Nahual (Part 5)

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I lamenti straziati di una donna di mezz’età, china su un telo bianco avvolto su un giovane corpo, rimbombarono potenti e spaventosi per tutta via Juárez.
Lydia sospirò piano, mordendosi nervosamente un labbro, tentando di ritrovare un respiro regolare.
Quel pianto era entrato dentro il suo cuore, facendole accapponare la pelle. 
Trattenere quelle lacrime assurde, che minacciavano di uscire da un momento all’altro, era diventato un obbligo. Chi se ne importava del fastidioso nodo in gola: non poteva piangere soltanto nel vedere emeriti sconosciuti che si disperavano, trovando il cadavere della figlia a pezzi, trasportato tristemente dall’ambulanza in una delle tante vie larghe come piazze di città del Messico.

Non doveva piangere, ma quella netta sensazione di perdita faceva male lo stesso, bruciandole lo stomaco. Aveva avvertito il terrore puro della ragazza squartata la sera precedente, che si era condensato in uno dei sempre più usuali urli di avvertimento: credeva di poter sopravvivere al dispiacere, dato che aveva vissuto ben di peggio, ma la vista dei famigliari distrutti e increduli per la tragica morte, la stava devastando: era ingiusta la fine che stava toccando a troppe persone innocenti, da qualche giorno a quella parte.

Il sole sembrava prendersi gioco di lei, così come il colpo d’occhio causato dalle strade, decisamente più decorate del solito: da un balcone all’altro si potevano vedere decine di fili con appesi triangolini verdi a centinaia.
Sembrava quasi che le foglie degli alberi fossero state raccolte ad una ad una e mostrate apposta in bella vista: non poteva essere il momento peggiore per organizzare una manifestazione allegra, anche perché dovunque si potevano vedere solo volti lugubri.

La Martin decise che era meglio guardare per terra e ignorare chi le stava attorno, mentre oltrepassava la famiglia in lacrime.

Dei ragazzi che la accompagnavano, solo Allison sembrava quella più in empatia con lei.
Derek sorrideva fissando il cellulare, probabilmente preso da una chat con Stiles, e Cora sembrava fuori dal mondo, come se stesse camminando, pensando o vivendo in automatico.

«Tu le senti ancora, vero?» Chiese Allison comprensiva, tendendole una mano, che la rossa afferrò di scatto.

«Le voci? Si, e ultimamente sono sempre più forti. Sento le grida spaccatimpani delle persone morte che piangono e si lamentano, perché non avrebbero voluto fare la fine delle bestie da macello… lo strazio dei ragazzi che avvertono il dolore dei genitori, e provano a consolarli…la gente che piange per strada, credimi è un incubo.. è tutto orrendo…sembra di essere finiti in un girone dell’inferno!»

Per quanto ci provasse,Lydia non potè trattenere le lacrime: Allison si commosse alla vista dell’amica ridotta in quel modo, stringendo la presa ancora più forte, abbracciandola e proteggendola.

«Lydia, ascoltami, non piangere, e prova a farti forza! Più ti disperi e più le voci aumenteranno di volume, e di conseguenza il polline potrebbe captare il tuo disagio e giocarti qualche altro brutto scherzo. Pensa a noi, concentrati su dove ci troviamo e sul fatto che stiamo cercando qualcuno che ci aiuti, e che soprattutto siamo tutti vivi, nonostante una luna piena passata fuori i confini di Beacon Hills. Pensaci! Era impensabile solo un anno fa…e adesso è accaduto. Lo so, quelle donne soffrono, e tutte le persone colpite in città da questi omicidi stanno male, ma per favore, non farne una questione di cuore, altrimenti è peggio per tutti!»

Il discorsetto di Allison consolò Lydia, che ringraziò mentalmente tutti i santi del cielo per averle regalato un’amica del genere.

«Grazie Allison, farò come dici, o almeno ci proverò»

Le due si strinsero forte, camminando sul marciapiede, mentre Derek e Cora stavano appena dietro di loro.
La Hale nello specifico fissò la ragazza fulva con uno sguardo distrutto. Sapeva di essere lei la responsabile del dolore sia della città che della Martin, ma non poteva farci nulla.

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