Sacrifice (Part 7)

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La cenere si era posata, ormai innocua, su tutta la zona della radura, colorando il paesaggio di un orrendo grigio, opacizzandolo in un certo senso. I pompieri si erano allontanati, dato che ormai la situazione sembrava sotto controllo, lasciando il comando al silenzio naturale. Non lo era per gli alberi, che da un verde vivo erano passati al nero, simbolo di lutto per ciò che era successo nella foresta. Il cielo stava piangendo, piccole gocce che di tanto in tanto provavano a consolare le piante restanti.
Era così diversa quella zona, rispetto alla prima volta che l'avevano visitata: sembrava morta, secca, arida, più simile al cuore del Messico, ma meno accogliente.

Al centro di questo scempio naturale, sostava un oggetto nero, di pelle, miracolosamente illeso. Non aveva abrasioni, tagli, niente.
L'unica sua colpa era quella di giacere abbandonato a sé stesso, apparentemente senza proprietario.

Il gruppo scese dal pullman senza felpe o cappucci, lasciandosi bagnare dalla pioggia, che per fortuna non aumentava di intensità, attraversando un buon chilometro di strada tra la foresta, ormai distrutta.

«Le farfalle. Avremmo dovuto seguire le farfalle sin dall'inizio. Perché non ci abbiamo pensato prima?» Kira scosse la testa, guardandosi intorno con gli occhi sbarrati. Non era rimasto più nulla di quel verde che avevano tanto apprezzato.

«Perché con noi non c'è Stiles...» sussurrò Derek flebile, stringendo il pugno per trovare un minimo di forza dentro di sé.

Isaac fu l'ultimo a scendere dal pullman e il primo a notare l'oggetto scuro davanti a loro.
Il ragazzo si trovò a camminare come a rallentatore, incredulo: non poteva essere il suo zaino.. non quello dal quale non si separava mai..
Lahey ignorò le voci degli amici, quasi come se si fosse trovato in una bolla di sapone, la bocca impastata e la saliva assente.
«Isaac, dove stai andando? Dobbiamo stare uniti e cercare Stiles ed Allison!» gli urlò Scott, senza ottenere risposta.

Nel corpo di Isaac si stava per scatenare un terremoto: sentiva di non avere più il controllo sulle mascelle, strette con forza l'una contro l'altra, e qualcosa si stava rapidamente gonfiando nel suo petto, limitandogli apparentemente il passaggio dell'aria.

«Isaac?» continuò Scott, inutilmente.

Il ragazzo si chinò sullo zaino di Allison, ancora pieno di armi, boccette, pietruzze e foglietti.

«Lydia...vieni, per favore!» esclamò lui, con gli occhi sbarrati, la paura che fuoriusciva sottoforma di zanne e artigli.

«E' lo zaino di Allison, lei non se ne separa mai. Perché è lì?» chiese la Martin, precipitandosi per afferrarlo. Lei era una banshee, in fondo, e poteva essere l'unica a confermare le sorti dei loro amici.

Bastava solo stringere lo zaino, e il gioco era fatto.

Il resto del branco rimase attorno ai due, in religioso silenzio, aspettando qualsiasi cenno, o movimento di Lydia, sperando che non scoppiasse a piangere, o peggio, cacciasse un urlo.

«E' caldo» Lydia ritrasse la mano, come scottata, anche se in realtà la cinghia era piuttosto umida.

«Ma se sta piovendo, Lydia! » obiettò Isaac, afferrandolo di peso e buttandolo addosso all'amica con rabbia mista a paura.

Lo zaino colpì la ragazza sullo stomaco, provocandole un brivido, prima di farle chiudere gli occhi. «L'incendio... è colpa dell'incendio se questo è caldo. E' colp-ah...aaaah...»

Gli occhi chiusi della ragazza simulavano il fatto che stesse dormendo, ma la realtà era ben diversa. Lydia era nel suo elemento di ragazza che predice la morte, e quell'urlo soffocato non poteva presagire nulla di buono.

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