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Le forti luci al neon del corridoio dell'Hospital San Bernardo di Salta creavano lunghe ombre scure sul viso del dottor Alonso Perez, il capo chino e il passo rapido, mentre era diretto verso l'uscita della struttura.
In venticinque anni di carriera, non si era mai ritrovato in una situazione simile a quella che stava vivendo in quegli ultimi tre giorni. Non riusciva a pensare ad altro.
E quando ci provava, le stesse immagini gli ricomparivano più vivide e macabre nella mente, con particolari inquietanti che non era sicuro di aver mai visto.
Non riesco a stare un minuto di più qui dentro. Pensò, sbottonandosi il primo bottone del camice. Benché la temperatura interna dell'ospedale fosse intorno ai ventidue gradi, gli sembrava che il caldo quella mattina fosse raddoppiato.
Superò la sala di attesa e attraversò le porte di vetro automatiche dell'edificio, raggiungendo lo spiazzo cementato appena fuori l'entrata, contornato da alcune colonne rettangolari.
L'afa estiva lo investì improvvisamente, ma la sensazione di calore eccessivo non parve mutare. Aveva ancora la testa altrove.
Perez, durante i suoi anni di lavoro all'ospedale, poche volte era rimasto sconvolto dalle condizioni di una persona che veniva condotta lì, soprattutto per la reazione dei familiari. Ogni volta pensava che un giorno sarebbe potuto essere lui quello nel letto, esanime, circondato dai parenti in lacrime.
L'idea lo tormentava tutte le volte, ma nel giro di un paio di giorni la sua mente aveva altri pensieri a cui badare.
Ora, però, la situazione era diversa.
Aveva avuto altri casi di gravi incidenti sul lavoro, soprattutto in cantieri e, più si sforzava di ricordare, più si rendeva conto che le ferite di quel genere che aveva visitato erano completamente differenti da quelle di Guzman, che ricordavano segni evidenti di sbranamento.
Eppure quando aveva telefonato al signor Foster tre giorni prima, gli aveva spiegato le sue perplessità al riguardo. Anche se poteva parere l'attacco di un grosso animale, c'erano anche altri segni contraddittori, tra cui la presenza di morsi più piccoli e artigliate sottili, tipiche di esemplari di medie dimensioni.
Il risultato della saliva rinvenuta lo aveva colpito più di tutto.
Le tossine neurotossiche, come aveva spiegato a Foster, potevano appartenere quasi esclusivamente ad una specie di crotalo autoctona e ampiamente diffusa nella zona, che però non sarebbe riuscita a provocare le ferite che l'operaio presentava sul corpo.
Era la prima volta che si sentiva con le spalle al muro.
Se Foster stesse o meno cercando di risolvere la situazione, quello non lo sapeva.
La settimana seguente gli avevano concesso un lungo periodo di ferie sotto Natale, che aveva faticato molto ad ottenere. Lì sarebbe andato a cercare Foster, sperando non fosse tornato negli Stati Uniti per stare con la famiglia. Sapeva che gli stava nascondendo qualcosa. Ne era certo.
Inspirò a pieni polmoni l'aria calda e si girò, rientrando nell'ospedale.

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