Sacrifice (Part 8)

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Una deprimente aria di attesa aleggiò pesante nella radura, ormai vicina a lasciarsi sopraffare dal calare della sera: i respiri corti e gli sguardi sospettosi non fecero altro che da carburante, aumentando la tensione crescente.
Nessuno osò muovere un muscolo, come se l’azione di spostarsi equivalesse all’accensione di una miccia, che se attivata avrebbe provocato un disastro di proporzioni epiche.

Scott fu a sorpresa l’unico a riuscire ad organizzare un pensiero dotato di senso nella propria testa, con lo sguardo legato a quello di Trampa. La pioggia battente sembrò non colpirlo, come se il lavoro del suo cervello avesse creato una bolla impermeabile.
«»Passato? Cosa devo sapere del mio passato? Sono sempre vissuto a Beacon Hills, non mi sono mai spostato, se non per vivere con mio padre, ma è successo tanto tempo fa!«» Ricapitolò con voce innaturalmente alta, stringendo un pugno per il terrore.
Il ghigno continuo di Trampa lo fece innervosire.
Cosa poteva sapere quell’uomo, della sua vita? Era un perfetto sconosciuto, in fondo.

«Oh, Beacon Hills.. . La calamita per il soprannaturale più potente d’America - disse Trampa, con un falso sguardo perso nel vuoto, ammirando la pioggia, prima di riprendere – E’ nato tutto a Beacon, ora che mi ci fai pensare… e tutto qui dovrà terminare. Ho aspettato troppo tempo…»

«Ma perché non finiamo questa farsa e lo attacchiamo?» sbottò Cora, che stava semplicemente perdendo la pazienza. Le zanne appuntite, gli artigli affilati e gli occhi giallastri erano ben visibili sul corpo della ragazza, rendendola decisamente spaventosa.

«Taci, Hale. Riguarda anche te questa storia, o non volete sapere niente?» li stuzzicò lui, quasi divertito.

«Cora zitta, abbiamo bisogno di sapere. Dicci quello che conosci!» Scott fermò le proteste di Cora, permettendo a Trampa di iniziare il suo racconto.

«Tutto iniziò con la profezia scritta da quel buono a nulla di Cornelio…»

«Non osare nominarlo con questo tono disgustato!» urlò Derek, quasi ruggendo, interrompendo di nuovo il discorso dell’uomo. 
Il cuore di Scott mancò un battito: il loro continuo essere rudi stava davvero diventando un problema.

«Io parlo di lui come voglio. E’ solo perché ho pietà di voi, che mi dilungo a spiegarvi la storia dall’inizio, altrimenti cari, stareste già sottoterra. Ma non importa…stavo dicendo? Ah, si, la profezia, quella che tu, caro il mio Derek, hai letto. Come recitava? E’ tempo che sorga una nuova luna, splendente, pura, forte e in salute. Tra le colline nasceranno i guardiani eterni, gli eroi del nuovo mondo.» 
La luce negli occhi dell’uomo pareva più luminosa, ma quasi simile a quella di un folle, con gli occhi che presero a strabuzzare ad intermittenza, segno evidente di un tic in corso.
Il branco non potè fare a meno di rimanere in silenzio ed ascoltare il resto del racconto.

«Mi sono chiesto perché la luna cercasse nuovi guardiani tra le colline. Perché proprio gli Hale, quando c’ero io, che per anni e anni ho servito la luna ogni sera, l’ho pregata, venerata e rispettata.
Io, l’unico discendente ancora in vita di Tezcatlipoca, la divinità della luna….. non sopporti di sentir pronunciare questo nome Scott? Ti copri le orecchie? Non ti biasimo, nella condizione in cui ti trovi è normale…» ridacchiò l’uomo, notando come sia Scott che Derek, al pronunciare il nome della divinità, si fossero chinati sofferenti al suolo, con Kira, Lydia e Stiles accanto a loro per supportarli.

«Io detengo il potere della luna, io e i diretti scelti di Tezcatlipoca. Nessun altro. Nessun altro, fino all’arrivo degli Hale, chiamati da quell’impiccione di Cornelio, tramite una segnalazione di Deaton.
Me li sono trovati tra capo e collo, i vostri genitori, entrambi in viaggio in Messico, quasi una trentina di anni fa: avevano stretto amicizia con Cornelio, l’unica persona con la quale io potevo avere un dialogo.

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