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"Crediamo possa trattarsi di un dinosauro."
Tom si era stupito di come Amy, con sei semplici parole, fosse riuscita ad attirare completamente a sé l'attenzione dei tre uomini.
Rivas Evian, in particolare, aveva cambiato in un attimo espressione, passando dallo sguardo serio ed incuriosito a quello scioccato, come se gli avessero appena diagnosticato una rara patologia mortale.
Un lungo silenzio era calato all'interno della tenda, disturbato solo dal ronzio del piccolo ventilatore di plastica sulla scrivania.
Jonas Franco, piuttosto titubante, si allungò sulla sedia e si schiarì la voce.
«Io mi rendo conto di non avere molte conoscenze come voi, non sono nemmeno laureato, ma da piccolo mi ricordo di essere sempre stato un appassionato di dinosauri e, in ogni libro o documentario che possedevo, verso la fine si parlava sempre della loro estinzione.»
Tom sospirò, passandosi una mano sul volto. Aveva immaginato di dover spiegare anche a loro lo stesso ragionamento che aveva fatto ad Amy, ma sperava ne avrebbero parlato più avanti. Avrebbe preferito aver più tempo per riordinare le idee, ma decise di esporle comunque, sperando di riuscire a convincerli ugualmente.
Si girò alla sua destra, e l'amica lo guardò spronandolo di rispondere alla domanda dell'operaio.
«Bene» iniziò quindi, inspirando, «è vero che la scienza oggi considera estinti i dinosauri, e le numerosissime prove fossili che noi paleontologi recuperiamo negli scavi ogni anno non fanno che supportare quest'ovvia teoria. Un'altro punto a sostegno è sicuramente non vedere dinosauri libero nei boschi, nei parchi o tra i grattacieli delle metropoli. Di quest'ultima "prova", diciamo, non possiamo però esserne del tutto certi, per una ragione piuttosto banale. Noi non vediamo tutto il mondo.»
I tre uomini avevano corrucciato la fronte nello stesso momento, e Tom capì di non aver espresso bene quel pensiero.
«La conoscenza che abbiamo tutti noi del nostro pianeta» riprese, «si limita soprattutto alle terre emerse che rappresentano appena il trenta percento della superficie terrestre e che, a dispetto di un errato, ma comunissimo pensiero, è l'unica parte del pianeta in cui siano vissuti i dinosauri. Del due percento conosciuto degli oceani non ve ne sto nemmeno a parlare. Pterosauri alati e plesiosauri pinnati non sono altro che rettili preistorici e non veri dinosauri, perciò il ragionamento che vi sto esponendo non tratterà di cieli e di acque.»
«Ma la terraferma è praticamente tutta esplorata! Ci sono atlanti interi con foto minuziose di campi, strade, alberi, ruscelli... ormai possiamo vedere perfino escrementi di animali dai satelliti e lei ci viene a dire che non conosciamo i luoghi che ci circondano» replicò Franco.
Tom sospirò pazientemente.
«Mi dispiace doverti dire che no, non conosciamo perfettamente ogni luogo su questo pianeta. Sono centinaia le montagne, le foreste, i deserti inesplorati ancora oggi e, ogni volta che qualcuno riesce a raggiungerli, scopre sempre nuove specie. Hai presente il planisfero di notte?»
Franco sembrò confuso per la strana ed improvvisa domanda, ma annuì.
«Quello che si vede con chiarezza sono le macchie di luce dove sorgono le città e le conurbazioni più importanti. Gli esempi più significativi sono la East Coast americana, l'Europa occidentale e l'Estremo Oriente. Questo per farvi notare anche delle grandi macchie scure prive di centri abitati, prive di uomini. Molte volte di questi enormi territori abbiamo solo foto satellitari, che non ci fanno vedere che abbozzi di rilievi, pianure, foreste, laghi e qualche fiume. L'esplorazione umana ha avuto un freno negli ultimi decenni, e questo non ci ha permesso di avere una conoscenza completa del mondo che ci circonda che, soprattutto nell'ottocento, si è "rimpicciolito." L'uomo aveva raggiunto i lontani arcipelaghi oceanici ed esplorato l'interno dei grandi continenti ma ora, anche se ci illudiamo che questo pianeta sia nostro, esiste un altro mondo di cui ancora ignoriamo l'esistenza.»
Quando terminò il discorso, Evian bloccò Franco prima che potesse replicare.
«Ma non le sembra strano? Voglio dire, è vero che ci sono ancora molti posti in cui l'uomo non è stato, ma non sono completamente inesplorati. Dell'Amazzonia si possono risalire i fiumi e dei grandi deserti ci sono vie praticabili. Un po' di quelle zone l'uomo le ha visitate, ne abbiamo traccia e, casualmente, non hanno mai beccato un dinosauro scampato all'estinzione? Piuttosto improbabile.»
«Sotto questo punto di vista lo è.»
«Esiste un altro punto di vista?»
Tom si strinse nelle spalle. «È probabile che per puro caso gli uomini non ne abbiano incontrati. Il mondo è grande, l'uomo è piccolo. Il dinosauro è scaltro.»
L'uomo abbozzò un sorriso, cambiando poi subito espressione.
«Non è più così piccolo. Lo ha detto pure lei, anche indirettamente. Una volta era un pianeta sconosciuto, ma oggi, con la nostra tecnologia, possiamo vedere in qualsiasi parte del globo e si fidi, nessuno ha mai visto un lucertolone.»
Era la risposta che avrebbe voluto sentire. Con un misto di eccitazione e trionfo, allungò il dito verso l'uscita della tenda, attraverso la quale si intravedeva la caverna.
«Fino ad ora.»
La smorfia sul viso di Evian si rilassò. L'uomo si abbandonò sullo schienale della sedia sbuffando, il viso rivolto al soffitto della tenda e le braccia incrociate al petto.
«Insomma» disse Costa, «voi avete dedotto che si trattasse di un dinosauro solo per un dente e per del veleno?»
«Non proprio, no» rispose Amy, «Nessuno riuscirebbe a ricavare molto da queste informazioni, nemmeno noi all'inizio, ma poi tutto si è incastrato in modo abbastanza precario. Il veleno trovato ha proprietà neurotossiche, paralizza, e il primo animale che ci è venuto in mente che ha un veleno affine vive in queste zone è il cascavel, ma sappiamo con assoluta certezza che non lo è.»
Costa la guardò ancora dubbioso. «Com'era questo dente?»
«Lungo un paio di centimetri, tagliente, seghettato, sottile. Un carnivoro, sicuramente, ma, con la stessa sicurezza, possiamo anche escludere che sia un serpente.»
«E il veleno? I dinosauri erano velenosi?»
Quella volta fu Tom a rispondere.
«Nessuno può averne la certezza fino a che in un teschio non vengano ritrovate tracce della presenza di ghiandola velenifere o, come i serpenti, canali all'interno del dente in cui può scorrere il veleno da iniettare direttamente nella preda viva. Per ora, nessun paleontologo ha scoperto questi segni evidenti, ma ciò non significa che non ci siano.»
«Ma professore» insistette Rivas, «le sembra possibile che in nessun fossile ci siano tracce di ghiandole velenifere, ma è comunque probabile che ce ne siano?»
Harris sospirò, guardandosi prima i piedi e poi alzando la test verso quella dell'uomo.
«Il lavoro del paleontologo implica ragionamenti, ipotesi, idee. Ci basiamo su poco, veramente poco, e le nostre ricostruzioni non sempre sono perseguite nei secoli. Potrebbe tranquillamente essere che un piccolo predatore possa sviluppare un veleno per facilitargli così la caccia e garantirgli la sopravvivenza. Il Noasaurus leali - l'animale che riteniamo responsabile del decesso dell'operaio - viveva nel nordovest dell'Argentina, molto probabilmente cacciava piccoli erbivori e doveva anche fare concorrenza con i giganteschi carnivori che popolavano questa parte di mondo, tra i più grandi mai ritrovati. Il veleno avrebbe determinato cibo sicuro e poco sforzo per procurarselo. Un'altra mossa vincente dell'evoluzione.»
Un po' per volta aveva notato che i tre uomini parevano essere sempre più convinti.
Forse era stata la sua occupazione di paleontologo che aveva contribuito a convincerli, facendo intuire loro che un esperto in quel campo non poteva che avere ragione.
A lui non era mai piaciuto quel modo di pensare, e lo ripeteva sempre ai suoi studenti quando notava che non erano molto d'accordo.
«Sono un paleontologo e anche un professore» diceva sempre, «ma questo non significa che non mi possa sbagliare, perché prima di tutto sono un uomo, e l'uomo non è onnisciente, sbaglia continuamente ed io, sicuramente, sbaglierò.»
Manuel si sporse ancora.
«E di questo noasauro? Non si sono ritrovate neppure qui le ghiandole?»
«Be' no, ma solo perché ci sono resti incompleti del corpo, solo pochi frammenti. Detto così può sembrare semplicemente comodo a noi, ma in realtà ci da una garanzia incredibile.»

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