ragazzo qui accanto. Non ti facevo tipo da uomini, Bilinski, ma questo è proprio un bell’esemplare»
Derek cercò di nascondere l’imbarazzo concentrandosi sulle scarpe che indossava, mentre Stiles sgranò gli occhi, bloccando sul nascere il flusso preoccupante di parole del coach, e le sue idee su quello che stava succedendo: «N-no, si fermi coach, lui non è assolutamente il mio ragazzo, cosa le salta in mente? E poi mi chiamo Stilinski, la smetta di cambiare il mio nome, per favore» Sbottò lui, con il volto in fiamme.
Il coach si allontanò, sbuffando e prendendosela con Greenberg, il più bersagliato della classe, per il casino che stava facendo nei posti in fondo, lasciando Stiles a ripensare alle parole appena pronunciate.
Il ragazzo si voltò di nuovo, tentando di cercare un minimo di conforto nel paesaggio meraviglioso che si poteva notare dal finestrino.
Il professore aveva appena chiamato Derek “il suo ragazzo.” Poteva andare peggio?Non c’era nulla che fosse andato per il verso giusto quel giorno, assolutamente nulla.
Anche il pensiero di essere il ragazzo di Derek, in quel momento lo innervosiva terribilmente, soprattutto contando che il centro dei suoi pensieri era ad un centimetro da lui. Se solo Derek non fosse stato lì, magari avrebbe anche fantasticato sul fatto di avercelo come ragazzo, cosa alla quale naturalmente aveva già pensato, tra le mura di casa.
Il fatto era, che Stiles non riusciva a togliersi dalla testa il comportamento sgarbato di Derek di quella mattina, era più forte di lui. Non c’era motivo, per Derek di trattarlo così, soprattutto dopo averlo consolato la sera prima.
Forse la soluzione a tutto quello era mettersi in testa che Derek avrebbe odiato Stiles per sempre. Non lo avrebbe mai trattato con riguardo, per quanto lo Stilinski si preoccupasse per lui.
Ad un certo punto, però, una voce simile a quella di Lydia si fece spazio nella sua testa: “Idiota, non ricordi come ti ha consolato ieri durante il terremoto? Non ha esitato per niente, ti ha abbracciato. E non hai pensato al fatto che non ha nemmeno negato quello che ha detto il professore? Magari lo pensa anche lui.”
«Ma va’…» rispose Stiles, rendendosi conto di aver parlato ad alta voce, e decidendo di nascondersi ancora di più, tentando di mimetizzarsi contro il sedile. La scelta di riprendere il silenzio prolungato, che aveva abbandonato da quando Lydia gli aveva fatto da psicologa, poteva essere la più saggia.
Le risatine di Scott, che avvertiva il disagio dell’amico, non aiutavano.
Derek, come suo solito, non proferì parola tutto il tempo, semplicemente si corrucciò ancora di più, dopo la gaffe dell’allenatore.
Cercò di fare in modo che il suo cervello non collegasse il sogno alle parole del coach, e cancellò quel maledetto pensiero che per un attimo aveva fatto spazio nella sua testa: “Potresti essere davvero il ragazzo di Stiles.”
Il “ma va” pronunciato dall’odiato adolescente accanto a lui, lo riportò alla realtà.
«Parli da solo?» chiese l’Alpha, guardando un puntino fisso davanti a sé.
Perfetto, ora Derek non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi.
«Si, parlo da solo, va bene? Probabilmente sono ancora maledettamente pazzo e depresso, sai grazie al fatto che la tua ragazza psicotica stava uccidendo mio padre, ma la storia non te la ripeto, la conosci. E comunque non sono affari tuoi» Stiles avrebbe voluto aggiungere “pazzo di te” in altre circostanze, ma non era il caso.
«Ok, non mi interessa. Sono affari tuoi, infatti» rispose l’Hale in maniera anonima.
I due sospirarono di nuovo e all’unisono, stufi di quella situazione. Entrambi potevano essere d’accordo su un solo fatto: non avrebbero mai finito un discorso senza litigare.
Un lungo ponte rosso si stagliava davanti a loro, quasi a sembrare un enorme serpente: Stiles lo osservò, meravigliato. I due semafori vicino ad esso sembravano quasi essere gli occhi del rettile metallico.
Stiles si voltò audacemente, lasciandosi il finestrino alle spalle. Preferiva avere un accordo, per quanto degradante, con Derek, piuttosto che litigarci.
«Senti, tu non hai voglia di stare qui, tanto quanto non voglio vederti io, quindi per favore, non stressiamoci più del dovuto con stupidi battibecchi. Io ignoro te, tu ignori me e tutti vivono felici e contenti». Stiles ignorò la mini – Lydia nel suo cervello che continuava a urlare, da Banshee addestrata “BUGIARDO”.
«Si può fare» annuì Derek, sempre senza voltarsi verso Stiles. Non poteva rischiare di distruggere la sua barriera protettiva, che sapeva si sarebbe frantumata se i suoi occhi avessero incontrato per un attimo quelli dell’altro.
La mossa dello Stilinski fu rapida e inaspettata: il ragazzo, irritato dalla freddezza di Derek, afferrò le spalle dell’Alpha, e al suono di «Guardami quando ti parlo!», se lo trascinò a pochi centimetri dal volto.
I cervelli di entrambi i ragazzi entrarono in stand – by: Derek rimase per un tempo che pareva infinito, a fissare quelle pupille color ambra, che appartenevano ad una persona che, inconsapevolmente, l’aveva fatto impazzire quella notte. Lo sapeva che guardarlo fisso, come stava facendo, gli sarebbe valso come una condanna. Stiles, dal canto suo, sentiva che il cuore stava superando i limiti di velocità consentiti per una vita sana, ma non riusciva a spostarsi, o a distogliere lo sguardo da quello di Derek.
Non aveva pensato alle conseguenze dei suoi gesti. Non che fosse una novità.
I respiri dei due ragazzi si stavano quasi mescolando, nonostante il fatto che fossero rimasti immobili a fissarsi, con le temperature dei loro corpi che stavano salendo vertiginosamente; improvvisamente un flash rosso attraversò rapidamente le pupille del più grande, che spinse violentemente Stiles contro il finestrino.
«Non osare toccarmi, mai più.» La voce di Derek era più profonda e ansimante, decisamente poco adatta per una minaccia. Stiles si ritrovò ad annuire automaticamente, ancora scosso dalla vicinanza che aveva avuto con quello scorbutico lupo del quale era innamorato perso.
I due decisero che era meglio iniziare a mettere in pratica l’accordo, e per quello decisero di far finta che il posto accanto a ciascuno dei due fosse vuoto.
Ognuno, però, pensava all’altro, e al momento appena avvenuto: se avessero avvicinato le labbra di poco, si sarebbe probabilmente scatenato l’inferno. Derek in particolare, si sentì percorrere da un brivido, al pensiero che le stesse labbra del sogno potevano essere sue.
‘E’ quell’idiota di Stiles, non puoi avere pensieri sessuali su di lui, Derek.’ si disse l’Hale, mentre Stiles si era immobilizzato sul posto, guardando fuori.
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Labyrinth (ITA)
FanfictionIspirata dall'episodio "Motel California" di Teen Wolf Il buio nella vita di Stiles Stilinski, che nasconde la sua enorme cotta per Derek Hale, raggiunge l' apice quando la squadra di Lacrosse e l'intera classe di economia, viaggiano verso il Messi...