My Shadow, your feelings (Part 3)

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La sala da pranzo quella mattina era il luogo più eterogeneo del mondo: l’intera tavolata della squadra di Beacon Hills, in procinto di mettere qualcosa nello stomaco prima dell’allenamento, era silenziosa, stordita, spaventata oppure semplicemente addormentata.
 
La serata di festa aveva lasciato uno strascico di musi lunghi, occhiaie e volti immersi nel mondo dei sogni. Isaac, ad esempio, stava cercando di non far cadere la testa riccioluta, che dondolava pericolosamente, sullo yogurt che tentava di servirsi senza rovesciarlo.
 
Nessuno aveva ancora aperto bocca, se non per introdurre chi ciambelle e chi bevande calde nello stomaco.
Scott teneva la mano di Kira sotto il tavolo, quasi a farsi forza e non crollare in preda a quell’ agitazione che, nonostante le rassicurazioni, non aveva intenzione di passare.
 
Stiles, pallido come un cencio, si era seduto di fianco a Cora, senza però rivolgerle la parola, ancora piuttosto scosso dal gesto assurdo compiuto quella mattina, sperando che la ragazza non captasse il suo disagio.
 
La Hale, dal canto suo, l’aveva salutato come sempre, senza sorrisi di circostanza e con una semplice occhiata scura.
Non sembrava nascondesse qualcosa, dietro a quella sbirciata, che potesse assomigliare ad un “che diamine ci facevi in camera di Derek alle 5 di mattina.” E, per questo,  Stiles poteva ritenersi fortunato.  
 
Danny invece continuava a guardarsi attorno nervosamente, come se stesse aspettando qualcuno di importante , con i gemelli, seduti accanto a lui, che sembravano, tra i membri del branco, quelli più tranquilli.
 
«Chi cerchi Dan, sembri impensierito?» bisbigliò Ethan, avvicinandosi all’orecchio del fidanzato.
 
«Nessuno, stavo notando come Lydia e Allison non siano ancora qui, sono sempre le più puntuali» rispose lui, lanciando un’occhiata a Isaac, che colse l’apprensione dell’altro, soprattutto nei confronti di Lydia.
 
Entrambi erano molto in pensiero per la rossa, dopo averla vista così impaurita la sera precedente. Speravano non le fosse successo nulla, anche perché la ragazza era esplosa di paura, nonostante le macchie rosse fossero dovute alla solita e semplice causa comune per le ragazze, così come la presenza di crampi.  
 
Lydia era rimasta troppo impaurita, per una cosa così normale.
 
Danny non dovette pazientare troppo: le due ragazze varcarono dopo pochi minuti la porta della sala, la mora con una terribile faccia da funerale e la rossa con i capelli raccolti malamente, piuttosto in disordine e gli occhi sbarrati che guardavano nel vuoto.
 
Aiden, che quella mattina si era servito solo del the, fissò la ragazza prima di avvicinarsi.
 
«Lydia, tu-tto bene? Sembra tu ab-bia visto un mo-stro» borbottò lui, sbadigliando, ancora piuttosto confuso a causa dell’alcol ancora presente nel suo sistema.
 
Lydia lo fissò semplicemente, senza rispondere: il suo era uno sguardo che suggeriva «Mi prendi in giro, tecnicamente sono circondata da mostri, e lo sono io stessa. In più lasciami stare sono troppo stanca»
La ragazza si sedette al tavolo, fissando la tazza di fronte a sé con insistenza, senza avere nessuna intenzione di riempirla.
 
«Che fai, aspetti che le crescano le ali?» commentò Stiles sarcastico di fronte a lei.
La Martin alzò lo sguardo in direzione dell’amico, fissandolo persa nel suo mondo.
 
«Lydia, scherzavo! Che hai?» si preoccupò Stiles, rendendosi conto che la ragazza non era per nulla a posto.
 
«Lasciala stare Stiles, è stata una nottataccia, ha dormito male. Isaac, stai attento, svegliati, hai la faccia nello yogurt!»
 
«Per tutti è stata una nottataccia Allison, qua la metà di noi non ricorda che cosa ha fatto ieri sera. Io per esempio potrei avere il mio bel deretano che viaggia per il web, senza saperlo, e questo non giustifica la sua faccia sconcertata» ribattè Stiles piccato.
 
«Io ricordo tutto quello che ho detto e fatto ieri, e sai perché? Non mi sono scolato una bottiglia di Mezcal intera, tanto per iniziare. Ah, e non credo ci sia una foto del tuo deretano sul web, Stiles, anche se Aiden ci aveva pensato, dopo che tu lo avevi fotografato con il reggiseno di Lydia in testa, e non è stata una bella mossa, credi-»
 
«Ethan per l’amor del cielo, taci» sbottò Scott infuriato; il ragazzo mostrava profonde occhiate, e un carattere irritabile, segno che non aveva dormito nemmeno lui.
 
«Ehi Scott, ma tu che fine hai fatto, piuttosto? Non ti ho trovato quando mi sono svegliato» chiese Stiles, squadrando l’amico.
 
«Ho dormito con Kira nella sua stanza, dove potevo essere? Smettila di farmi domande idiote!»
 
“Calma amico, stavo solo chiedendo! Vuol dire che ti sei divertito stanotte. Beato te, per quanto mi riguarda ho solo ricordi sfocati di come io stesso sia finito nel mio letto, e non sono sicuro nemmeno siano reali.”
 
«Io forse un idea ce l’avrei. A proposito, Cora, tu dove hai dormito esattamente?» chiese Kira, servendosi della marmellata alla fragola e rendendosi conto che non sapeva dove avesse dormito la sua compagna di stanza.
 
«Era da Derek» si lasciò sfuggire Stiles, spegnendo definitivamente il cervello, mentre addentava un cornetto.
 
La tavolata si zittì di botto, tanto che l’intera sala rimase in silenzio per capire cosa fosse esattamente successo: gli unici suoni che interruppero il momento di stasi furono il russare di Isaac, che ormai dormiva sulla ciotola dello yogurt, e la legittima domanda di Cora, che scrutò Stiles divertita.
 
Lei aveva sentito l’odore del ragazzo, seppur flebile, nella stanza di Derek, e si era chiesta perché.
Il fatto che Derek si fosse volatilizzato e Stiles fosse di umore mutevole confermava la sua teoria che tra quei due si stava effettivamente sviluppando qualcosa.
 
«Si Stiles, io ho dormito con mio fratello stanotte, ma tu come fai a saperlo?»
 
«Già infatti Stiles, come fai a saperlo?» rincarò la dose Kira, divertita.
 
Stiles si rese conto di aver parlato troppo, e per questo si sotterrò sulla sedia, facendo finta di nulla, e sorseggiando in silenzio il suo succo.
 
«Mangi la foglia?» gli sussurrò Cora all’orecchio, intenzionata a prendere in giro l’amico ancora per un po’.
 
«Non mangio la foglia, senti, io…»
 
«Scusate, ma seriamente, dov’è Derek? Perché non fa mai colazione con noi? Poi si definisce parte del branco la sera che è arrivato non ha fatto altro che ripeterci che si era sobbarcato sette ore di volo per stare con noi. E poi? Non ha fatto altro che starsene per i fatti suoi…» asserì Aiden, perplesso.
 
«E’ grande e vaccinato, e può fare ciò che gli pare, Aiden. Non deve rendere conto a te di quello che vuole nella sua vita. Uhm, e  comunque, per tua informazione è uscito, ha detto che voleva prendere una boccata d’aria e fare un giro per la città» sbottò Cora irritata, voltandosi verso il ragazzo, che sembrava intenzionato a ribattere, quando…
 
«Un omicidio…»
 
Tutte le teste si voltarono verso il volto bianco e terrorizzato di Lydia, una lacrima solitaria, scesa dagli occhi sgranati e spaventati, le solcò il viso, fugace.
Sembrava avesse visto un fantasma.
 
«Scusa?» chiese Cora, stupita.
 
«Un omicidio. C’è stato un omicidio ieri notte, ce ne saranno stanotte, sarà una strage, una strage…una…non posso, io devo…devo…ah...»
 
Lydia iniziò ad ansimare pericolosamente, il solito gesto che compiva prima di urlare. E gli strilli della Banshee non prevedevano nulla di buono, soprattutto se ascoltati davanti ad una cinquantina di persone.
 
«No, no, ehi, non può urlare qui» si alzò Stiles, per provare a tapparle la bocca: Scott, però fu più rapido di lui, alzandosi e prendendo con forza per un braccio la ragazza, portandola di peso nella toilette.
 
«Scott ehi, dove stai andando, dove la porti?» si lamentò Aiden seguendoli, mentre Kira li osservava silenziosa, con un espressione preoccupata dipinta sul volto.
 
Mc Call non si fermò, attraversando la sala e percorrendo il corridoio, camminando a passo di marcia ed evitando brillantemente il personale.
Il ragazzo si sentì colpito da un raptus improvviso di rabbia, che non capiva da dove provenisse,ma era conscio che lo stesse divorando.
Scott oltrepassò le cucine, e non badando alle lamentele dei cuochi, che nemmeno capiva, entrò nel bagno delle ragazze, chiudendo lui e Lydia in un cubicolo, guardandola selvaggiamente e stringendole ancora il braccio.
 
Lo spazio era veramente stretto, e la ragazza si rannicchiò sconcertata in un angolo, fissando gli occhi rossi dell’amico, con le dita del lupo mannaro che si stavano munendo di artigli, stretti contro la spalla della Martin.
 
«Scott cosa stai facendo? Mi fai male, smettila, ti prego!»
 
«Che omicidio c’è stato ieri sera? Cosa è successo? Lydia dimmelo subito, c’era del polline?»
 
«E’ stato un omicidio tra gang, l’ha chiarificato prima Finstock mentre io e Allison entravamo in sala! So per certo che ce ne saranno altri, ma f-fammi andare a mangiare, ti prego, non possiamo sempre preoccuparcene noi Scott, e poi no, non c’era polline, non starai tirando fuori la storia di ieri?»
 
Il ragazzo alzò un solo dito, munito di un artiglio scuro e affilato, che avvicinò lentamente al collo della ragazza.
Lydia seguì il movimento dell’indice di Scott, con il respiro che si faceva più pesante e lo spazio per scappare pressoché inesistente.
 
L’incubo della sera precedente si stava tramutando in una spaventosa realtà.
«Scott, ma che diamine?...»
 
«Ascoltami Lydia, so che c’è qualcosa che non va con te. Dimmelo, hai inalato anche tu quel polline? Voglio saperlo ora, altrimenti conficco l’artiglio su quel collo morbido che ti ritrovi, e credimi, non sarà una bella sensazione»
 
I bisbigli di Scott la colpirono nel profondo, mentre le lacrime cadevano ancora più copiosamente. Lydia spalancò gli occhi, sconvolta.
 
«Scott ma di che parli? Polline? Io non ho inalato nulla! Sai che posso captare le morti, non centra nulla il polline! Oddio, non sei tu, questo. Non sei tu. Cosa ti succede?» La ragazza stava iniziando a tremare, rannicchiata in un angolo di quel cubicolo che era diventato ormai troppo stretto.
 
«Questo centra tutto col polline Lydia, io lo sento attorno a te, e ora devo capire cosa ti succede e perché sei cosi sconvolta. Se me lo dici tu mi va bene, altrimenti...»
 
Scott sfiorò il collo della ragazza con l’artiglio: la minaccia del ragazzo ruppe l’ultima barriera, e Lydia si ritrovò a confessare quell’incubo reale accaduto la notte appena trascorsa.
 
«Va bene! Sto così male perché ho sognato Jackson! Lui era nella mia stanza, abbiamo parlato e gli ho confessato che…no non posso dirtelo. E - e dopo la confessione  mi ha conficcato gli artigli nell’inguine, era di nuovo il Kanima, e io mi sono svegliata con un dolore allucinante e le lenzuola sporche di sangue, ecco cosa mi è capitato! In più ho captato un paio di omicidi in città! Non avrei mai pensato che uno dei miei migliori amici mi potesse minacciare così dopo un’esperienza del genere» singhiozzò lei, ormai terrorizzata.
 
Scott si calmò leggermente, prima di chiederle: «Polline, c’era del polline misto al sangue?»
 
«No, Scott, non c’era polline, ma ora ti prego, fammi uscire di qui, Scott, per favore, mi fai paura!»
 
Furono le lacrime calde che le bagnavano le guance, a far rinsavire Mc Call, che aprì di scatto il cubicolo, prima di vederla correre via, ansimante e in singhiozzi.
 
Il ragazzo si sveglio da quella sorta di trance, con lo sguardo fisso verso la folta chioma rossa che si allontanava.
Qualcosa di terribilmente simile al rimorso penetrò lentamente nelle sue viscere, indebolendolo. 
 
«No, che cosa ho fatto?Lydia!»
 
Scott la inseguì, trovandola tra le braccia di un infuriato Aiden e notando come gli occhi di tutti furono puntati su di lui.
 
«Lydia scusami, io non volevo, davvero non so cosa mi sia preso, te lo giuro!» tentò di scusarsi il ragazzo, capendo che però non serviva a niente.
 
«Sei diventato deficiente? Ti sembra il modo di trattarla?» urlò Aiden, stringendo Lydia forte a sé, la ragazza ancora tremante.
                                  
Scott sentì che la terra gli cadeva da sotto i piedi. Non poteva credere di aver fatto male ad un essere innocente: lui, che tentava di proteggere sempre i più deboli, e che si sarebbe sacrificato per gli amici, aveva colpito Lydia, una delle persone per lui più importanti.
 
Il ragazzo alzò lo sguardo, sentendo su di sé il disprezzo degli altri, sentimento che non meritava: nessuno di loro veniva da una giornata di sensazioni negative.
Scott aveva agito così solo per paura, ma nessuno sembrava averlo capito. Nessuno, nemmeno Stiles che lo osservava sconcertato. 
 
«No, giuro, io non so che mi sta succedendo, Lydia, io non volevo farti del male, lo giuro!» ribattè confuso, cercando con lo sguardo l’amica.
 
Lei tentò di rispondere, probabilmente per dirgli che lo perdonava, perché aveva capito che quello non era il vero Scott, ma i suoi tentativi si rivelarono senza successo: i singhiozzi erano troppi per permetterle di parlare.
 
Da dietro Aiden sbucò una figura minuta, col volto che traspariva una sola emozione: la rabbia.
«Ho capito bene, Scott? Le hai fatto male?» Kira si avvicinò furente al suo ragazzo, alzando il braccio e tirandogli una poderosa sberla, facendolo inginocchiare per terra a causa della forza del colpo.
 
Scott si riscosse, come se si fosse risvegliato da un brutto incubo: la stessa ragazza che lo aveva schiaffeggiato,  aveva cambiato atteggiamento, abbracciandolo forte e chinandosi vicino a lui.
 
«Scott tu non sei così, perchè lo hai fatto? Che ti succede?»
 
Il ragazzo sentì uno strano peso in fondo al cuore, che quasi gli impediva di respirare. Lacrime rare ora scendevano dai suoi occhi che si specchiavano in quelli di Lydia, altrettanto bagnati.
Entrambi soffrivano, per motivi ancora ignoti.
 
«Sta succedendo di nuovo. Io non so, ma sento qualcosa dentro di me. L’oscurità è tornata, quel polline…Diamine, non riesco a togliermelo dalla testa…»
 
Il ragazzo piegò la testa, cullandosi nell’abbraccio caldo e rassicurante di Kira, mentre gli altri membri del branco li fissavano allibiti.
Stiles soprattutto non riuscì a credere come i suoi due migliori amici avessero appena litigato così duramente, tanto da piangere lacrime amare.
 
Kira era rimasta l’unica persona accanto a Scott: tutto il gruppo, infatti aveva preso le difese di Lydia, anche perché il comportamento di Mc Call era stato assurdo.
La Yukimura, nonostante la sberla, gli stava ancora vicino.
 
«Sono con te, Scott, qualunque cosa ti accada…» bisbigliò lei, senza nessuna intenzione di  lasciarlo andare.

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