My Shadow, your feelings (Part 12)

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Se ne avessero avuto la possibilità, le pareti dell’ospedale Shriners di Città del Messico, si sarebbero certamente vantate delle migliaia e migliaia di vicende vissute in tutti quegli anni: i gemiti di dolore emessi da chi ormai intuisce che è finita, lievi sospiri rassegnati di chi si è perso nel buio della propria anima, e i primi vagiti che, almeno loro, riescono perfettamente ad infondere grandi quantità di speranza nel futuro.
 
Erano dipinte di giallo acceso, le costruzioni in cemento, un colore che ai ragazzi della squadra di Beacon ricordava tristemente la tonalità del rigetto di Aiden, con il classico odore di ammoniaca che aumentava il fastidio e penetrava nei vestiti, senza che nessuno potesse evitarlo.
 
L’ospedale in sè, che non distava nemmeno tre minuti dallo stadio, era una struttura imponente, introdotta da una statua in marmo che svettava al centro di un’ aiuola davanti all’entrata, e con sfumature di arancio e grigio fiere dominatrici dei colori della facciata.
Le decine e decine di finestre azzurre, visibili anche da lontano, contrastavano piacevolmente con le altre due tonalità, e senza dubbio, regalavano ad un luogo normalmente tetro, un po’ di luce.
 
Luce che sembrava una vera e propria benedizione, per la ventina di ragazzi che aspettava pazientemente notizie da Ethan, l’unico che aveva avuto la possibilità di entrare nella sala di Aiden.
 
L’intera classe, con i ragazzi del lacrosse aggregatisi successivamente, osservava estraniata l’immensa sala d’attesa.
L’artificiosità delle luci dei distributori automatici cozzava con la genuinità della preoccupazione che aleggiava in quel luogo.  
C’era chi stava in piedi e camminava nervosamente, scambiando la stanza per il luogo di una maratona, come Cora o Lydia.
 
Stiles e Danny, stanchi a causa della partita, erano invece stravaccati sui sedili plastificati della sala, trattenendo il fiato ogni volta che la porta d’ingresso si apriva.
Entrambi non avevano nemmeno fatto in tempo a fare la doccia, dato che erano corsi subito fuori dallo stadio con gli amici, per capire in che condizioni versasse il compagno di squadra. 
 
Gli altri, invece, stavano semplicemente in piedi, appoggiati al muro, con Isaac e Allison da una parte e Scott e Kira dall’altra. Il gelo tra le due coppie era ormai tangibile, e sembrava quasi che lo scorrere del tempo allontanasse sempre più quelli che un tempo erano stati grandi amici.
 
Il nervosismo si era materializzato nelle gocce di sudore che imperlavano le fronti di alcuni, nei movimenti frenetici delle braccia di altri, o più semplicemente, nel fragoroso silenzio, che mostrava come effettivamente nell’ aria qualcosa che non andasse, fosse presente.
 
Era chiaro a tutti, soprattutto ai membri del branco.
 
Scott teneva la mano di Kira, che a sua volta fissava in cagnesco Allison, senza apparente motivo.
L’unica colpa, per entrambe era quella di sostenere due ragazzi diversi, un tempo amici, che da quel giorno avevano capito che qualcosa, tra loro, si era distrutto.
L’unica colpa dei ragazzi, di tutti quelli presenti in Messico, era essersi trovati, loro malgrado, nell’occhio del ciclone.
 
La porta della stanza di Aiden cigolò appena, mostrando un silenzioso Ethan dirigersi verso la sala d’attesa, e più nello specifico, verso i ragazzi e Finstock, che fu il primo, seguito da Lydia e Cora, a volersi informare sulle condizioni dell’altro gemello.
L’Alpha sembrava abbastanza provato e perplesso, quasi che le parole fossero difficili da trovare: era come se non volesse svelare la realtà delle condizioni del fratello, quasi fosse stato qualcosa di grave o più facilmente, assurdo.
 
«Novità?» domandò Finstock, ansioso di conoscere le condizioni del suo allievo.
 
«Ehm, i medici dicono che prob – probabilmente ha ingerito della mela senza che lui se ne accorgesse, e, si eh- ehm, dato che è allergico alle mele, è possibile che s - sia stato male per questo.
Non possiamo visitarlo più per oggi, e mi hanno detto di riferirle che rimarrà per qualche giorno qui in osservazione. Direi c-che possiamo uscire, non c’è altro»
 
Ethan abbassò lo sguardo, mostrando il volto di una persona estremamente provata.
 
Danny fu il primo a prendere il fidanzato per mano, tentando di consolarlo, per il momento, con la semplice vicinanza.
Aveva capito, come il resto del branco, che Aiden aveva mostrato sintomi ben più gravi di un’intossicazione alimentare.
Nessuno aveva mai sentito balbettare un Alpha del calibro di Ethan così tanto.
 
Il gruppo si affrettò ad uscire dall’ospedale, senza possibilità di godere dello splendido sole che il Messico stava beffardamente offrendo.
 
La navetta, pronta a trasportarli in Hotel sostava appena davanti a loro, in attesa di essere riempita di chiacchiere e preoccupazioni.
L’avvio del motore segnalò ai ragazzi che si stavano finalmente allontanando dall’ospedale.
 
«Ragazzi, lo so che non è il momento adatto, ma avevo già organizzato di portarvi in un locale che dista una decina di chilometri dall’hotel. E’ un modo per distrarsi, e poi non è possibile disdire l’appuntamento, perché è un locale abbastanza rinomato e costoso. Quindi qualcuno di voi deve venire obbligatoriamente. Ci divertiremo anche per Aiden…» dichiarò Finstock, deciso.
I ragazzi del branco, dall’alto dei sedili posteriori, osservarono le reazioni di gioia dei loro compagni, che sarebbero corsi nel locale anche ad occhi chiusi.
I ragazzi si chinarono, per borbottare e scambiarsi le loro idee.
 
«Io non saprei» borbottò Scott, passando una mano tra i capelli corvini, con ancora davanti agli occhi le immagini di Aiden che si accasciava al suolo.
 
«Io penso che avremmo bisogno di un po’ di svago, dopo tutta la tensione accumulata in questi giorni» propose Allison, giudiziosamente.
 
«Io non credo di venire, sono distrutto. E poi ho bisogno di riprendermi dalla visita di oggi pomeriggio. La storia dell’allergia alla mela era palesemente finta» sospirò Ethan, attendendo che tutti i membri del branco gli prestassero attenzione, per spiegare la vera ragione del malore del fratello, se ce n’era davvero una.
 
La navetta acquistò velocità: stranamente, non si erano visti ingorghi sulla strada fino a quel momento, il che era decisamente un bene.
«Beh, quel che è certo è che Aiden è stato l’unico a bere quella bibita energetica, negli spogliatoi.
Tu eri già fuori sul campo, eravamo rimasti solo io e lui, nessun altro ci ha visti» asserì Isaac.
 
«Magari in quella bibita c’era davvero succo di mela, ma Aiden non se ne è accorto» propose Danny, sempre tenendo la mano di Ethan.
 
«No Dan, lui era sì allergico alla mela, ma prima di ricevere il morso. Quando ti mordono, le malattie e i disturbi passano, lo sai, Scott soffriva di asma, e adesso è in perfetta forma.
No, deve esserci qualcosa che ci è sfuggito»
 
«Ora che ci penso, la macchia sul prato non puzzava come avrebbe dovuto. Profumava di fiori. Che non sia stata colpa del polline di questa mattina? Scott ieri era stato male per colpa dei granuli» sentenziò Lydia, giocando nervosamente con un bracciale, mentre il paesaggio ricco di palme e vegetazione  le sfilava davanti, con solo il finestrino a separarla dal mondo esterno.
 
«No, anch’io ho inalato del polline, e anche Isaac, e Scott di nuovo. Se quella cosa ci provoca delle reazioni inaspettate, dovrebbe farlo con tutti noi licantropi, e anche con Kira e Lydia, dato che siete esseri soprannaturali. E il nervosismo di stamattina credo non sia l’effetto vero e proprio che ci interessa, c’è dell’altro, qualcosa di più grande»
 
Ethan chiuse gli occhi, stravaccandosi tristemente sul sedile.
Aveva ragione.
Il gruppo si immerse in un triste silenzio, sui volti dei ragazzi si poteva leggere tanta confusione e depressione.
Perchè i guai continuavano a perseguitarli, anche fuori dai confini di Beacon Hills?

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