Find me (Part 6)

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I raggi del sole, nascosti a fatica da qualche sporadica nuvola leggera, accarezzarono l’erba verde appena ri zollata, dello stadio Azteca: non erano i soli, dato che il campo era sfiorato anche da una brezza leggera, un toccasana per le migliaia di persone presenti, e soprattutto per i giocatori, che speravano di non essere massacrati dall’umidità e dal caldo asfissiante.
Tutto era pronto per la semifinale più attesa della giornata, con la nazionale messicana carica e pronta negli spogliatoi.
I “Cyclones” di Beacon Hills, non erano comunque da meno: l’aria che si respirava nello spogliatoio era infatti piena di adrenalina positiva.

L’allenamento era scivolato via perfettamente, con l’intesa tra Kira e gli altri che si stava rafforzando sempre più.
Il coach, osservando la fluidità di gioco della sua squadra, non poteva ritenersi più soddisfatto.

E proprio lui, fu la figura che i ragazzi, intenti a cambiarsi e motivarsi, videro entrare a pochi minuti dal fischio d’inizio.

«Ascoltatemi…abbiamo preparato questa partita solo in un giorno, ma non importa, perché so che comunque voi tutti siete decisi a sbranarvi i padroni di casa. Avranno un tifo mica male, ma non ci deve importare, ok? Più sono grandi….e più sono grandi? Non ho mai capito questo detto..e non mi importa se anche a voi non è chiaro, o a te, Greenberg. L’importante è che siate voi i grandi in questa partita! Tutto chiaro? Muovete quei culi molli che vi ritrovate e fate in modo che il coach sia fiero di voi! Quale team?» chiese, urlando.

«Cyclones!» ruggì l’intero spogliatoio, facendo quasi vibrare le pareti.

«Quale team?» domandò di nuovo il coach, agitato.

«Cyclones!» si sentì ancora più forte: l’urlo che quasi poteva assomigliare a quelli emessi dal pubblico fuori, che pareva davvero numeroso.

«Bene così, vi aspetto in campo allora…» esclamò Finstock, annuendo convinto e uscendo dagli spogliatoi.

Stiles sistemò la rete della mazza con un volto concentrato. Non era tempo di pensare a Derek, al comportamento di quella mattina o all’insolenza di Jeremy, che comunque si era già accomodato in panchina: quella partita era fondamentale per le sorti di Beacon, dato che se l’avessero vinta, sarebbero arrivati in finale, un obiettivo solo sognato, la settimana prima.
Il ragazzo sospirò, con accanto a lui Scott da un lato, e Danny dall’altro.

«Beh, co – capitani, mi sembra il momento di motivare la squadra, no? I discorsi del coach fanno sempre un certo effetto, però se parlano i capitani» suggerì Stiles, voltandosi da una parte all’altra della panca.

«Beh..e che potrei dire, Stiles? Non sono bravo con i discorsi…»

«Cosa dici Scott? Sarai fenomenale! E poi sei un portento con i discorsi, e lo sai anche tu. Non sminuirti così…e poi segui il cuore, no? In questo caso è la soluzione migliore…» suggerì Kira, appena uscita da uno dei bagni, nei quali aveva cercato un po’ di privacy per cambiarsi, dato che comunque era l’unica ragazza nel gruppo.

Kira si sedette accanto a Scott, così come Ethan accanto a Danny. Entrambe le coppie si tennero per mano facendosi forza l’un l’altro.

Scott finalmente si alzò in piedi, imitato da Danny, entrambi prendendo un respiro profondo.

«Ragazzi, entrate in campo concentrati e soprattutto fate in modo di sentire l’amore per questo sport che vi scorre nelle vene. Voi siete il lacrosse, adesso. Noi, siamo il lacrosse» Esordì Mc Call, con Danny che annuiva e Kira che ancora gli stringeva la mano.

«Scott ha ragione. Dobbiamo entrare convinti dei nostri mezzi, e poi non sprecare o peccare di egoismo sottoporta. Siamo una squadra e stasera ci ritroveremo ad assaporare il gusto della finale di domani, credetemi! Quale team?» incitò poi Danny, imitando il coach.

Labyrinth (ITA)  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora