71

144 23 8
                                    

Amy Su avvertiva l'angoscia che provava nel camminare sola nella foresta trasformarsi gradualmente in cieco terrore. Nemmeno tornare con la mente all'incontro che aveva fatto pochi minuti prima con l'esemplare di adrosauro la aiutò a distrarsi ma, anzi, la rese ancora più inquieta.
Tom, dove sei?
Cominciava davvero a credere che quell'incubo non si sarebbe concluso come aveva sperato. L'attacco al camper, la fuga precipitosa giù per la parete di roccia, il sangue e il vomito di Costa che le imbrattavano i vestiti... Tutto questo, per cosa?
Era la prima volta da quella mattina che rifletteva sullo sviluppo che aveva preso quella giornata solo da un punto di vista puramente personale, e non concentrandosi esclusivamente sui contributi che avrebbe portato ai vari campi della biologia.
Ormai era certa che sarebbe morta; rimaneva solo da chiedersi che forma avrebbe assunto la morte in quella circostanza, e quanto tempo le rimaneva prima che sopraggiungesse.
Sapeva che non c'era più alcuna possibilità di sopravvivere. Aveva smesso di illudersi quando aveva dovuto lasciare Manuel ormai privo di coscienza per lanciarsi in una corsa disperata per tentare di sopravvivere. Era già tanto che fosse arrivata fin lì, nelle condizioni in cui si trovava. L'odore nauseabondo che emanavano i suoi vestiti avrebbe attirato predatori in pochi minuti, ne era certa. Aveva studiato abbastanza i carnivori da non potersi permettere il lusso di sperare di poter passare inosservata.
La sola cosa che si era augurata, in un primo momento, era stata che i cacciatori che si aggiravano per quella foresta prima di attaccarla avrebbero esitato per valutare se lei potesse in qualche modo costituire un pericolo, non essendo mai entrati in contatto con esseri umani. Subito dopo, però, si era resa conto che anche quell'unica speranza era vana.
Le era venuto in mente, infatti, che se si trovava in quella situazione era solo perché un operaio era stato orribilmente sbranato da un predatore di due metri, pochi giorni prima, e che quindi lei non avrebbe certamente rappresentato alcuna minaccia.
L'unica consolazione, peraltro, era che, nonostante la piega che aveva preso quella spedizione, c'erano abbastanza persone a conoscenza di quella scoperta da poter sperare che qualcuno la avrebbe rivelata alla comunità scientifica.
Si asciugò la fronte sudata e alzò gli occhi verso le fronde degli alberi, cercando di scorgere tra la vegetazione il profilo della parete di roccia dalla quale era precipitato il camper. Appena lo individuò, tuttavia, si rese subito conto che quella vista non era per niente sufficiente per permetterle di orientarsi.
In quel punto il bordo della scogliera era quasi perfettamente dritto e a malapena visibile tra le foglie.
Sospirò e abbassò lo sguardo sul terreno, mentre riprendeva ad avanzare. La testa le martellava, mentre pulsanti punti viola le offuscavano il campo visivo. Ormai anche respirare sembrava uno sforzo disumano.
Pensò che, se non l'avesse sbranata qualche predatore, sarebbe certamente morta per il caldo afoso. Le sembrò un'alternativa meno spaventosa, anche se sapeva che non sarebbe stata altrettanto rapida.
Fu in quel momento che iniziarono le allucinazioni. L'ultima immagine che le si presentò non fu la vista dei soccorsi, come si sarebbe aspettata, ma una visione agghiacciante. Il rumore secco di un ramo spezzato richiamò la sua attenzione verso un punto tra gli alberi a una cinquantina di metri di distanza, dove il suo sguardo incontrò tre figure scure, bipedi, che ricordavano vagamente esseri umani che si muovevano verso di lei, tra la vegetazione.
Prima che le immagini si facessero più confuse, una delle sagome gridò indistintamente il suo nome, prima di mettersi a correre verso di lei. Amy fece per urlare, ma il suo grido di terrore le morì in gola, mentre le gambe tremanti cedettero sotto il suo peso.

Tom Harris afferrò saldamente Amy prima che cadesse a terra, ormai in stato di semincoscienza, e la strinse al proprio petto, sentendosi invadere da un turbine di emozioni contrastanti: gioia, speranza, sollievo, e orrore.
È coperta di sangue! Tom si affrettò ad adagiarla sul muschio, supina, e attese qualche minuto che rinvenisse, trattenendo il respiro. Ne bastarono due. Appena Amy riaprì gli occhi sul suo viso comparve un'espressione di assoluta gratificazione e, con occhi lucidi, gli saltò di colpo al collo e lo strinse tra le braccia, appoggiandosi alla sua spalla. Tom ricambiò la stretta, singhiozzando, e sentì che il mondo intorno a lui scompariva.

Amy Su per un attimo si illuse che quella stretta potesse cancellare in lei il ricordo di quanto era successo pochi minuti prima, ma fu solo un'impressione. In quel momento, finalmente al sicuro tra le braccia della persona che più avrebbe voluto fosse lì con lei, sentì ogni memoria legata all'attacco al camper riemergere dagli abissi del suo subconscio come bolle dalle profondità oceaniche.
Il dinosauro... il camper... Manuel Costa... Le immagini orribili che le affollavano la mente presero a vorticare confusamente in una spirale di rumori e visioni confuse che si alternavano a luci accecanti, che la disorientarono. Le sue dita si strinsero con forza attorno a un lembo della camicia di Tom, mentre lei cercava di scacciare quei pensieri per poter ragionare con lucidità, ottenendo peraltro l'effetto di interrompere l'abbraccio, che la fece sentire di nuovo vulnerabile.
Harris si irrigidì e la fissò intensamente negli occhi, per poi passare in rassegna tutto il suo corpo con espressione preoccupata. Evidentemente doveva essersi reso conto del sangue coagulato sui suoi vestiti. Anche lei se ne accorse solo in quell'istante delle condizioni dell'amico. Prima di avere il tempo di chiedergli spiegazioni, però, Tom la precedette. «Sei ferita? Stai bene?»
No, non sto bene. Gli avrebbe voluto dire, ma sapeva che il suo stato di salute fisica in quel momento prevaleva su quello psicologico.
Scosse la testa, trattenendo le lacrime. «Sì, sto bene. Ho passato giornate migliori.»
Per un istante si sorprese della sua stessa battuta, ma poi intuì che dovesse trattarsi di un effetto dovuto al forte shock che aveva appena subito.
Tom sembrò rasserenarsi, tuttavia Amy riusciva ancora a leggergli nello sguardo lo smarrimento per via dei suoi abiti imbrattati dai fluidi di Costa. Fece per raccontargli cosa le fosse accaduto, quando Franco e Rivas li raggiunsero, ansanti per il caldo.
Lei li fissò sentendo crescere dentro di sé un sentimento di consolazione, avvertendo al contempo che il dolore per la perdita di Costa si acuiva, ora che la sua mancanza risultava più evidente. Ma il conforto che provò nel vedere i due uomini che erano usciti dal camper con Tom ancora vivi prevalse sulla sua afflizione.
«Dov'è Manuel?» domandò Franco, con una maschera di terrore in volto.
Amy tentò di rispondergli, ma aveva un nodo alla gola che non glielo permise. Si limitò a scuotere la testa, gli occhi lucidi.
Franco si coprì la bocca con una mano e si appoggiò al tronco di un albero, inspirando profondamente.
Su avrebbe tanto voluto dare sfogo alle lacrime in quel momento, ma si sforzò di essere forte e di concentrarsi su dove si trovava in quel momento e sulle loro future mosse.
«Che cosa è successo?» domandò Rivas.
Amy si asciugò gli occhi e raccontò loro dell'attacco del dinosauro, della frattura al bacino di Costa, dei suoi tentativi disperati di mantenerlo cosciente e infine lui che le ordinava di lasciarlo e di fuggire dal mezzo. Appena terminò i tre uomini si fissarono, in silenzio.
Trascorse un paio di minuti in cui nessuno disse nulla, poi Rivas le chiese: «Secondo lei, perché quel dinosauro vi ha attaccato? Lo avete disturbato con forti rumori, odori...?»
Lei scosse la testa. «Il camper dovrebbe essere insonorizzato; non siamo usciti, né abbiamo utilizzato sostanze del laboratorio. L'attacco è avvenuto all'improvviso.»
«Forse quando siamo entrati nella caverna ha sentito il rumore del motore e si è sentito minacciato.» Suggerì Tom, incrociando le braccia. «Spesso un animale attaccata per difendere il proprio territorio. Il carnotauro può aver fatto lo stesso avendo identificato il camper come una minaccia. Che cos'è successo al mezzo, di preciso?»
«Il dinosauro lo ha spinto giù dalla parete di roccia. Costa doveva trovarsi ancora all'interno del veicolo quando il camper si è schiantato contro le rocce, settanta metri più in basso dello spiazzo.» gli rispose Amy, reprimendo un conato.
Rivas sospirò e abbassò il capo. Poi, di scatto, rialzò lo sguardo verso di loro. «Dobbiamo raggiungere il camper.»
Amy non era certa di aver sentito bene. «Come?»
«Raggiungiamo il camper» ripeté Evian, deciso. «Recuperiamo il telefono satellitare, così potremo contattare Foster che ci invierà un mezzo per prelevarci. Senza un veicolo uscire di qui sarebbe un suicidio, e lo sapete. Prima di lanciarci in un'impresa dalla quale potremmo non uscirne vivi sarebbe meglio considerare questa opzione.»
Amy, Tom e Franco annuirono, lanciandosi un'occhiata preoccupata.
«Bene» Rivas alzò il fucile e si incamminò nella direzione dalla quale Amy era appena venuta, facendo loro segno di seguirlo. Su impugnò la pistola lanciarazzi, riluttante, e lanciò un'occhiata a Tom, accanto a lei, sperando che la tranquillizzasse con un sorriso, come faceva quando lei doveva tenere dei discorsi in pubblico all'università, ma lui la guardava con un'espressione turbata.
Amy gli lesse nel pensiero. Evidentemente, nessuno dei due si illudeva che il piano di Rivas avrebbe funzionato con tanta semplicità.

CronoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora