Amy fermò l'auto lateralmente alla strada, vicino al marciapiede. Tolse le chiavi, prese la sciarpa di cotone nera che teneva arrotolata nella borsetta e se la sistemò attorno al collo. Inspirò, guardando fuori dal finestrino.
Uscì dalla macchina, si assicurò che fosse chiusa e raggiunse l'entrata dell'edificio, attraversando la porta automatica.
L'interno del palazzo era il più anonimo che Amy avesse mai visto: le pareti erano bianche, con due grandi fogli pubblicitari appesi sopra alle sedie di plastica a destra dell'entrata. C'era un forte odore di disinfettante.
Amy raggiunse la segretaria, china sulla tastiera del computer. Sul ripiano di legno vide una tazza di caffè vuota.
«Buongiorno» disse lei.
La segretaria alzò lo sguardo, rivolgendole un sorriso tirato.
«Buongiorno, è venuta qui su appuntamento?»
«Mi ha chiamata il dottor Hoyle» rispose, sperando che bastasse. L'altra annuì distrattamente. Stava digitando qualcosa che Amy non riuscì a vedere.
«Sì, va bene. Il dottore è nel primo laboratorio.»
«Grazie mille.»
Amy si girò e raggiunse uno stretto corridoio, in fondo alla stanza. Lungo le pareti distinse quattro porte, due per lato. Sulla prima, posta sulla destra, c'era una piccola targhetta metallica.LABORATORIO 1
Resp. Dottor John T. HoyleBussò, rimanendo ferma ad aspettare.
Hoyle venne ad aprirle, sorridendo.
«Ha fatto in fretta, dottoressa.»
«Sì, c'era poco traffico» rispose lei.
Hoyle annuì, spostandosi per lasciarla entrare nella piccola stanza.
Il laboratorio era rimasto uguale a come lo ricordava. Un piccolo locale quadrato, pavimento e soffitto grigi e armadietti e piani di lavoro bianchi.
Questo posto è tutto uguale. Pensò la ragazza, togliendosi il cappotto.
Hoyle glielo lo sistemò su un appendiabiti accanto alla porta, poi le indicò uno sgabello accanto al tavolo posto al centro della stanza. Amy si sedette, sistemandosi il maglione.
«Questo è quello che ci è arrivato» le disse poi lui, avvicinandole delicatamente un cilindro di plastica aperto e un piccolo frammento.
Lei si allungò sul tavolo per vederlo.
«È un dente» si avvicinò, socchiudendo gli occhi scuri, «di un carnivoro.»
John annuì. «L'odore?»
Amy si alzò e lo fissò negli occhi, imbarazzata.
«Scusi, ho il raffreddore» rispose, sogghignando.
«Meglio così» disse, ridendo, «è una schifezza.»
«Carne in decomposizione? È piuttosto tipico» spiegò Amy, tornando a fissare il dente.
«Lo avevamo pensato, sì» il tono di Hoyle le parve distratto e capì che probabilmente gli stava ripetendo nozioni che già sapeva. Decise di cambiare approccio.
«Avete già fatto dei test?»
«Sono riuscito a recuperare della saliva, ora la ha Sarah. È di là, sta effettuando alcune analisi» rispose, indicando con un cenno del capo una porta alla sua sinistra. Era un accesso laterale al secondo laboratorio.
«Quindi non ci resta che aspettare?» chiese Amy, prendendo in mano il dente.
La superficie era liscia, vagamente umida e fredda. Guardò il contenitore cilindrico poggiato lì accanto. Il vetro era ancora appannato.
Scosse il capo.
«Non mi dice molto.»
Hoyle prese un secondo sgabello e si sedette accanto a lei.
«Niente di niente?»
«Non proprio, forse qualcosa la si può capire. Hai detto che chi te lo ha inviato lo ha trovato in Argentina?»
«Vicino a Salta, a nord» rispose Hoyle, appoggiandosi al banco dietro il tavolo.
«Quindi possiamo già restringere di molto le ipotesi» si schiarì la voce, «se te lo mostrassi ora, per la prima volta, a cosa penseresti?»
Hoyle la fissò per un momento sorpreso da quella domanda.
«Credo... un coccodrillo, o qualcosa del genere» rispose, incerto.
Amy annuì, con decisione. «Precisamente. Denti piccoli affusolati e odore forte di marcio. Se ci si avvicina di più, magari con una lente d'ingrandimento, si può scorgere una leggera incrostazione di sabbia. Almeno credo.»
«È normale?»
«Abbastanza.»
«Diciamo che per ora si tratti di un coccodrillo, giusto?» domandò Hoyle, pensieroso.
«Tecnicamente un caimano è più corretto, ma il concetto è sempre lo stesso.»
«Quindi un caimano. Se fosse corretto, il test della saliva non rivelerebbe nulla di che?»
«Un test del DNA ovviamente appoggerebbe o confuterebbe la tesi» gli rispose, annuendo. Le parve che Hoyle stesse cercando di prevedere tutto con anticipo, mentre lei preferiva rallentare e cercare di comprendere meglio la situazione.
Con le poche informazioni disponibili, non riusciva a capire il motivo per cui l'uomo che lo aveva trovato lo avesse inviato al laboratorio.
Appoggiò il frammento sul tavolo e sbuffò, guardando John. Lui alzò lo sguardo e la fissò con aria interrogativa.
«Hai bisogno di qualcosa?»
«Non è che hai il numero di cellulare o l'e-mail di quello che ha inviato qua il dente?»
Lui annuì. «Entrambi.» Le consegnò il foglietto.
«Vado a chiamarlo. Poi ti faccio sapere.»
Prese il cellulare dalla borsetta e uscì in corridoio, chiudendosi la porta alle spalle. Si appoggiò sulla parete di fronte alla porta e inserì il numero nel tastierino. Attese alcuni secondi.
«Pronto? Sono Doug Foster, chi chiama?» rispose una voce roca.
«Salve, sono la dottoressa Su della New York University, mi trovo al laboratorio dove ha inviato il dente.»
«Salve dottoressa, siete riusciti a identificare a chi appartenesse?» chiese lui, nervoso.
«Non proprio, stiamo avendo delle complicazioni» rispose calma Amy, «volevo capire alcuni punti che non mi tornano.»
Attraverso il microfono, Amy sentì l'uomo schiarirsi la voce e inspirare. Sembrava nervoso.
«Sicuro.»
«Bene. Innanzitutto, dove ha trovato il frammento?»
«A terra, non lo avevo visto bene finché non mi ha tagliato la pianta del piede. Se vedete del sangue, è mio» il tono era teso.
«D'accordo, a terra. Era vicino a un fiume, un corso d'acqua?»
«No, mi spiace.»
Amy corrugò la fronte, stupita. Un caimano non si allontana quasi mai dall'acqua, nemmeno per cacciare. È un comportamento tipico di tutti i rappresenti dell'ordine Crocodylia.
«Nemmeno nelle vicinanze? Riteniamo possa appartenere ad un caimano, ma dobbiamo aspettare le analisi della saliva per averne la conferma.»
Per quanto possa aiutare.
«Non saprei dirglielo con certezza, ma potrebbe esserlo. Perché no?»
«Grazie mille, le faremo sapere prossimamente se scopriamo altri dettagli. Arrivederla.»
Una telefonata intercontinentale inutile. Pensò, sbuffando. Spero solo di essermi sbagliata e di ritrovarmi tra le mani qualcosa di raro o non ancora scoperto.
Immaginò se stessa su un palco, di fronte ad un nutrito pubblico di accademici e giornalisti. Le fotocamere brillavano ad ogni flash, abbagliandola per brevi istanti. Sentiva le voci sempre più forti, insistenti. Le mani che si levavano alte tra la folla e lei che non riusciva a controllarsi. I fogli del discorso che le volavano via e la testa che le martellava.
Amy inspirò, cercando di rilassarsi. Respirava velocemente, stringendo le dita attorno al bordo del maglione.
Quel breve pensiero la aveva turbata, lasciandole uno stato di inquietudine.
Fissò la porta davanti a sé. Liscia e bianca.
Ancora un momento. Hoyle non si preoccuperà di certo.
Aveva sempre avuto paura degli spazi affollati, specialmente quando era lei al centro dell'attenzione. Quel pensiero la tormentava da anni ma, col tempo, era riuscita a controllarsi e ad ignorarlo.
Non quel giorno.
Vide ancora lei che indietreggiava, la gente che si alzava dalle sedie e si arrampicava sul palco. I microfoni dei giornalisti sempre più vicini. Un uomo che la afferrava per la manica la chiamava urlando.
Scosse il capo e si sedette a terra. Per un attimo rimase ferma, immobile, il volto tra le mani. Poi una lacrima le rigò la guancia, sentendosi improvvisamente vulnerabile e sola. Aveva bisogno di calore umano, e l'unica persona che sapeva potesse assicurarglielo, era a poco meno di cinque chilometri da lì, in un aula.
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Crono
Science FictionStoria vincitrice nella categoria SCIENCE FICTION ai Premi Wattys 2020 [In revisione, non su Wattpad] Nel nordovest dell'Argentina, in una cava di sabbia, un operaio viene brutalmente sbranato vivo da un animale misterioso, morendo nell'infermieria...