Find me (Part 1)

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Migliaia di filamenti infuocati si sparpagliavano disordinatamente su una federa color panna, creando un forte contrasto, vanificato però dall’ombra azzurrognola proveniente dal cielo fuori: la stanza poteva definirsi completamente silenziosa, se non venivano considerati i respiri sommessi e tutto sommato tranquilli di due giovani ragazze, che in quella camera venivano ospitate da cinque giorni, ormai.

Lydia Martin dormiva, le braccia rannicchiate contro il petto, i capelli liberi sul cuscino, le labbra carnose leggermente separate e sdraiata comodamente sulla schiena, opposta ad Allison Argent nel letto accanto, beandosi all’apparenza di ogni secondo che trascorreva nel limbo del proprio inconscio.

Nonostante la giornata piena di sorprese che si era appena lasciata alle spalle, i sogni di quella notte non erano stati pesanti o spaventosi, al contrario….

La comodità della poltrona sulla quale era seduta, nei meandri della sua visione onirica, la stava spiazzando, mentre osservava confortevolmente il proprio giardino perfettamente potato e ordinato, a Beacon Hills: due cuscini imbottiti e vaporosi, e Lydia abbracciava il paradiso. 
La natura era particolarmente benevola, offrendole un sole pallido e poche nuvole a forma di testa di lupo. 
C’era del vento sostenuto, che però la ragazza non avvertiva, intenta com’era a capire se fosse sola o meno, dato che accanto a lei avvertiva una presenza.

Infatti non lo era: la persona accanto sembrava rassicurante, seppur non fosse possibile guardarla in faccia. 
Non era solo quello il problema, però, dato che la Martin non riusciva a parlare. 
Ogni volta che provava ad aprire bocca, sembrava che l’atmosfera si dissolvesse in qualche modo, quasi come se perdesse il collegamento col proprio inconscio. 
Stava bene seduta vicino al giardino, che era diventato una distesa infinita di erba e piccoli fiorellini colorati: forse, in fondo non c’era motivo di perdere tutto quello solo per aver emesso poche parole.

La figura accanto a lei, per sua gioia, si definì sempre di più: poteva sentirne il calore, la consistenza quasi reale del suo corpo che si premeva contro il proprio. 
Non poteva fare a meno di toccare le braccia forti e possenti di quel ragazzo, che la coccolava come mai nessuno aveva fatto con lei; e dire che con i ragazzi ci sapeva fare. 
Ma a Lydia non importava non poterlo vedere in volto o non potergli parlare: tutto quello che contava era stargli accanto, perché così sarebbe andato tutto bene, lo sapeva.

Un sorriso sincero si fece spazio sul suo volto: il ragazzo di fianco le mise un braccio attorno alle spalle, e lei gli si avvicinò ancora di più, la guancia che andava a sfiorargli la spalla.

«E’ perfetto, vero Lydia?» disse lui, accarezzandola, e provocandole un leggero batticuore, che sapeva stesse avvenendo anche nella realtà.

Lei annuì semplicemente. Le dava fastidio ora non parlare, la costrizione di quel gesto la bloccava: forse se ci avesse provato ora che il sogno sembrava meno vago e più vivido, ora che riusciva a sentire la brezza sulla pelle e l’odore profondo e vellutato dei fiori, ce l’avrebbe fatta. 
Doveva rispondere, doveva dirgli che sì, era perfetto, ma non riusciva.

Aprì la bocca, disperatamente, per provare a emettere qualche suono, ma improvvisamente, come immaginò, dato che era cosciente fosse un sogno, tutto si iniziò a colorare di bianco, e lei capì che l’avventura onirica stava terminando.

Non poteva finire tutto senza che almeno lei non si fosse protesa verso di lui per baciarlo, o ci sarebbe rimasta male per tutta la giornata.

Lydia drizzò la schiena afferrando il volto inconsistente del ragazzo, tentando di cercare le labbra, in realtà scomparse. 
Un tatuaggio comparve improvvisamente sul braccio dell’altro: due bande nere, di cui una meno spessa dell’altra. Lydia accarezzò la pelle tatuata con la punta delle dita, fissando gli occhi scuri del giovane uomo davanti a lei, due pozze di infinito benessere….

Socchiuse la bocca per baciarlo, una volta che le labbra ricomparvero, e tutto quello che le venne rimandato fu un deciso senso di stordimento e il contatto delle labbra con il morbido della federa.
Aprì gli occhi per un attimo, ancora sospesa tra il sonno e la veglia: aveva visto il ragazzo, aveva capito chi fosse, e la realizzazione la colpì in pieno petto.
Non poteva essere lui, era assurdo…non aveva mai provato nulla per quel ragazzo. Certo, apprezzava la sua compagnia e il suo modo di affrontare i problemi, ma non poteva sognare di baciarlo….

«Non tu…Scott?» mormorò stupita Lydia, chiudendo nuovamente gli occhi, riaddormentandosi di colpo.

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